Oggi Spraynews vi parla della situazione politica attuale in Brasile, attraverso un'intervista esclusiva ad uno dei giornalisti italiani più competenti su quel tema: Francesco Guerra.
Francesco, figlio dell'avventuriero, romanziere e poeta Cesare Guerra, da diversi anni vive e lavora in Brasile, dove si è pure sposato con una ragazza locale, e lo racconta quotidianamente sul web ai suoi tanti lettori ed ascoltatori attraverso il suo blog tematico LatinoAmericando (latinoamericando.info) ed il podcast gratuito su Spotify Café Frio, condotto in coppia con Ivanilde Carvalho.
Da tempo seguo con passione le documentatissime e affidabili cronache di questo blogger (che è pure un esperto di narcomafie e giustizia) e ammiro l'intelligenza delle sue opinioni, ho quindi deciso di chiedergli di riassumere velocemente per i nostri lettori la complessità delle vicende del Brasile e dell'Amazzonia di oggi.
Francesco, ci faresti un riassunto della attuale situazione politica in Brasile e, se lo ritieni possibile, una previsione sulle elezioni che si svolgeranno il prossimo anno?
La situazione politica brasiliana è in questo momento piuttosto caotica, la qual cosa risponde alla disordinata architettura istituzionale su cui il Brasile post-dittatura è stato costruito. L’elezione di un Presidente non all’altezza dell’incarico che ricopre, quale è Bolsonaro, ha portato a galla ogni debolezza legata alla relazione tra Esecutivo, Legislativo e Giudiziario, in particolare il Supremo Tribunale Federale.
Puoi spiegarci un po’ più nel dettaglio?
Volentieri. Il Brasile in questo momento è un Paese allo stremo, con una disoccupazione e una inflazione molto alte, una sempre più marcata, oltre che evidente, diffusione della miseria con persone accampate in tende in diverse grandi città brasiliane, come San Paolo, o intente a cercare cibo tra l’immondizia, come è recentemente accaduto a Fortaleza, nello Stato nordestino del Ceará.
Si tratta di una situazione direttamente figlia del peggior governo che questo Paese abbia mai avuto: il governo di Jair Bolsonaro.
In vista delle prossime elezioni lo scenario appare, ad oggi, abbastanza definito, da un lato, mentre, dall’altro, piuttosto fluido per i tentennamenti politici di Bolsonaro, ancora senza partito, e per la nutrita truppa degli esponenti della cosiddetta Terza via.
Il lato definito è chiaramente associabile al nome di Lula, che mantiene più del 40% dei consensi e che in questo momento potrebbe addirittura vincere al primo turno. Il lato fluido è costituito dal suo possibile avversario in un eventuale secondo turno.
Bolsonaro mantiene tra il 20 e il 25% dei consensi, ma su questo elettorato pesa il recente ritorno in politica dell’ex-giudice della Lava Jato Sérgio Moro, che potrebbe erodere parte della base elettorale di Bolsonaro. Nonostante il fortissimo rigetto di Moro tra le fila dell’elettorato bolsonarista, io credo vi sia una percentuale, direi almeno un 5%, di elettori bolsonaristi, che guardano con interesse alla candidatura di Moro.
Sia come sia, se si votasse oggi, non vi sarebbe dubbio che le opzioni potrebbero essere soltanto due: elezione di Lula al primo o al secondo turno, in questo caso, dopo il ballottaggio con Bolsonaro.
Per quanto concerne altri candidati della possibile Terza via, ritengo che fino ad ora nessuno di loro ha la forza per arrivare al secondo turno.
Ho visto che sul tuo blog latinoamericando.info, come pure nel tuo podcast Café Frio, tratti spesso temi riguardanti le popolazioni indigene, soprattutto quelle che vivono negli Stati dell’Amazzonia. Qual è l’attuale situazione dei popoli indigeni in Brasile?
Questa è una domanda che, per essere risposta, richiederebbe alcune ore. Diciamo che si tratta di una situazione piuttosto diversificata.
Le condizioni di vita delle popolazioni indigene non sono drammatiche in tutto il Brasile, pur tuttavia, tali diventano ogni volta che ad essere contesa è una terra ricca dal punto di vista minerario, come quella degli Yanomami nello Stato del Roraima, per esempio, oppure terre su cui le potentissime lobbies del settore agroalimentare hanno messo gli occhi per impiantarvi coltivazioni di soia o al fine di destinarle agli allevamenti bovini, come è il caso di molte terre (indigene) contese in Stati quali Mato Grosso, Mato Grosso do Sul o Santa Catarina.
In questo senso, la decisione che il Supremo Tribunale Federale sarà chiamato a prendere sulla questione del cosiddetto Marco temporale segnerà uno spartiacque decisivo nella relazione tra popolazioni indigene, da un lato, e lobbies estrattiviste e dell’agroalimentare dall’altro.
Che cos’è il Marco temporale? Puoi spiegarcelo in due parole?
La tesi del Marco temporale, sostenuta dai grandi proprietari terrieri e dai cercatori d’oro (i garimpeiros) dediti ad inquinare di mercurio le terre degli Yanomami, consiste nell’idea secondo la quale le uniche terre che possono essere legalmente demarcate sarebbero quelle che, al 5 ottobre 1988, data di promulgazione dell’ultima Costituzione brasiliana, erano già in possesso delle singole popolazioni indigene o sulle quali, all’epoca, esisteva una rivendicazione in sede giudiziale.
In altri termini, come ha recentemente rimarcato la deputata indigena Joenia Wapichana: chi non è in possesso della terra dal 1988, di qui il nome Marco temporale, non avrebbe più alcun diritto di rivendicare la regolarizzazione di quella determinata terra (indigena).
Va detto, a riprova del fatto che si tratta di una autentica canagliata, che il Brasile del 1988 era un Paese che veniva da ventuno anni di dittatura militare. Dittatura, la quale non riconosceva gli indigeni come soggetti giuridici. Pertanto, il richiamo alla rivendicazione giudiziale è un argomento del tutto privo di sostanza, ipocrita, direi.
Lasciami concludere, dicendo che questa delirante tesi del Marco temporale è solo la parte finale di un processo, avente di mira lo sterminio delle popolazioni indigene brasiliane, portato avanti da tempo dal Governo Bolsonaro e da una nutrita parte del suo elettorato. Prova ne sia, l’invio di casse di clorochina, durante la pandemia, in luogo di un tempestivo piano di vaccinazione delle popolazioni indigene. Piano mai predisposto, peraltro, mentre le comunità indigene sono state decimate dal Covid-19 e dalla clorochina.
Ricordo di avere letto tempo fa qualcosa a proposito degli Yanomami dell’Amazzonia, ma non pensavo che la situazione fosse così grave…
La situazione degli Yanomami del Roraima è disperante, tra denutrizione, omicidi da parte dei garimpeiros e i loro fiumi inquinati di mercurio a causa delle costanti invasioni dei cercatori d’oro, appunto.
La comunità internazionale dovrebbe mobilitarsi quanto prima, perché è in atto un vero sterminio di questa popolazione, commesso, ovviamente, con il beneplacito dell’attuale Governo Bolsonaro, che ha letteralmente svuotato e reso inefficaci quasi tutte le autorità, governativa e non, poste a difesa delle popolazioni indigene.
Anzi, Umberto, approfitto di questo spazio per lanciare un appello, affinché singoli attivisti e organizzazioni avviino campagne di sostegno in difesa degli Yanomami.
La comunità internazionale deve mobilitarsi prima che sia troppo tardi.
Di Umberto Baccolo
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