Dopo la scoperta di un nuovo tipo di sclerosi multipla, che innesca la necessaria volontà di sviluppare ancor più la ricerca e le sue tecniche, un’altra grandissima novità investe il mondo della sanità globale con la portata della sua potenza. Non solo gli Usa, ma ora anche l’Europa approva la tecnica genetica che insegna ai linfociti ad attaccare i tumori. Via libera anche nel “vecchio continente” alle Car-T, “Chimeric antigenic receptor T cell”, le rivoluzionarie terapie per combattere alcune forme particolarmente aggressive di tumori del sangue. L’Ema, l’ “Agenzia Europea dei medicinali”, ha infatti autorizzato la commercializzazione di Tisagenlecleucel (Novartis) e Axicabtagene ciloleucel (Gilead), due prodotti rispettivamente per i pazienti pediatrici e fino ai venticinque anni di età affetti da leucemia linfoblastica acuta a cellule B e per gli adulti con il linfoma diffuso a grandi cellule B. Una svolta in apparenza meramente tecnica, ma in realtà dal grande potere migliorativo. Un avanzamento che ora anche in Europa potrebbe contribuire alla salute di centinaia di persone. Un passaggio decisivo nella lotta ai tumori che passa sempre più dalla cura e dalla ricerca in direzione dell’immunoterapia, ovvero dal “potenziamento” delle nostre difese immunitarie. L’idea di fondo è sfruttare la capacità delle cellule che ci difendono di riconoscere la presenza del cancro. Per farlo i ricercatori stanno sperimentando un modo innovativo e diretto, ovvero stimolare i linfociti ad attaccare la malattia. Per questo oggi si utilizzano i farmaci immunoterapici, particolari anticorpi che agiscono rimuovendo il freno alle cellule del sistema immunitario. Questo è il caso delle Car-T. Le tecniche sviluppate permettono il prelievo dei linfociti T da un pazienza malato, che poi vengono modificati, “istruiti” geneticamente in laboratorio e poi reinseriti nel corpo del paziente. In particolare la modifica del Dna affinché le cellule esprimano Car, un recettore posto sulla superficie dei linfociti che li rende in grado di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo. Il primo utilizzo di questa tecnica risale al 2012 a Philadelphia su una paziente di sette anni, mentre il primo caso italiano è del 2016 e riguarda un bimbo in cura al San Gerardo di Monza. Come riporta “La Stampa” che approfondisce la notizia, il prossimo passo è l’approvazione delle diverse agenzie nazionali del farmaco. Al momento, in Italia, solo tre centri stanno sperimentando le Car-T per la produzione, ovvero l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’Ospedale San Gerardo di Monza e l’Ospedale Bambin Gesù di Roma.
E.R.
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