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Antonio Ingroia: Per Giustizia serve riforma profonda, non compromesso Cartabia e accetta referendum


A breve andremo a votare sui referendum giustizia, lei cosa ne pensa da un lato di quelli passati e dall'altro crede che ci sia la possibilità di raggiungere il quorum su temi così tecnici?

Il paradosso è che la Corte Costituzionale mi ha tolto la possibilità di votare l'unico dei referendum con il quale ero in pieno accordo, perché ritengo che il tema della responsabilità diretta del magistrato da una parte era più facilmente recepibile per il cittadino e dall'altra corrisponde ad un'esigenza che il cittadino sente, perché abbiamo cittadini sempre più sfiduciati nei confronti della giustizia e diffidenti nei confronti della magistratura, e allora il fatto che la magistratura sia l'unica categoria che si sottrae alla responsabilità diretta, diversamente da ad esempio medici o avvocati, penso che possa essere vissuto come un privilegio. Penso quindi che se la magistratura vuole riconquistare un'immagine più vicina ai cittadini deve dimostrare di non avere paura della responsabilità diretta: quella per difendere la responsabilità indiretta a mio parere è una battaglia di retroguardia, anzi dovrebbero essere i magistrati i primi a dire che il cittadino vittima di errori per colpa grave dovrebbe potersi rivalere direttamente nei confronti dei magistrati. Del resto, basterebbe munirsi di una buona assicurazione e il magistrato potrebbe essere protetto dai risultati negativi, mentre così diventa una sorta di privilegio che può essere percepito come intollerabile da parte del cittadino.

Concordo su questo punto... ma tornando alla domanda originaria, riguardo agli altri?

Gli altri sono invece a mio parere molto tecnici. Anche la famosa questione della separazione delle carriere (che tra l'altro secondo me non risolve comunque il problema dell'autonomia e indipendenza del giudice) si entra in tecnicismi... non parliamo poi del sorteggio e delle altre cose sul CSM... sono cose davvero lontane dalle persone. Peraltro c'è anche il rischio che al quorum non si arrivi e che così venga perfino frustrato lo strumento del referendum, facendo crescere la disillusione dei cittadini su uno strumento di democrazia diretta certamente importante e strategico nell'assetto costituzionale.

C'è però un altro tema che penso non sia tecnico ma importante per tutti: quello degli abusi della custodia cautelare. Lei cosa ne pensa?

Io credo che lì sia necessario intervenire, però non affidandosi ad uno strumento come il referendum abrogativo, che rischia di agire come un'accetta, quando si dovrebbe farlo in modo equilibrato. Io credo che ci sia un eccesso della custodia cautelare soprattutto nella fase delle indagini preliminari, con troppi detenuti ancora oggi in attesa di giudizio perché i tempi della giustizia sono troppo lunghi, ma credo che questo tema dovrebbe essere affidato al legislatore e al Parlamento, attraverso un confronto tra tutti gli operatori del diritto, di magistrati e avvocati che trovino insieme il migliore punto di equilibrio per andare avanti. Un referendum che potrebbe essere utile, paradossalmente, sul piano politico, sarebbe uno consultivo su una proposta di legge, piuttosto che abrogativo, perché intervenendo con l'accetta si rischia di creare squilibrio nell'assetto normativo complessivo. Benché io, a maggior ragione oggi da avvocato, percepisca nettamente quanto il ricorso allo strumento della custodia cautelare sia eccessivo – chiamiamolo abuso o eccesso cambia poco - e sarebbe necessario dargli un freno.

Un caso per cui di recente c'è stata una grande mobilitazione, con 2500 firme tra cui quelle di 29 parlamentari in carica, è stato quello di Pittelli. Lei trovava giusta la richiesta di fargli affrontare il processo se non libero almeno agli arresti domiciliari?

Credo che là dove non ci sono concreti pericoli di inquinamento probatorio o di reiterazione del reato bisogna davvero applicare quello che la Corte Costituzionale ha sempre detto, cioè che la custodia cautelare in carcere deve essere l'estrema ratio.

Però mi piace di più citare altri casi, meno famosi, di tanti poveri cristi nelle patrie galere di cui nessuno si occupa. Da avvocato potrei testimoniare di casi di custodia cautelare che si protraggono per mesi e mesi in attesa di giudizio, in vicende anche paradossali. Ne potrei citare uno dove un cittadino che si è sentito frodato dal suo avvocato difensore lo ha denunciato per presunti accordi con la controparte, nello stesso periodo questo avvocato difensore ha subito delle intimidazioni (gli hanno bruciato l'auto e altro) ed ha quindi indicato come possibile sospetto l'ex cliente che dicevo, così che la procura di Caltanissetta, a cui serviva un presunto colpevole, lo ha arrestato, e questo si trova oggi in carcere sulla base di sospetti e congetture, come se si fosse voluto far giustizia da sé, mentre invece è proprio il contrario, si era affidato alla giustizia perché aveva denunciato il suo ex avvocato. Di casi come questi ce ne sono tanti, e per questo occorre una profonda riforma della giustizia su questo terreno.

Da questo punto di vista lei è fiducioso nel ministro Cartabia?

Le proposte di riforma della giustizia fatte dal ministro Cartabia sono veramente poca roba, pannicelli caldi diciamo. Occorrerebbe una riforma molto più profonda, ma il tema è che questo governo Draghi è un governo trasversale, che mette insieme anime e ispirazioni politiche molto lontane tra loro, quindi ogni riforma è una riforma di compromesso, anche la riforma Cartabia lo è, ma non è con le riforme di compromesso al ribasso che si cura la giustizia, occorrono semmai riforme profonde e coraggiose. C'è un tema ad esempio che da sempre viene trascurato da tutti i governi di destra e di sinistra compreso il governo trasversale Draghi: cioè quello dei tempi del processo e della giustizia. Su questo non si fa nulla. Mentre è un diritto del cittadino, sia imputato che danneggiato dal presunto reato, e un dovere dello Stato intervenire sui tempi del processo penale in modo che le decisioni arrivino in tempi ragionevoli. Non parliamo poi del diritto civile, dove ci sono cause in cui sono in ballo imprese, vite, capitali e milioni di euro che durano anni tra un rinvio e l'altro. L'Italia è il fanalino di coda in Europa per i tempi della giustizia e questa è una cosa intollerabile che dovrebbe essere in cima all'agenda delle priorità, mentre non ce n'è traccia. Neanche ce ne è nei referendum, che però non possono intervenire su questo tema: lo deve fare il governo e la riforma Cartabia non lo fa.

Il punto è sicuramente molto importante, ma nel concreto come potrebbe intervenire il Governo per risolvere questo problema?

Primo, ci sono una serie di procedure e procedimenti che potrebbero essere snelliti, ci sono tanti tempi morti nel giudizio che si potrebbero eliminare per legge. Secondo, ci sono troppi reati, troppi fatti che vengono puniti come reati mentre potrebbero essere puniti con sanzioni non penali, c'è il cosiddetto panpenalismo che regna nel nostro paese. Anche il cittadino che si rivolge alla procura con esposti e denunce per ogni minima cosa invece dovrebbe rivolgersi magari al giudice amministrativo o al giudice civile o ad altre forme di giustizia alternativa che vanno incentivate. Altrimenti se i tribunali non vengono dedicati solo alle violazioni davvero gravi, ecco che poi nei territori ad alta presenza mafiosa ci si rivolge all'altra giustizia alternativa, quella della mafia che rischia di essere più rapida ed efficiente di quella dello Stato, e questa è la peggiore sconfitta che lo Stato potrebbe annoverare.

Per finire, lei ha letto il nuovo libro Lobby e Logge di Palamara, e nel caso cosa ne pensa di queste nuove rivelazioni?

Io ho letto bene e attentamente il primo, che ha scoperchiato quello che si chiamava il Sistema. Di questo secondo ho letto solo stralci, ulteriormente inquietanti e interessanti riguardo quel mondo in cui Palamara ha vissuto e in parte regnato, avendo un ruolo di vertice nel correntismo giudiziario contiguo alla politica. Penso che sia importante che possa raccontare ciò di cui è a conoscenza, anzi più racconta più possiamo poi verificare. Però non lo ho ancora letto: magari in una prossima nostra intervista lo commenteremo assieme.

Di Umberto Baccolo

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