Un sussulto di coraggio e dignità sarebbe necessario di fronte alla disfatta politico-militare in Afghanistan. Per un imprescindibile senso di responsabilità, devono aprirsi immediatamente due capitoli: quello di un’analisi onesta e impietosa di quanto, perché e come si è operato in questa operazione ventennale. Lo dobbiamo ai nostri caduti, ai cittadini ed anche alla popolazione afghana. Secondo capitolo, quello delle misure finanziarie e umanitarie altrettanto urgenti, per sostenere i Paesi confinanti (pur con qualche riserva e distinguo) nell’accoglienza della prevedibile prima ondata di profughi. Di questo secondo capitolo devono far parte anche le misure nazionali e comunitarie per favorire l’uscita dall’Afghanistan non solo delle persone che hanno collaborato con i Paesi della coalizione, ma anche di coloro che, donne per prime, in buona fede, credendo in ciò che si prometteva ed oggi risulta tradito, hanno studiato ed investito in attività e ruoli che ritenevano potessero rappresentare un futuro migliore. L’Italia deve agire sia in proprio e con ogni forza a livello dell’Unione Europea, per evitare egoismi e utilitarismi inaccettabili da chi della disfatta afghana porta la responsabilità
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