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Brexit: stasera il voto per evitare il "no deal", in Parlamento c'è chi rinvia il parto


Gli inglesi, si sa, scommettono su tutto. Logico quindi che non mancassero le quote su quello che è il dilemma maggiore da mesi a questa parte: l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea.


La premier inglese Teresa May

Il voto del Parlamento inglese è stato già rimandato una volta, perché la dura legge dei numeri aveva detto alla premier, Teresa May, che la Camera bassa avrebbe bocciato quell'intesa faticosamente costruita mesi fa con Bruxelles. Rimandato a stasera.


La posizione di May è traballante, stretta tra il "no deal", cioè l'uscita dalla Ue senza nessun accordo concordato, e la mozione di sfiducia che l'opposizione è già pronta a presentare. Lei si rivolge ai deputati, chiede di dare un'altra occhiata all'accordo già stretto con l'Europa, cui manca il solo voto parlamentare per diventare operativo, aggiungendo che il no potrebbe minare l'integrità del Regno Unito e rafforzare le tendenze indipendentiste in Scozia e la riunificazione irlandese. «È l'unico mezzo possibile per garantire l'uscita dall'Unione Europea», ha detto accorata la premier, ritenendo che se l'intesa venisse respinta «la prospettiva più probabile sarebbe una paralisi in Parlamento che rischierebbe di portare a una mancata Brexit, portando agli inglesi il messaggio che il Parlamento si rifiuta di fare la loro volontà». Ha anche aggiunto di aver ottenuto dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e da quello della Commissione Jean Claude Junker nuove e più forti assicurazioni sulla "backstop", che non si tornerà cioè a un confine interno con l'Irlanda, che rimarrà nell'unione doganale fino a quando non si raggiungerà un accordo definitivo. Ma l'unica cosa che ha ottenuto è quella di aver unito chi considera l'accordo con l'Europa troppo soft e chi invece lo giudica esageratamente punitivo per l'Inghilterra. Con i politici nordirlandesi che hanno ribadito il loro no. L'ultima carta che ha giocato, Teresa May, è quella dell'appello finale: «Dobbiamo concentrarci su due cose: portare a termine la Brexit e tenere Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista, più lontano possibile da Downing street».


La parlamentare laburista Tulip Siddiq

Una data importantissima quindi quella di oggi. Tanto importante che la parlamentare laburista 36enne Tulip Siddiq ha deciso di rinviare il parto cesareo programmato, spostandolo al prossimo giovedì e dicendo al London Evening Standard: «Se mio figlio farà ingresso nel mondo un giorno più tardi, e sarà un mondo in cui diventeranno più forti le relazioni tra Gran Bretagna e Europa, allora ne vale la pena».


Chi organizza le scommesse ritiene più facile che si riesca a rovesciare il tavolo con l'indizione di un nuovo referendum, anche se al momento è difficile trovare un eletto dai cittadini che dichiari apertamente la volontà di tradire il voto popolare; con il leader laburista a fare da ago della bilancia, con la sua conclamata decisione di non revocare la Brexit: Corbin vuole che, in caso di sconfitta stasera, May si dimetta indicendo elezioni anticipate.


Il leader del Partito Laburista Jeremy Corbin

Che non gli sarebbero però favorevoli: un sondaggio di Yougov riportato dal Sole 24 ore vede i Conservatori in vantaggio sui Laburisti per 6 punti. Ma intanto un gruppo bipartisan di deputati ha pubblicato due disegni di legge che porterebbero a un nuovo referendum popolare prima delle elezioni europee di maggio, con la possibilità di scegliere tra l'accordo stretto da May con l'Europa o restare nella Ue.

Meno probabile, e quindi più pagata, la scommessa sull'uscita traumatica dall'Europa con il voto contrario di stasera del Parlamento e il conseguente "no deal", che porterebbe, alla mezzanotte del 29 marzo, a una contrazione del Pil e al crollo della moneta, la sterlina, di almeno un terzo. Ipotesi che non dispiace comunque al Tory Boris Johnson, fedele a tutti i costi al voto del referendum di tre anni fa. I parlamentari sono comunque divisi sull'argomento, nonostante i contraccolpi che la popolazione avrebbe; questo potrebbe portare a un "no deal" accidentale, non intenzionale ma non per questo meno tragico nelle sue conclusioni.


Quasi alla pari è data l'opzione "norvegese": Regno Unito fuori formalmente dalla Ue ma nel mercato unico e nell'unione doganale. Una situazione comoda, che prevede tutti i vantaggi dell'associazione tra gli stati europei e nessun obbligo se non quello di rendere reciproci gli accessi di persone e merci: proprio quello che gli inglesi hanno voluto bocciare col referendum. È lo stato in cui si trova la Norvegia, piccolo Paese nordico fuori dalla Ue ma con la libertà di circolazione . Un'opzione che raccoglie tanti favori in Gran Bretagna, ma decisamente avversata dall'Europa, che sembra ricordare così agli inglesi: «Avete voluto la bicicletta? Ora pedalate! ».


di Paolo dal Dosso

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