«La pandemia può essere lo spartiacque tra un vecchio e un nuovo mondo». A dichiararlo è Roberto Alesse, direttore generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in occasione della presentazione del libro “Il declino del potere pubblico in Italia”, tenutasi presso l’aula Avvocati in Corte Suprema di Cassazione, che denuncia come «l’obiettivo degli attuali partiti è avere una dirigenza pubblica debole, supina perché le amministrazioni vengono considerate terreno di scorribanda politica per inserire al bisogno i propri adepti».
Il tutto, però, a discapito della meritocrazia, causa di un’eclissi dei corpi intermedi, nonché dei meccanismi democratici. Il dirigente, infatti, sottolinea come «lo strumento farisaico attraverso il quale operare le nomine è niente di meno che l’istituto dell’interpello, sia per gli interni che per gli esterni, quale procedura concorsuale che dovrebbe assicurare una trasparente ed oggettiva valutazione delle professionalità e delle caratteristiche attitudinali dei candidati».
Antonella Minieri, promotrice dell’evento e presidente della Mida Academy, però, rileggendo alcune parti del libro, sottolinea come pur essendoci un forte declino delle classi dirigenti in Italia «ci sono molte idee da cui ripartire per rilanciare il sistema Paese, che ha l’obbligo morale di recuperare il tempo perduto e di assicurare alle nuove generazioni un futuro più dignitoso. Grazie all’Europa e al Recovery Fund si farà qualcosa di buono. La speranza di superare la grande crisi, quindi, non è persa».
Il dottore Giancarlo Capaldo, già Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, nonché presidente dell’Osservatorio sul terrorismo Internazionale presso la Fondazione Icsa, sollecitato da Emilio Orlando, noto giornalista di cronaca giudiziaria e moderatore del tavolo, pertanto, evidenzia come «oggi più che mai il potere pubblico ha bisogno di una classe dirigente più attrezzata rispetto a quella del passato, considerando che la criminalità riempie i vuoti lasciati dalle istituzioni per incapacità o peggio ancora per collusione».
Antonino Galletti, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, invece, si sofferma sul rapporto tra potere pubblico e magistratura. «Alesse richiama la vicenda di Palamara – sostiene - della bocciatura da parte della giustizia amministrativa dei provvedimenti del Csm di nomina del primo presidente e del suo sostituto, che sono l’attualità. Sono dei fatti eccezionali, che tra l’altro avvengono a pochi giorni dall’apertura dell’anno giudiziario. Rendono ancora più plastica la necessità di interventi urgenti». Sottolinea, infatti, come laddove non ci sia un ceto alla politica all’altezza tende a prevalere il potere della magistratura.
Sulla crisi dell’attuale classe dirigente si sofferma pure Agostino Carrino, ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università Federico II di Napoli, che conclude affermando come «si è arrivati al dominio degli incompetenti, dell’uno vale uno. Ecco perché bisogna partire dalla qualità delle nostre scuole, dall’Università. Solo così è possibile invertire la rotta».
Di Edoardo Sirignano
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