Con quella legge chiunque può essere mandato a giudizio per omofobia
"Caro direttore, esistono ragioni assai serie per essere contrari alla legge Zan essendo laico-liberali, femministe, militanti del movimento gay. In primo luogo, a monte di tutto c’è quello che ha scritto Mattia Feltri: «Sono una brutta persona, perché e al primo sì, al secondo pure, ma al terzo, al quarto, al quinto che ha scritto della possibilità rimasta intatta di picchiare, aggredire, o insultare gli omosessuali – e parlo di parlamentari, giornalisti e intellettualità varia – non mi posso trattenere. No, no, picchiare, aggredire, insultare è vietato, pur senza ddl Zan e indipendentemente dalle inclinazioni sessuali del picchiato o dell’aggredito. Se il picchiato o l’aggredito è tale proprio a causa delle sue inclinazioni sessuali la punizione è già adesso, pure senza disegno di legge Zan più severa». Così Mattia Feltri. Comunque, se si vuole ulteriormente sottolineare con una esplicita finalizzazione della pena la tematica della tutela rispetto a gay, lesbiche, nessuna questione. Il problema è che attraverso il ddl Zan si vuole contrabbandare altre materie per niente condivisibili. La libertà di opinione su tutta questa tematica è affidata alla valutazione dei giudici. Ora, con tutto il rispetto noi non affideremmo mai a giudici come Davigo la facoltà di decidere sulla libertà di opinione riguardante questa tematica. Facciamo un esempio. Il sottoscritto è radicalmente contrario all’utero in affitto, reputa che esso è la forma più abietta e più invasiva di sfruttamento su una donna da parte di uomini ricchi, anche se essi sono di sinistra. Con questa legge non c’è nessuna garanzia che se ci si esprime su questa tematica non si va a giudizio per omofobia. In secondo luogo, con un gioco di prestigio il comma d) all’articolo 1 punta a risolvere una enorme questione riguardante il cosiddetto gender. Su questo ci rimettiamo a quello che ha affermato Francesca Izzo, femminista ed ex deputata dei DS. «L’autodefinizione del proprio genere, indipendentemente dal sesso, ha l’effetto di mettere in discussione il rapporto che tutto il nostro ordinamento ha con il genere. È la rottura del legame tra sesso e genere e questa cosa fa sì per esempio – come avviene nei paesi anglosassoni, dove sul punto si è andati più avanti e si prova di andare indietro proprio per gli effetti che provoca – che se io dico di essere donna e che invece un transgender non è una donna come me rischio di essere accusata di transfobia. E la neo-lingua che viene introdotta mi impone di dire che sono una cisgender o persona con la vagina. Non posso chiamarmi donna». E tutto questo sta avvenendo senza avere la possibilità di discuterne esattamente per quello che è facendolo passare di soppiatto in una legge che ha risvolti penali. Tutto ciò negli Usa e in Inghilterra sta avendo conseguenze disastrose: una scrittrice come la Rowling che ha rivendicato la sua femminilità è stata attaccata selvaggiamente, ma centinaia di professori-esse, di giornalisti-e, di operatori ed operatrici culturali sono stati perseguitati e licenziati proprio sulla base di questa teoria gender che è l’ultima espressione della mentalità autoritaria che periodicamente vuole imporre anche in Occidente un pensiero unico. È evidente che si vuole importare in Italia questa tematica. Infine, nella legge c’è anche il tentativo di coinvolgere i bambini in predicazioni a senso unico su una tematica assai delicata che va affrontata in ben altre condizioni e con ben altra maturità. Allora nell’indignazione che adesso sta crescendo intorno alla mancata approvazione della legge c’è stato un incredibile esercizio di ipocrisia. Tutti sapevano che era facilissimo al Senato realizzare un’intesa eliminando questi punti messi in questione non solo dal centrodestra, ma da ambienti molto più vasti. Luca Ricolfi ne ha fornito un elenco che va non solo dall’Udi, Se non ora quando, Radfem, Arcilesbica, ma anche 300 gruppi riuniti sotto la sigla VHRC, la cui rappresentante italiana è Marina Terragni, da sempre impegnata nelle battaglie per i diritti delle donne, degli omosessuali e dei transessuali. In più si sono dichiarati contrari esponenti come Paola Concia e Stefano Fassina. Perdipiù su un tema del genere pretendere che ci sia una sorta di disciplina di partito o di gruppo è una pretesa di stampo microstaliniano, è evidente che nel momento in cui c’è stato il voto segreto è scattato all’interno del Pd e del M5s una sorta di meccanismo tipo tana libera tutti e quindi i franchi tiratori hanno riguardato tutti i gruppi e non solo Italia Viva. In sostanza l’opposizione ad alcuni aspetti di questo ddl va molto al di là del centrodestra e riguarda come abbiamo visto ambienti assai variegati. Certamente il Pd non si fa mancare nulla. Però tutto ci aspettavamo tranne che Enrico Letta si presentasse nella versione di oltranzista sostenitore di un disegno di legge che contiene l’approccio a quella oltranzista cultura gender che rappresenta un pericolo per la libertà di opinione di tutti, destra, centro o sinistra che sia."
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