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Balducci, il Jim Carrey romano che racconta la vita senza filtri


Lorenzo Balducci, noto attore, in un’intervista a Spraynews, parla di “Allegro, non troppo”, progetto che sta riscuotendo molto successo, ma anche della sua carriera, del suo futuro, della sua vita professionale e non solo e di come diventi sempre più normale, essendo stato tra i primi a farlo, fare coming out e a parlare della propria omosessualità, d’altronde come qualche giorno fa ha fatto anche il ministro Spadafora.


Balducci, il suo slogan è “La vita è una commedia”, probabilmente mai più attuale…


«In parte è vero, in parte è chiaramente una visione cinica perché la vita può benissimo non essere una commedia. Diciamo che c’è il lato positivo di ogni momento, anche quello più difficile e drammatico. In questo senso, porto la formula sul palco, esorcizzando le parti più difficili dell’esistenza di una persona».


Molto successo ha riscosso lo spettacolo “Allegro, non troppo”, tenutosi qualche giorno fa in via Giulia. E’ pronto a portarlo in giro per il Paese?


«Andremo a Napoli, l’11 e 12 dicembre, poi torneremo a Bologna il 20 gennaio. Ci sarà, poi, Vicenza e altre date da definire, tra cui la possibilità di tornare a Roma, avendo fatto quasi sempre sold out».


Su cosa sta lavorando adesso oltre a questo progetto?


«Al momento sono concentrato solo sullo spettacolo. L’anno prossimo, però, sarò coinvolto in un altro progetto teatrale/cinematografico di Andrea Adriatico che è un regista con cui ho già lavorato per il film gli “Anni Amari”. Lavorerò, quindi, a Bologna con Teatri di Vita e poi ci sono altre iniziative di cui non posso neanche parlare perché in fase embrionale. Gli impegni non mancheranno».


Preferisce il teatro o il cinema e le fiction?


«Ho iniziato lavorando in tv e cinema, quindi il primo amore è stato quello per tantissimo tempo. Allo stesso modo ho iniziato col teatro amatoriale a quattordici anni, momento in cui ho scoperto l’amore per il mondo della recitazione. Con quest’ultima esperienza di “Allegro, non troppo”, sono ritornato a una passione primordiale. E’ vero che il cinema è stato il primo grande amore, però sono più innamorato della sensazione che ho di me come artista sul palco, a contatto col pubblico».


Perché, a suo parere, “Allegro, non troppo” fa sempre il pienone e riscuote tanto successo?


«Ritengo che oltre alle tematiche che racconta in maniera molto onesta e cinica, affronta un qualcosa che coinvolge tutti gli esseri umani. Diciamo che il tutto è diviso in due parti, che poi si fondono tra loro. Nella prima appare più la commedia, mentre nella seconda la scrittura è molto più cruda e personale, perché racconto anche parte della mia vita, dove non sempre c’è allegria. C’è un forte contrasto tra la risata e il silenzio, la riflessione. Questo livello di onestà nel raccontare una storia ritengo sia stato il vero punto di forza di “Allegro, non troppo”».


Non a caso è stato tra i primi a fare coming out, parlando apertamente della propria omosessualità. Pochi giorni fa lo ha fatto anche il ministro Spadafora. Sta cambiando qualcosa in tal senso?



Nella sua carriera chi è stato il maestro, il riferimento o quella persona che semplicemente ha rappresentato il modello da seguire?


«Nella fase adolescenziale guardavo a Di Caprio. Rimasi sconvolto dal suo talento prima ancora che diventasse famoso grazie a Titanic. Un attore, poi, che mi è piaciuto molto e oggi non c’è più è Robin Williams, che per me ha significato la grandezza sotto tutti i punti di vista, soprattutto nella sua capacità di coniugare drammaticità e comicità, così come d’altronde riesce a oggi a un altro grande come Jim Carrey».


Come capita a tanti giovani emergenti e bravi, anche lei ha dovuto subire le accuse di essere stato raccomandato in una parte della sua vita. In che modo risponde?


«E’ stata una fase della mia vita, mi sono preso la responsabilità di determinate azioni e ho pagato, digerito tutto quello che ho subito. Prendo totalmente le distanze umanamente e anche praticamente da quello che ho vissuto perché appartiene al passato. Mi sono preso la responsabilità di essermi trovato anche in situazioni che erano più grandi di me, che in realtà ero pure incapace a gestire. Quello che ha sempre contato e tutt’ora conta, però, è l’amore che ho per questo lavoro. Non è mai stato un capriccio o una cosa tanto per. A distanza di tantissimi anni, sono qui a dimostrare che questo è il mio grande amore e continuo a farlo perché è quello che più so fare».


Di Edoardo Sirignano


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