le giornate professionali di Riccione, anche in questo periodo sfortunato, restano una occasione di verifiche, tanto più necessarie quando palesemente l’industria e l’artigianato cinematografico dimostrano un grande affanno.
Il convegno promosso come ogni anno da Vito Sinopoli, ottimo editore privo di libertà, ha fornito la sorpresa che i soliti interlocutori, scelti tra i papaveri del settore, sono stati costretti ad ammettere che le loro politiche aziendali erano sbagliate.
Piangendo lacrime di coccodrillo hanno dichiarato a turno… siamo peccatori… dobbiamo cambiare marcia… è ora di rivedere le priorità… e così tutti sono stati assolti dal confessore Sinopoli che li ha condannati a recitare cinque preghiere cadauno a Franceschini e a Nastasi.
Ecco che lo scenario di Riccione è quello di un settore che si è reso conto dei risultati disastrosi del cinema italiano e nel quale i soliti protagonisti, da Rai a Vision, fanno un passo indietro cercando di non essere trascinati dalla valanga.
Ma la sensazione che i colpevoli debbano in qualche modo scontare le loro colpe rimane, ed è normale che i proprietari delle strutture comincino ad accorgersi che di questo passo il cinema è destinato a scomparire.
Ne sono prova alcuni elementi, che ai più esperti non saranno sfuggiti.
Innanzitutto la distribuzione: Warner non c’è più, e sono spariti quei big che hanno imperversato per anni trattando tutti come marmaglia.
Lucky Red non distribuisce, e assieme a Bim, a Vision e ad altri viene distribuita nelle sale da Universal, che non è certamente italiana. Pertanto in Italia metà del settore è portato in sala da una azienda straniera, che ovviamente riceve abbondanti contributi statali.
Ma nel nostro paese questa non è una novità, se si pensa che per decenni il palinsesto nazionale televisivo Rai destinato ai cittadini italiani residenti all’estero è stato distribuito da una società araba.
Tralascio per decenza di raccontare come si è arrivati a tale scempio.
Tornando a Riccione, i listini presentati, sempre al monotono grido di…”siamo emozionati, la nostra squadra ha lavorato duramente…”, non hanno al contrario convinto nessun esercente, e gli applausi sono stai estorti da un Lo Nigro in cerca di affetto.
Il listino Lucky Red ha mostrato palesemente che la passata stagione ha lasciato segni negativi indelebili, accreditando le voci di una imminente cessione.
Rutelli con l’Anica ormai ridotta da lui a pezzi, ha evitato di farsi vedere, così come i Ministri, i sotto segretari e i ministeriali, convinti forse che occhio non vede cuore non duole.
In definitiva una manifestazione sempre molto utile per gli incontri e per capire che aria tira, nella quale molti dei responsabili del disastro nazionale hanno preferito stare a casa.
Il tema del perché da noi si producano sempre più film nonostante la diminuzione costante dei ricavi è stato ufficializzato: non si produce per fare un film ma per incassare il tax credit.
Siamo pertanto il paese leader nell’accaparramento del tax credit, e questo non è un risultato da poco, è sufficiente modificare il tema della classifica: ci confermiamo i più bravi nel demolire le strutture portanti e nel rubare i soldi allo Stato per poi fuggire, e ultimi nel fare le cose per bene.
In sintesi è quasi scomparsa la distribuzione indipendente a tutto vantaggio delle ditte straniere, Universal in primis Eagle, Discovery.
Sono rimasti in piedi boccheggiando alcun tenaci operatori che però tendono a produrre per entrare nel giro del tax crediti.
I film nazionali oscillano tra la banalità più marcata, Bisio, Scamarcio, Amelio, Aldo Giovanni e Giacomo e la totale inutilità, e soccombono all’armata di Andrea Leone, che coperto come sempre da Rai, presenta i big americani a partire da Scorzese.
Gli esercenti, sempre meno rassicurati dai listini, cominciano a studiare manovre alternative, come farsi una propria programmazione e come monopolizzare i territori, in modo tale da condizionare tutti, visto che le uscite in sala alla fine dipendono da loro.
di Michele Lo Foco
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