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Immagine del redattoreCarpe Diem Macchioni Communications

Fabrizio Cicchitto a 'Il Tempo': Che fine hanno fatto i nostri 007 a Kabul?

Erano considerati fra i migliori al mondo, stimati anche dagli americani Ma se è vero che sono stati ritirati dall'Afghanistan è un errore gravissimo




"Ribadiamo la nostra valutazione del tutto negativa sul ritiro dall'Afghanistan e ancor di più sul modo con cui esso viene realizzato. Pagheremo caro e per lungo tempo questa debacle che colpisce in primo luogo gli Usa, ma con essi tutto l'Occidente. La debolezza politica e la confusione operativa messi in evidenza da un lato spingono il terrorismo ad alzare il tiro, dall'altro provocano il deterioramento dei rapporti di forza sul piano geopolitico: oggi la Cina e la Russia sono più forti, gli Stati Uniti e l'Europa più deboli. Come ha giustamente detto sul Tempo di ieri il presidente dello lai Ferdinando Nelli Feroci: «Questi assalti sono figli del dilettantismo Usa», Biden ha ereditato il demenziale accordo di Doha fatto da Trump, lo sta realizzando al peggio e adesso i cocci sono suoi. Cie) detto, pere), vale la pena porre dei problemi inerenti all'attuazione di questo tragico errore. Il primo interrogativo è il seguente. Una volta che gli Usa hanno preso quella decisione, c'è stata o no una sede, dal G7 alla Nato a quant'altro, nella quale almeno si è potuto discutere con l'anticipo ragionevole sulle modalità con cui questo ritiro doveva essere realizzato? I nostri ministri degli Esteri Di Maio e della Difesa Guerini dovrebbero darci una risposta su questo argomento e su alcuni altri. Secondo interrogativo. La nostra sede di Herat è lontana circa 1.000 km da Kabul. Perché non abbiamo iniziato sia pure in modo riservato, parcellizzato, per spezzoni e senza esibizione alcuna il ritiro del personale afghano in modo da non trovarci a giocare tutte le nostre carte in pochi giorni in quell'imbuto maledetto che è l'aeroporto di Kabul? Adesso apprendiamo che i francesi avevano iniziato questa operazione di sganciamento tempo fa, anche perché i loro servizi gli avevano dato la previsione che rapidamente sarebbe caduto tutto e i talebani avrebbero anticipato la conquista del Paese. A maggior ragione questa anticipazione del ritiro avremmo dovuto farla noi, visto che stavamo a casa del diavolo, cioè ad Herat, a 1.000 km di distanza da Kabul. Ricordiamo anche che nel passato i nostri servizi in Afghanistan erano molto quotati, al punto tale che Bush jr. fece a Berlusconi delle lodi esplicite. Che fine ha fatto questo servizio? E vero che negli ultimi anni su 2.800 appartenenti all'Aise solo il 3% lavora al di fuori del Raccordo Anulare di Roma? Ci auguriamo che questo dato venga smentito, perché se qualcuno pensa di fare i servizi attraverso i computer non ha capito nulla. Un'ultima considerazione. Francamente non ci ha per niente convinti il fatto che mentre gli ambasciatori tedesco, francese, inglese sono rimasti finora sul campo il nostro ambasciatore Sandalli è stato richiamato dalla Farnesina il primo giorno. Se le cose stanno così la Farnesina ha commesso un gravissimo errore. Nessuno, neanche un mago, può pensare di coordinare le cose da un ufficio dal ministero degli Esteri, mentre è in atto il caos di Kabul. Poi, per carità, onore al merito per il console Tommaso Claudi, che si è rivelato bravissimo, ma evidentemente sul terreno operativo. Ora, se ci sono due settori nei quali sono decisivi i gradi e i ruoli, questi sono l'esercito e la diplomazia. Se a Kabul ci sono state riunione di coordinamento e di consultazione fra ambasciatori chi ha rappresentato l'Italia a quel livello, forse l'ambasciatore Sandalli col telefonino dalla Farnesina? Come si è visto anche dalle immagini il console Tommaso Claudi è uno straordinario operativo che agisce mettendo a rischio la sua vita, ma il ruolo dell'ambasciatore è un altro e non può essere surrogato da nessuno. Diciamo tutto ciò sapendo bene che fra livelli intermedi della Farnesina (i cui nomi non arrivano ai giornali), del ministero della Difesa ed dell'esercito è stato fatto un lavoro straordinario, ma ciò non toglie che alcuni interrogativi sono del tutto legittimi, anzi doverosi, infatti ci auguriamo che non rimangano bloccati in questa convulsa fase finale proprio una parte degli interpreti e dei coadiuvanti afghani che hanno lavorato per noi ad Herat."

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