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Immagine del redattoreCarpe Diem Macchioni Communications

Fabrizio Cicchitto a 'Il Tempo': Draghi resta meglio di Conte ma sul virus adesso sta sbagliando

L’estensione del super green pass ai luoghi di lavoro non doveva essere rimandata




Nessuno può dare lezioni a nessuno. Non può darle il Fatto, organo personale di Conte, perché nel 2020 mentre egli e Casalino si crogiolavano sulle «meraviglie del modello Italia» non si sono accorti che, anche grazie alle follie avvenute durante l’estate a settembre-ottobre era ripartita la seconda ondata che con più di ottantamila morti ha raddoppiato i decessi avvenuti nella prima ondata. Ma il motto emblematico di quella fase fu l’indimenticabile frase del professor Zangrillo: «il virus è clinicamente morto». Conte ha preso per la coda la seconda ondata solo a fine novembre quando essa era in atto già da due mesi. Di conseguenza Draghi non può essere messo sullo stesso piano di Conte. In primo luogo ha liberato l’Italia di due personaggi inquietanti come Arcuri e Vecchione. Con il generale Figliuolo ha gestito bene i vaccini e con il greenpass ha certamente guadagnato alcuni mesi di tempo. Poi a essere obiettivi fra novembre e dicembre del 2021 il governo ha cominciato a perdere qualche colpo, in primo luogo si è tardato a tradurre sul piano operativo il campanello di allarme suonato dagli scienziati a proposito del fatto che i primi due vaccini dopo 6 mesi diminuiscono la loro copertura per cui occorre passare alla terza vaccinazione e anche questa farla in modo generalizzato per tutti. In secondo luogo si è tardato a capire che la scuola è diventata la prima fonte di contagio, anche perché in precedenza né è stato aumentato il numero delle aule, né quelle esistenti sono state dotate di impianti di areazione. Da un certo momento in poi i ragazzi e i bambini sono stati contagiati con percentuali assai elevate ma anche per l’intervento di insigni virologi come Giorgia Meloni e come Matteo Salvini si è tardato a vaccinarli. Lo si è fatto solo per l’intervento dei pediatri. Sul tema però anche Draghi ci ha messo del suo, enfatizzando al massimo l’importanza della scuola in diretta, per cui, vistala situazione non sono state messe in atto due misure ragionevoli: il rinvio di due settimane per la ripresa dell’anno scolastico e la flessibilità nel praticare la Dad. Nel frattempo a complicare ulteriormente le cose è intervenuta la variante omicron. Ora, già in tutto questo periodo era stato pagato un prezzo altissimo alla sostanziale mediazione di fatto realizzata con i 6 milioni di no vax che comunque hanno svolto un ruolo molto negativo per ciò che riguarda la propaga zione in tutti gli ambienti del contagio. Non a caso una personalità al di sopra di ogni sospetto come il professor Garattini, sta sostenendo la tesi della obbligatorietà della vaccinazione. Dopo l’arrivo di Omicron il minimo che si sarebbe dovuto fare sarebbe dovuto essere quello di mettere in campo il super green pass allargato a tutto il mondo del lavoro. Era la richiesta del Presidente di Confindustria ma anche dei Presidenti della Lega delle Regioni del Nord. Invece è stato realizzato un singolare compromesso politico per cui quello che si poteva benissimo fare il 29 dicembre forse si farà il 5 gennaio. Perché é stato realizzato questo singolare compromesso? Non per esigenze sanitarie derivanti dalla pandemia, ma nel quadro della partita a scacchi che si sta svolgendo sulla presidenza della Repubblica, quindi tenendo anche conto di ciò che hanno affermato Salvini e la Meloni. Per parte sua Enrico Letta li sta ringraziando perché ciò gli consente di apparire come il più coerente sostenitore di quella vaccinazione che è una operazione condivisa dall’85% degli italiani. Tuttavia, per la fortuna del centrodestra c’è’ il fatto che le parole in libertà su questo tema di Salvini e della Meloni sono bilanciate dalle posizioni assunte da Berlusconi, Brunetta e Gelmini per Forza Italia, dai governatori Fedriga, Zaia, Fontana per la Lega, da Toti per la Liguria, da Cirio per il Piemonte.

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