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Clima, Fernando Nardi: “L’uomo accelera l’evoluzione climatica e la politica non fa nulla”



STEFANO BINI PER IL GIORNALE D'ITALIA

Fernando Nardi è un ingegnere e professore esperto in gestione e mitigazione dei rischi idrogeologici e naturali. E’ direttore del centro di ricerca internazionale di documentazione sulle risorse idriche e rischi idrogeologici WARREDOC dell’Università per Stranieri di Perugia, un centro multidisciplinare attivo da oltre 30 anni che promuove l’integrazione delle scienze dell’acqua e della terra con le scienze sociali ed umanistiche, per la mitigazione dei rischi idro-climatici e naturali. Il clima è davvero impazzito o siamo dentro una normale “era” di cambiamento? «Il clima non è assolutamente impazzito. Il clima della Terra è stato già oggetto nelle passate ere geologiche di cicli naturali con periodi caldi e periodi freddi. Ma è stato scientificamente dimostrato che negli ultimi decenni il pianeta si sta riscaldando rapidamente e che le anomalie climatiche, già osservate, seguono un trend che porterà ad un ulteriore aumento delle temperature medie con effetti ancora più pericolosi per l’uomo.» Sfatiamo un mito o confermiamolo: l’uomo accelera questo processo? «Il fattore uomo è causa principale e fattore di accelerazione di questo processo di rapida evoluzione climatica. Le osservazioni e gli studi scientifici mostrano innegabilmente che le variazioni climatiche delle ere passate si sono sviluppate in archi temporali dell’ordine delle decine-centinaia di migliaia di anni, mentre le anomalie climatiche attuali si stanno verificando alla scala dei decenni. L’incremento demografico e la rapida urbanizzazione della superficie terrestre avvenuta negli ultimi due secoli mettono senza dubbio l’uomo al centro di una nuova era che stiamo vivendo, un’era fortemente segnata dall’impronta dell’uomo, per questo definita Antropocene.» Alberto Balocco e un suo amico sono stati uccisi da un fulmine in alta montagna, idem ieri un ragazzo che è in coma farmacologico. Sono normali questi eventi o l’imprenditore ha fatto da cassa di risonanza? «In Italia cadano mediamente 1.600.000 fulmini l’anno. E’ un numero che uno potrebbe anche considerare elevato, ma, considerando l’estensione del territorio, la presenza di edifici alti nelle zone urbane che li attraggono, la probabilità di essere colpiti per l’uomo è significativamente bassa. Non disponiamo di dati storici sui fulmini, ma ogni anno globalmente sono nell’ordine delle centinaia i feriti e delle decine le morti da fulmine. La rapida successione dei due tragici eventi è da considerarsi un evento raro. Sicuramente la tragica fatalità che ha colpito una persona nota ha amplificato la notizia.» Veniamo alle sempre più frequenti alluvioni. Dovremo farci l’abitudine? «Tornando al tema del clima che cambia, c’è un altro fenomeno che è stato osservato e già ampiamente documentato in letteratura scientifica. L’impronta dell’uomo sulla terra sta determinando una significativa variazione anche del ciclo idrologico. Le variazioni meteo-climatiche e sempre più estese urbanizzazioni determinano, quindi, non solo un intensificarsi delle alluvioni, ma soprattutto maggiori effetti e danni al suolo. Non è corretto, a mio avviso, pensare che ci dovremo fare l’abitudine, ma bisogna avere un approccio sempre più attivo e preventivo mettendo a frutto le conoscenze scientifiche e le tecnologie disponibili per mitigare gli effetti nefasti delle alluvioni.» In che modo un paese come l’Italia può sopperire a futuri uragani, alluvioni e inondazioni? «L’Italia è un paese a rischio idrogeologico dalle montagne al mare. Dire che in Italia dove terminano le aree a rischio inondazioni iniziano le aree a rischio frana non è una banalizzazione, ma un’interpretazione delle carte scientifiche. In Italia l’uomo occupa consapevolmente zone a rischio idrogeologico e dovrà necessariamente adoperarsi ed investire sempre più per una maggiore conoscenza e mitigazione dei rischi alluvionali. Quindi, da un lato maggiore consapevolezza, ma soprattutto anche una migliore gestione delle risorse disponibili per mettere in sicurezza idrogeologica il paese, favorendo sempre più interventi basati su tecnologie verdi.» Come sarà messo il nostro paese tra 20 anni? «Male, anzi malissimo, considerando quello che stiamo sentendo dire in campagna elettorale. Nonostante la crisi ecologica ed energetica sia sempre centrale nel dibattito internazionale, anzi lo è stata anche in Italia fino alla caduta del governo, il tema clima e rischi naturali è scomparso nella campagna elettorale in corso. In Italia abbiamo non solo competenza e capacità, ma in questo momento anche le risorse finanziarie con il PNRR. Abbiamo ricercatori ed imprese che realizzano studi ed opere per gestire le acque, il territorio ed i rischi naturali in tutto il mondo, che non sono affatto valorizzati per il nostro territorio. Sono purtroppo pessimista che tra 20 anni non vivremo una stagione facile, con il nostro paese che rimarrà messo male. Società ed economia saranno sempre più a rischio, se la politica non metterà da subito al centro il tema clima e ambiente.»


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