Sempre più infuriato, e lontano, dalla vecchia Europa a trazione (alquanto inceppata, per la verità) franco-tedesca. Sempre più deciso a giocarsi la carta del disgelo con Mosca dopo il graduale dissolversi dei fantasmi del "Russiagate". Il presidente-tycoon è uno che non le manda a dire. Lui è fisiologicamente abituato a prendere il toro per le corna e, se necessario, a infilzarlo. Vada come vada, insomma. L'importante è "America first". Prima, l'America. Convinto della bontà della sua dottrina "sovranista" a stelle e strisce, che fa storcere il naso ai rarefatti frequentatori dei salotti buoni di New York e Washington (ma incontra il crescente consenso del popolo yankee), Donald Trump, tanto per non smentirsi, sferra un diretto micidiale agli alleati europei sui temi cruciali della difesa e della sicurezza comuni, il cazzottone più violento se lo becca la declinante "Frau Angela", ormai un materassino in patria e fuori, e sceglie un momento fatidico, a una settimana dal summit NATO di Bruxelles, a meno di due dal faccia a faccia con lo zar Vladimir. Come a rappresentare la posizione americana in questa fase di stravolgimento dell'abituale e dell'ovvio: in mezzo al guado, ostentando disgusto per i partners tradizionali, "sleali ed egoisti", ora anche "tirchi", manifestando, invece, interesse (se non una certa attrazione) nei confronti dell'orso russo. Dopo aver insultato gli europei nell'aspra contesa sui dazi commerciali (snodo centrale delle relazioni con la UE) ed essersi rifiutato in zona Cesarini di firmare il balbettante documento finale del recente G7 canadese, il poco complimentoso "The Donald" ha preso carta e penna e ha caricato a testa bassa sulla deperita Alleanza Atlantica. Sul banco degli imputati, la cancelliera teutonica, trattata da "pericolosa irresponsabile", ma anche canadesi, belgi e danesi. Governi, tuona il "comandante in capo", che minano l'efficacia e l'operatività (la deterrenza stessa) della Nato, negando uomini e risorse, soprattutto i quattrini necessari e dovuti, regole scritte nero su bianco. Hanno il viziaccio, questi europei, di svicolare... E di non rispettare quanto deciso con tutti i crismi nel vertice 2014 in Galles, destinare tas-sa-ti-va-men-te il due per cento del PIL alle spese militari. Un'inadempienza, almeno di alcuni degli stati membri, che sta facendo "perdere la pazienza" alla Casa Bianca, stufa di ingobbirsi a dismisura per portare il peso principale della coalizione occidentale, in termini di dollari e di vite umane. Un sacrificio, sembra minacciare Trump senza dichiararlo, ma i toni sono ultimativi, che Washington non è più disposta a sostenere. Forse la prefigurazione di un riposizionamento militare USA sullo scacchiere mondiale. Uno scenario che non può non mettere in ansia i "reprobi" d'Europa. Tanto che il premier Conte, pur non figurando l'Italia tra gli obiettivi nel mirino dell'ira trumpiana, avverte il bisogno di rassicurare l'"azionista" numero dell'alleanza (da cui verrà prossimamente ricevuto alla White House), confermando la sua presenza a Bruxelles nonché l'impegno nostrano. Da misurare, spiega l'inquilino di Palazzo Chigi, non solo sulla base dell'entità delle contribuzioni, ma anche della partecipazione strategica. Tradotto: non si guardi solo al salvadanaio, conta di più il coinvolgimento nelle missioni miltari. Basterà questa (furba) puntualizzazione a calmare l'incavolatissimo Donald? O lo irriterà vieppiù?
di Giovanni Masotti
Comments