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Strasburgo condanna l'Ungheria: approvata la mozione d'accusa contro le politiche di Orban



«Un voto già scritto», così ieri il premier ungherese Viktor Orban aveva anticipato su Facebook l'esito della votazione, svoltasi in mattinata, per l'approvazione della risoluzione proposta dall'eurodeputata olandese Judith Sargentini dei Verdi volta a sanzionare l'Ungheria per le accuse di intralcio ai diritti fondamentali della democrazia. Intralcio alla libertà di stampa, di insegnamento e del regolare svolgimento della giustizia i punti più caldi dell'accusa lanciata dal Parlamento europeo che, con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astenuti, ha approvato la risoluzione. Ora la palla passerà al Consiglio dei capi di Stato e di Governo dell'Ue, che dovrà decidere se proseguire con la prassi e far scattare quindi la procedura prevista dall'articolo 7 dei Trattati, che porterebbe a sanzioni esemplari tra cui, tra le ipotesi, la possibilità di sospensione di voto per l'Ungheria in assemblea.


Un caso internazionale, la prima volta in cui il Parlamento, l'organo eletto direttamente dal popolo europeo, si è espresso in maniera così forte e unitaria contro le politiche, giudicate sovversive, di un singolo Stato. «Il governo di Viktor Orbàn ha minato i valori europei attaccando l'indipendenza dei media, dei giudici e del mondo accademico e le persone vicine al governo e i loro amici e familiari si sono arricchiti a spese di contribuenti ungheresi ed europei». Il primo commento di Sargentini, in seguito all'approvazione della mozione, che ha poi aggiunto che «il popolo ungherese merita di meglio. Gli ungheresi hanno anche il diritto alla libertà di espressione, alla non discriminazione, alla tolleranza e alla giustizia sanciti dai trattati europei».


Un voto che ha fatto discutere anche in Italia, vista la decisione della Lega di ricompattarsi con lo storico partner del centrodestra Forza Italia e in aperto contrasto con l'attuale alleato di governo, i 5Stelle, che hanno invece sostenuto la mozione e l'accusa alle politiche di Orban.

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