Intervista a Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano:
“Quello che sta accadendo in Inghilterra e in Germania potrebbe ripetersi da noi nel giro di poche settimane”
“Le dosi dei vaccini Pfizer e Modera sono insufficienti. E’ per noi fondamentale l’approvazione di AstraZeneca”
“L’obiettivo è vaccinare il maggior numero di italiani prima dell’estate, anche a costo di rinviare di qualche mese le dosi di richiamo”
Professor Remuzzi, nonostante il cocktail di zone colorate e chiusure intelligenti, il virus non arretra. Stiamo assistendo alla risalita di tutti i numeri, a partire dai decessi e dagli indici di positività. Era ineluttabile essere ancora in questa drammatica situazione? Ci sono colpe precise?
Non è il momento più giusto per andare alla ricerca di colpe e responsabilità. La verità è che questo virus è diffusissimo. Basta vedere quello che sta succedendo in Inghilterra e in Germania. E, purtroppo, si può prevedere che succederà anche da noi nel giro di poche settimane. Il problema è mondiale e colpisce soprattutto l’emisfero Nord. Speriamo che ci possa essere un’attenuazione, con l’arrivo della stagione calda.
Se ho capito bene, la situazione in Italia diventerà a breve ancora più drammatica. E’ così?
C’è il rischio che le cose peggiorino, sulla scia di quanto sta accadendo in Inghilterra e Germania. Questo virus ha, però, fatto capire che fa quello che vuole. Non è facile fare delle previsioni. Siamo in un momento così complesso di trasmissione che anche i modelli matematici più sofisticati stanno dimostrando i loro limiti.
Lei, in una precedente intervista ci aveva evidenziato la necessità di unità speciali di continuità assistenziale (Usca) per assistere i pazienti a domicilio. Si è fatto qualcosa?
In alcune Regioni hanno preso molto piede. Ad esempio, in Emilia Romagna e in Trentino. Credo che in Emilia Romagna sia in continua crescita questa modalità: Si chiama l’unità mobile e in tempo reale arrivano un medico e due infermieri, che fanno i prelievi, una radiografia del torace, un’ecografia e tutto quello che serve. Ora, le Usca si stanno diffondendo in modo significativo anche in Lombardia. Il segreto, secondo me, continua a essere lo stesso. Arrivare in tempo utile, non perdere i primi giorni, assicurare l’assistenza di medico e infermieri, fin dall’inizio, prima ancora che uno abbia l’evidenza del tampone positivo. Le Usca, oltretutto, possono fare loro stesse il tempone e accelerare così ulteriormente i tempi.
Con il il vaccino, anzi con i vaccini, visto che alla fine saranno almeno tre, siamo in linea con i programmi e le aspettative?
I vaccini, per il momento sono due. Diventeranno tre, se e quando il vaccino AstraZeneca verrà approvato dagli organismi internazionali preposti. Me lo auguro, perché noi, per adesso, possiamo contare solo su quaranta milioni di dosi di vaccino Pfizer e 2,3 milioni di dosi Moderna. Solo l’approvazione del vaccino AstraZeneca, su cui vantiamo un’importante opzione, potrebbe far quadrare i conti, facendoci arrivare a quelle sessanta di milioni di dosi, che occorrono per farci stare relativamente tranquilli.
Lei sostiene che è consigliabile vaccinare il maggior numero possibile di persone e rinviare, a un tempo successivo, le somministrazioni delle dosi di richiamo. E’ questa la scelta migliore?
Non so se è la scelta migliore. E’ un compromesso, che potrebbe rivelarsi necessario, dal momento che non ci sono evidenze significative di una differenza fra un richiamo somministrato dopo dieci giorni o dopo quattro mesi, almeno con i vaccini, di cui già disponiamo, Pfizer e Moderna. La seconda dose va fatta, per carità, ma, ritardandola di qualche mese, possiamo arrivare all’estate con un buon numero di italiani vaccinati. Altrimenti, rischiamo veramente un numero troppo basso, anche perché tutte le dosi, su cui facciamo affidamento, sono solo opzionate. Quante ne arriveranno davvero, non lo possiamo sapere.
Quando si potrà centrare l’obiettivo dell’immunità di gregge?
Va detto che l’immunità di gregge non è conseguente solo al vaccino. C’à quella che si chiama immunità preesistente e l’immunità di chi ha contratto la malattia, che è come se fosse già stato vaccinato. E poi c’è il vaccino. Io spero che alla fine del 2021 si cominci a vedere qualcosa, ma una vera immunità la si potrà ottenere solo alla fine del 2022. Dipenderà molto da quanto si diffonde il virus. Le rammento che ci sono zone in Lombardia, in cui il contagio è già molto contenuto, perché nella scorsa primavera più del cinquanta per cento della popolazione era venuta in contatto diretto con il Covid.
di Antonello Sette
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