Lo confesso. Non avevo capito niente. Impreparato. E ignaro della realtà che avrei trovato. Quando, nel 2006, approdai sulle rive del Tamigi (fresco di epurazione per la mia orrenda trasmissione filoberlusconiana su Rai2 "Punto e a capo", "orrenda" la chiamò quel maestro di liberalismo che risponde al nome di Antonello Venditti, voce incantatrice e faccia di bronzo, solito riccastro comunista, "falce, quattrini e martello").
Quando arrivai per espiare le mie italiche colpe al cospetto di Buckingham Palace, dicevo, ero arciconvinto che la monarchia british fosse un'icona ornamentale e inoffensiva, che se ne stava lì buona buona a rappresentare la storia e l'unità della nazione, docile e appartata dal potere vero, giusto un po' bizzosa e chiacchierata, ma, alla fin dei salmi, indiscutibile e praticamente irreprensibile. Una bandiera onusta di gloria: che nessuno dei figli della pallida Albione (tranne qualche sparuta frangia repubblicana e qualche laburista marxistoide) aveva mai davvero pensato di ammainare. Così credevo. Ingenuo e sprovveduto. Pian piano, con incredulità mista a disagio, mi accorsi di aver preso fischi per fiaschi. La monarchia, che, intendiamoci, ha comunque garantito stabilità e democrazia (ma quanto accidenti costa agli spremuti sudditi...), non è affatto quella mite e cristallina istituzione che mi ero figurato, fuorviato dalle anodine e laudatorie cronache reali dei miei augusti predecessori corrispondenti da Londra, facilmente inebriati dall'onore di ricevere un grazioso invito a Corte in occasione di qualche evento secondario, travolti dall'insostenibile vertigine di rimirare (a debita distanza) quei potenti del mondo sempiternamente protagonisti delle pagine rosa, instancabili fornitori di ghiotti e innocui gossip. Insomma, il prototipo dei ricchi da sognare. Eh no! Altro che "tutto va bene, madama la marchesa". È arrivato il guastafeste. Che vi giura che non è tutt'oro quel che riluce, e di oro gli Windsor ne hanno a bizzeffe. Questi sovrani e principi, duchi e duchesse, affabili e venerati, sono dei gran furbastri, ipocriti matricolati. Con quintali di polvere sotto il tappeto e miriadi di scheletri nell'armadio. Amabilmente suadenti, quando si concedono alla plebe. Sorridenti. Accoglienti. Ma questa è superficie... Studiano per apparire tali, tanto loro non possono lavorare, ciucciano soldi per fare "volontariato", naturalmente senza rimetterci un penny. Spregiudicati e abbarbicati al vil denaro. Pronti a immolare i malcapitati, di più le malcapitate, che incoccino nella sventura di rompergli le uova nel paniere, di macchiare di scuro il loro proclamato lindore, di tirar fuori segreti scomodi e vizi omertosi. Ne sa qualcosa la povera Diana, ventenne aristocratica di belle speranze, timida e inesperta, che i due volponi, Elisabetta e Filippo (coniugi e complici, clementi l'una con altro, implacabili con i terzi) vollero, fortissimamente vollero, precoce sposa dell'irresoluto Carlo, eternamente impigliato nell'insana passione per la "malvagia" (definizione della "mum") Camilla, più abile e con i pantaloni di lui. Più vecchia e già divorziata. La ragazzona facile ad arrossire si imbattè nel gelido egoismo dell' erede al trono e si accorse presto che, a letto, era come se fossero in tre: lei, lui e l'amante di sempre. Cominciò a lamentarsene, "lady D", e a star male, a piangere e a imbottirsi di psicofarmaci. Non rispettava le rigide regole del Palazzo. Strepitava. Fu trattata da pazza pericolosa, finché a rasentare la follia non ci arrivò davvero. Chiedeva aiuto e la zittivano. Esternava il suo malessere e la minacciavano. Agghiacciante il suo scambio di missive col suocero, finto distratto e gaffeur autentico, il Clark Gable della Corona, un ex-militare tedesco che godeva delle staffilate che infliggeva a colei che, amatissima tra i comuni mortali, diventò la "principessa del popolo", mentre a Corte era il nulla. Anzi no. Era il diavolo, travestito da angelo biondo. Andò fuori di testa, la sventurata. Si rifugiava in amorazzi da quattro soldi per non parlare a se stessa. Uno dopo l'altro. Scandalo a Corte. La giovane donna, tradita prima ancora di unirsi, si attirò un rancore sordo e implacabile da parte dei suoi due "carcerieri", ringhiosi guardiani dell'etichetta. Le poche risate argentine riservate ai due figli, persi, loro sì, per quella mamma premurosa ma dagli occhi tristi. Un'esistenza a sprazzi, che si ravvivava quando si dedicava agli altri, i bambini, l'Africa. Perché aveva una maledetta paura di stare sola. Anche la morte la prese in compagnia. L'amante arabo. Lo schianto in macchina. A Parigi, il buio ponte dell' Alma'. Ventun anni fa. Incidente, pura casualità. Non ci credetti mai. Ci lavorai sopra. Per il TG1. Ero colpevolista, ma, lavorando per la tivù di Stato, dovevo andarci cauto. C'erano troppi buchi neri. E interrogativi irrisolti. Che la giustizia di Sua Maestà non sfiorò nemmeno. La monarchia "sopiva e troncava, troncava e sopiva". Caso chiuso. Con malcelata fretta. Tra l' indignazione di molti e il silenzio dei politici. Proprio quando l'ineffabile Carlo aveva cominciato a mollare senza ritegno Diana, anche se vivevano ancora sotto lo stesso tetto, drammaticamente separati in casa, a Clarence House approdò come segretaria (poi anche custode unica della corrispondenza del principe) una graziosa e scoppiettante rampolla della migliore borghesia londinese, Sarah Goodall, emozionatissima dall'esimio ruolo toccatole, che ricoprì con devozione per dodici anni. Commise un grave errore, che non ha mai ammesso (nemmeno oggi, e ci conosciamo da parecchio, noi due), trincerandosi dietro imbarazzati mutismi. Incappò nelle voglie del regale datore di lavoro e cedette, entrando in intimo rapporto con lui. Fu la fine della sua esistenza, non solo a Palazzo.
Perché, scomparsa Diana, in previsione dello scontato matrimonio "riparatore" di un interminabile amore clandestino (segreto di Pulcinella...), piombò appunto a Corte l'eterna fidanzata, la "scucchiona" Camilla dagli orribili cappellini piumati. La prima cosa che fece, off course, naturalmente, fu licenziare la reproba Sarah su due piedi. "Era morbosamente gelosa della mia confidenza con Carlo, ci racconta dal suo eremo agreste l'ex fedelissima tuttofare di Sua Altezza, ricordo che non mi permise neppure di aprire bocca. Mi intimò di andarmene, e basta. In tono alterato. E che non mi preccupassi per la liquidazione e altre bazzecole. Tutto pronto e conteggiato. L'importante era che togliessi il disturbo. Giuro che mi sentii morire". Eh, già. Non fu molto diverso che "trapassare". Porte sbarrate per l'incauta subordinata. Non la conosceva più nessuno. Sarah chi? Rifuggita come la peste. Condannata all'ergastolo. E lei, ormai preda dell' alcool, ne inanellò un'altra di sciocchezza.
Vendetta, tremenda vendetta. Un libro-choc, grazie a un impavido e incosciente editore: "Diari di Palazzo", le magagne e gli inganni di cui era stata testimone. Non uno zuccherino... Apriti, cielo. Immediata la crocifissione. Il volume ritirato in un battibaleno dalle librerie del Regno. In extremis, tradotto in anticipo, uscito in sette o otto paesi. Anche Francia e Italia. Un successone negli USA. Peggio mi sento. Sarah, smagrita e spaventata, tornò sui suoi passi. La magione di famiglia, in campagna. Lontano dagli occhi... Disperata e mantenuta dal vecchio padre. E da lì, dal suo maliconico rifugio, lancia un avvertimento all'ultima arrivata nel reale circo. L'irrequieta e chiacchierata Meghan, poliedrica neo consorte di Harry il play-boy bonaccione, afroamericana, fascinosa ex-attrice ed ex-modella, ultrà femminista e cultrice del verbo di Martin Luther King. "Spero che si sia resa conto del passo che ha compiuto", sussurra la Goodall, "kamikaze in disarmo". Lo sa lei, così insofferente al bavaglio, che dovrà sottostare a mille obblighi, a un codice di comportamento parruccone, assurdo e crudele? Sa che non può sgarrare di un millimetro? Ci ha pensato bene? Se vuole restare e godersi tranquilla la fama e i lussi, se non vuole correre il rischio di diventare un obiettivo da colpire, allora si prepari a sopportare! E non parli troppo... Altrimenti (Sarah ha una pausa, ndr.). Lasciamo stare. Se invece non se la sente, meglio che trovi su-bi-to docilmente un accomodamento indolore e giri i tacchi. A quella gente, dell'amore di una coppia non frega niente... L'onore e l'immacolato prestigio della monarchia. Solo quello conta per loro. Un malinteso onore. Attenta, Meghan. Sei circondata. Obbedire. O squagliarsela...
di Giovanni Masotti
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