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Il dj Mantovani parla di sé e dei progetti: «Quello che voglio è far ballare e divertire la gente»


«Quando si lavora davanti al pubblico è come una gara sportiva. Ogni singola competizione o performance è irrepetibile e unica». Se non avesse fatto il dj Max Mantovani forse avrebbe fatto il pilota di Formula1. Durante la nostra chiacchierata richiama spesso il circus iridato, quel mondo di asfalto e motori che ha non pochi punti di contatto con il mestiere del disc jockey: la sfida, la voglia di vincere e di catturare il pubblico, di offrire qualcosa di emozionante a chi ti vede o ti ascolta. Però con una precisazione che dice tutto dell’uomo:


«Uno può entrare nel mondo della F1 ed essere riconosciuto come un bravo pilota o, nel caso mio, un bravo dj. Però ci sono due modi di fare queste professioni: uno è quello di non curarsi del proprio pubblico, fare scena per fare scena. Un altro è quello di chi prende la curva o la consolle con intelligenza e grinta, ma anche con quell’umiltà senza la quale non si cresce». E’ questa linea di confine che fa la differenza, perché, dice Max, il «podio te lo devi conquistare ogni volta, proprio perché ogni volta è come se fosse la prima». E in discoteca, ti spiega, «hai il riscontro immediato per capire se quello che stai facendo funziona o meno. Ci sono locali dove a ballare è solo il dj. Quando succede questo vuol dire che qualcosa non va».

Non è per caso che uno diventa il protagonista delle notti di Montecarlo. Non è per un caso che il proprio nome sia associato ad uno stile. Come Max, appunto, che calca le scene dei più glamour locali del mondo con lo stesso entusiasmo del primo giorno e se possibile anche qualcosa di più. Ha salito uno ad uno i gradini della professione Mantovani, da quando ancora ragazzino, a Rimini, per fare compagnia ad un amico che aveva iniziato a lavorare in una discoteca disertò la spiaggia e si innamorò della consolle. Oggi, che gira il mondo per serate, feste e locali frequentati dal jet set, ricorda ancora con grande emozione quei giorni. Ma senza nostalgia «perché per abito mentale io guardo sempre al domani e al dopodomani». E cita una bellissima poesia del poeta turco Nazim Hikmet: “Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I nostri giorni più belli non li abbiamo ancora vissuti”. Chiedo a Max se è appagato dal successo? «Per nulla». Lo sguardo vola sempre oltre la collina, alla prossima iniziativa, alla nuova idea da mettere in cantiere. In una girandola di appuntamenti: per dire qualche mese fa ha animato il party organizzato da “The Way Magazine”, una serata nel cuore di Milano, alla Tesla Design Longue”. Tra poche settimane uscirà un suo disco. Intanto sta programmando un evento con Jean-Claude Van Damme che riguarda anche il cinema.


Una voce particolare, la conoscenza vera e approfondita del panorama musicale, la capacità di saper trascinare il pubblico ed una determinazione rara: questi sono gli ingredienti del successo di Mantovani. Al Mirage di Arona o al Morandi di Lugano. E poi Milano, Como, Rimini. Il suo è già un nome in quegli anni e nel 1986 approda a Montecarlo. Da quel momento la città monegasca diventa la sua casa. Dove mette su famiglia e sviluppa il suo lavoro. Per 18 anni ha fatto il dj al Jimmy’z, di cui è stato direttore dal 2000 al 2006. Nel 96 è direttore del Parady’z, nel 98 co-ideatore, per la prima volta nella storia, dell’esibizione del Crazy Horse fuori da Parigi, a Montecarlo (e del Crazy Horse sarà direttore fino al 2002 presso il cabaret del Casinò). Nel 2008 ha cominciato a collaborare come manager col Billionaire di Montecarlo durante il Gran Premio di Formula 1. Nel 2010 è il manager dell’omonimo locale a Porto Cervo.

Altro passaggio importante nella carriera di Max la creazione di Fashion Tv (e poi Fashion Tv Awards & Fashion Tv nel mondo) - di cui è dj ufficiale - insieme a Michel Adam. «Un format sviluppato nel principato, ma gradualmente l’ho esteso in circa 140 paesi, spostandomi a suonare come dj per feste ed eventi privati».

Nella sua cabina sono passati i nomi più famosi dello star system: da Frank Sinatra a Rod Stewart, da Enrique Iglesias a Bon Jovi, da Tina Turner a Ricki Martin, da Alberto Tomba, amico da una vita, a David Guetta. E poi, i grandissimi Ayrton Senna o Michael Schumacher, Silvester Stallone, Ornella Muti, Maria Grazia Cucinotta. L’elenco è lungo, ma una cosa ti dice Mantovani: le famose “stelle”, quelle delle cui vicende leggiamo sui giornali, per lui «non sono personaggi, sono amici, persone con cui stare insieme e divertirsi». Ed è tanto vero che poche settimane fa a Sanremo , dove era per seguire il Festival, quando Tony Renis lo ha visto «mi è venuto incontro per abbracciarmi con affetto e trasporto. Come si fa con un amico». E a proposito del Festival, che ha seguito per anni per conto di diverse radio, Max dice che l’ha trovato «buono. Tutto è bene quel che finisce bene, ma non poteva che essere altrimenti, perché sono stati toccati tutti gli argomenti che si potevano toccare, dalle donne al lavoro, alle malattie. E poi abbiamo sentito tutti gli stili musicali, vecchi e nuovi».

Avrebbe immaginato di arrivare così in alto, azzardo al telefono? «Beh, se è per questo pensavo di arrivare ancora più in alto. Se non mi fossi fermato nel 2001 per fare il direttore del Jimmy’z oggi avrei potuto giocarmela tra i 10-20 migliori al mondo». Dal 2013 è tornato a fare solo il suo lavoro e ha cominciato nuovamente a viaggiare. «Solo lavorando posso esprimermi al meglio – spiega – ma devo avere il luogo giusto». Non puoi, insomma, andare a suonare a un matrimonio da 50 persone, anche se ti offrono 20, 30 mila euro, perché poi non riusciresti a fare bene il tuo lavoro.


Per quel che lo riguarda Max ha sempre la stessa voglia di «spingere al massimo per far ballare e divertire la gente in tutto il mondo». Lo dice senza falsa modestia, ma anche senza nessuna arroganza. Con l’occhio di chi guarda il mondo attorno a se e vede che oggi la professionalità si è andata un po’ perdendo. «Perché sai, ci sono quelli che si presentano come dj di grido solo perché hanno suonato una manciata di volte in qualche piazza importante, a Miami per esempio, ma poi a gestire una serata dall’inizio alla fine non ne hanno voglia». Oggi tanti di quelli che si dichiarano dj non hanno background, un repertorio alle spalle. A Max questo stile non piace: «vedi – dice – anche la discoteca ha delle regole che vanno rispettate. A differenza di quel che accade adesso, dove in una serata si alternano tre o anche quattro dj, io ho sempre iniziato alle 10,30 prendendo possesso della consolle per tutta la serata e fino alle sei del mattino». Questo ha significato che per anni Max non ha conosciuto un Natale o un Capodanno in famiglia. Un sacrificio, certo, ma anche tante soddisfazioni «quando vedi che in pista le persone si scatenano».

Una volta, quando c’era il piatto, bastava un nonnulla per far saltare la puntina e compromettere così una serata. Le canzoni poi bisognava ascoltarle, sceglierle, e proporle alla gente. Oggi si lavora con le nuove tecnologie ed è un bene. Anche se, avverte Mantovani, si è un po’ persa la sacralità delle cose. Capita così che basta avere un software che ti aiuta a mixare, e tutti possono sentirsi disc jockey. Però la qualità ne ha risentito. Max non rinuncia certo all’high tech ma nemmeno a quell’approccio artigiano con cui affronta ogni giorno il suo lavoro. Studia il contesto, offre soluzioni integrate per qualunque evento, anche grazie alla sua società la MMM Production, la Max Mantovani Monaco Production, con cui mette a disposizione il suo know-how per la realizzazione di qualsiasi tipo di evento. Un approccio che non può che partire «dalla qualità delle canzoni e delle compilation. Perché poi la cosa più importante in quello che faccio e «suonare e far divertire la gente». In sostanza, suscitare emozioni.

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