Non dobbiamo perdere troppo tempo illudendoci di un rinvio delle elezioni perché se non accade daremo un vantaggio al centrodestra
«Chiedersi se ha senso fare le primarie è come dire “domani se ci sono 30 gradi, vado al mare”. Siamo a fine novembre, non ci sono 30 gradi, al mare non ci posso andare. E così è per le primarie: farle, semplicemente, non è possibile». Giacomo Portas, deputato di Italia Viva e leader dei Moderati lancia un messaggio al Pd a meno di una settimana dalla data entro la quale, in base al regolamento, si devono ufficializzare le candidature per le primarie del 7 febbraio 2021. Oggi alle 13 nel Pd riunione ristretta della segreteria provinciale. Il segretario Mimmo Carretta ha convocato la delegazione che domani sera vedrà i 13 partiti della coalizione di centrosinistra a cui sarà proposta una strada alternativa alle primarie anche se nessuno tira ancora una riga definitiva. E mentre i Radicali con Igor Boni non vedono di buon occhio la rinuncia, dal fronte civico, Mario Giaccone invita a non «discutere all’infinito di una cosa che i fatti ci dicono al momento non si può fare». Il passaggio comunque è stretto. Nel Pd le candidature già formalizzate sono almeno due, quella del capogruppo Stefano Lo Russo, e quella del consigliere Enzo Lavolta. E un pezzo del partito è pronto a sostenere il rettore del Politecnico Guido Saracco.
Portas, i Moderati sono il secondo partito della coalizione e il più longevo alleato del Pd, cosa pensa della rinuncia alle primarie?
«Le primarie sono uno strumento importante per fotografare la città e organizzare la coalizione, per questo un paio di mesi fa tutti nel centrosinistra le hanno approvate come strumento utile. Ma ora è inutile girarci intorno: in questo momento non si possono fare. E’ persino superfluo parlarne».
E’ questa la posizione che il suo partito porterà domani al vertice di coalizione?
«Noi diremo molto chiaramente che il Pd è il partito di maggioranza del centrosinistra e come tale deve prendersi la responsabilità di scegliere il candidato sindaco».
Ci sono già due candidati dem in corsa, però. Senza primarie come si sceglie?
«Due? Quelli sono gli ufficiali, poi ci sono quelli mimetizzati: Gianna Pentenero, Mauro Salizzoni, Luca Jahier che è civico ma sostenuto da una parte del partito, così come Guido Saracco. Sono tanti, ma questo è un problema che riguarda il Pd. Riuniscano la segreterie, le correnti, i caminetti, facciano sintesi e trovino un nome. Noi siamo pronti a sostenerlo, purché resti fermo il caposaldo che nessun accordo è possibile con i 5 stelle al primo turno. I moderati non hanno mai partecipato alle primarie, perché indicare il candidato sindaco spetta al primo partito e, dico di più, è importante farlo in fretta».
Porrete una scadenza?
«Non è il caso di fissare date, anche perché è possibile che le elezioni amministrative slittino a settembre, e in quel caso forse avrebbe senso immaginare le primarie, se le condizioni sanitarie lo consentiranno. Il fatto però è che lo slittamento, se ci sarà, sarà deciso a ridosso e, dopo la scelta del candidato serve un tempo tecnico per ricomporre le fratture di chi non è stato scelto, in modo che torni in squadra per remare nella stessa direzione».
Qual è il candidato migliore secondo lei?
«Lo Russo per alcune cose, Lavolta per altre, Jahier e Saracco per altre ancora. Torino avrà bisogno di un sindaco capace, perché si tratterà di risollevare la città dagli anni di amministrazione 5stelle e dagli strascichi lasciati dal Covid. Bar, ristoranti, locali e caffetterie, per fare un esempio, sono la più grande azienda della città, con 22 mila dipendenti. Sono chiusi da mesi e chiederanno risposte. Serve un disegno preciso».
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