Chi - DOPO IL SUCCESSO DEL PRIMO LIBRO-CONFESSIONE DELL’EX MAGISTRATO LUCA PALAMARA, ARRIVA NELLE LIBRERIE IL SECONDO CAPITOLO «CHE SVELA COME FACCENDIERI, SERVIZI SEGRETI DEVIATI E PENTITI DI MAFIA SI SIANO INFILTRATI TRA LE PIEGHE DEL SISTEMA INQUINANDO LE INCHIESTE PIÙ CLAMOROSE, DAL PROCESSO ENI AL CASO MORISI», SPIEGA IL DIRETTORE DI “LIBERO”
È passato un anno dall’uscita del libro in cui Luca Palamara, ex capo dell’Associazione nazionale magistrati ora radiato, ha rivelato l’esistenza del Sistema che regola la spartizione del potere all’interno della magistratura. Ma il fatto che dopo un anno non sia successo nulla secondo me è la prova che Palamara ha raccontato il vero, cioè che quel Sistema di cui lui è stato capo esiste tuttora anche senza di lui. Un sistema che dopo l’uscita del libro-confessione si è chiuso a riccio, un muro di gomma contro cui tutto è rimbalzato. I personaggi citati nel primo libro sono tutti esattamente al loro posto e hanno continuato a fare quello che facevano prima. Una denuncia del genere in qualsiasi altro ambito sociale, sia politico sia imprenditoriale, avrebbe provocato un terremoto devastante. Il fatto che invece non ci siano state conseguenze e soprattutto che non ci siano state smentite significa che Palamara l’ha raccontata giusta: il Sistema che guida e regola la magistratura italiana è il più potente di tutti». Così Alessandro Sallusti, direttore di Libero, commenta lo straordinario successo del suo libro Il sistema, intervista all’ex magistrato più potente d’Italia, Luca Palamara, divenuto il caso editoriale del 2021 con 270 mila copie vendute. A un anno di distanza è uscito il secondo capitolo, intitolato Lobby & Logge, che in una sola settimana è già balzato al secondo posto della classifica dei libri più venduti. Nel primo libro il lettore ha scoperto come funziona il sistema di correnti politiche interne che influenza l’azione e la vita stessa della magistratura. Questa volta Palamara svela qualcosa di più inquietante, ossia come dietro il Sistema, o meglio nelle sue pieghe, operino delle lobby o, addirittura, delle logge segrete. « Sì, il primo libro racconta come è fatto il Sistema che governa la magistratura. E spiega in che modo chi controlla la magistratura può arrivare a condizionare i processi, soprattutto quelli che hanno risvolti politici. Gli attori di quel sistema sono tutte persone che hanno un nome, una faccia, a volte una notorietà, ma soprattutto hanno un ruolo: appartengono all’ordina- mento giudiziario, all’ordinamento politico, all’informazione. Il loro è sì un lavoro dietro le quinte, ma su un palcoscenico che esiste. Il secondo libro invece rivela come questo Sistema sia inquinato da personaggi che invece non sono visibili, non hanno un ruolo o una funzione ufficiale. Nel libro viene definito il Dark Web della Giustizia. Il paragone nasce dal mondo di Internet: infatti come esiste un web che tutti noi frequentiamo e usiamo, ne esiste un altro sotterraneo, il cosiddetto Dark Web, che non è accessibile a tutti e dove accadono le peggiori cose. Allo stesso modo vediamo agenti segreti, faccendieri, pentiti di mafia che inquinano il sistema giustizia, ma a loro volta da questo vengono usati a orologeria per raggiungere determinati scopi» Nel nuovo libro si affrontano proprio casi dai risvolti inquietanti, come quello della presunta maxi tangente versata dall’Eni in Nigeria e quello di Luca Morisi, l’ex guru dei social della Lega, costretto alle dimissioni perché coinvolto a Ferragosto in un festino con escort e droga, ma successivamente prosciolto da ogni addebito. Il lato oscuro ha dunque inquinato tutte le inchieste più importanti degli ultimi anni? «Assolutamente sì. L’inchiesta sulle presunte mazzette per 850 milioni di euro pagate dai vertici Eni per ottenere concessioni petrolifere in Nigeria, partita dalle rivelazioni del faccendiere pluricondannato Piero Amara, ha tenuto in imbarazzo e in difficoltà il Paese per anni, (perché l’Eni non solo è la più importante società italiana visto che si occupa di petrolio e di energia, ma perché attraverso lei passa buona parte della nostra politica estera), per poi finire assolutamente nel nulla, visto che sono stati tutti prosciolti. Ma qui si parla anche di altre cose. Palamara sostiene che quello di Luca Morisi, il braccio destro di Salvini, sia un caso realmente accaduto come fatto, ma ingigantito nelle conseguenze non tanto dalla Procura della Repubblica, ma da qualcuno che lo aveva organizzato per colpire Salvini: che siano servizi segreti deviati o chissà chi. Quindi dall’Eni a Morisi, con tutto quello che c’è in mezzo, è chiaro che vi sono vicende giudiziarie influenzate da agenti esterni alla magistratura molto difficili da individuare» A un anno dall’uscita del caso Palamara siamo arrivati al punto, come dice Tancredi in Il gattopardo, dove «Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi»? «No, qui è peggio. Nel senso che per quanto riguarda la magistratura nulla è cambiato. Dal vecchio Sistema hanno solo sfilato Palamara, tutto il resto è rimasto uguale» Gli attori sono quindi sempre gli stessi, dal caso Berlusconi al caso Renzi fino a oggi ? «Sì, ci sono delle aggiunte, ma la formazione dei giocatori in campo, e probabilmente anche l’allenatore e lo schema di gioco, sono esattamente gli stessi». Cambierà qualcosa con la riforma Cartabia e con il referendum?
««Penso che non cambierà nulla perché abbiamo una classe politica troppo debole. Una fragilità che nasce dalla paura perché la loro unica fonte di reddito è stare lì dove sono. Quindi se alzano la voce e questo provoca la caduta del governo non vogliono rischiare di andare a casa. La riforma Cartabia va bene, ma interviene solo a valle del problema: certo bisogna accorciare i processi, rivedere il periodo di carcerazione preventiva, tutto vero e tutto bello, ma i guai stanno a monte. È come se hai un lavandino otturato con l’acqua che esce, ma continui ad asciugare il pavimento invece che sgorgare il lavandino. Finché non risolvi quel problema passerai la vita ad asciugare per terra. In questa metafora il lavandino è il Csm: finché non verrà riformato completamente non cambierà mai nulla. Ma è difficile anche perché esiste sempre quel Dark Web di cui abbiamo parlato pronto a fare saltare la pentola all’ultimo minuto tirando fuori qualcosa che giace sepolto da anni in qualche cassetto».
Ci sarà un terzo volume con Palamara?
«Onestamente spero di no, due bastano e avanzano (ride, ndr). Non sono così convinto di dovermi appiccicare questa etichetta di “esperto di giustizia”, cosa che peraltro non sono. Mi piacerebbe però trovare il modo di non perdere il filo di questo tipo di narrazione. Mi piacerebbe scrivere di un altro sistema o di qualcos’altro con lo stesso metodo. Ho capito che il racconto fatto con la voce di chi lo ha vissuto dall’interno rende nuove anche le cose che crediamo di conoscere bene»
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