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Immagine del redattoreCarpe Diem Macchioni Communications

Il web inquina da quarta nazione al mondo



Un miliardo e 850 milioni di tonnellate cubiche, 400 grammi per ogni utente, tanta è la CO2 prodotta ogni anno dal web.

Nella classifica delle emissioni mondiali elaborata dal Global Carbon Project, si posiziona come quarta nazione al mondo, dopo Cina Stati Uniti e India. Insomma, un Paese digitale, apolide, virtuale ma con ricadute realmente negative per il Pianeta Terra.

In Inghilterra hanno calcolato che, se si inviassero solo email veramente necessarie, sarebbe come togliere dalla strada 3.300 automobili diesel.

Per fornirci i servizi di cui ormai non possiamo più fare a meno, il Web ha bisogno di energia, di tantissima energia.

Secondo uno studio condotto dai ricercatori della Purdue University, della Yale University e del Massachusetts Institute of Technology (pubblicato sulla rivista Resources, Conservation and Recycling) solo un’ora di videoconferenza emette da 0,15 a 1 kg di CO2 (un litro di benzina produce circa 2,4 kg di CO2) e richiede da 2 a 12 litri di acqua.

Per compensare questo impatto, a ogni chiamata bisognerebbe coltivare una zolla di terra grande quanto un iPad con vegetazioni ad alto assorbimento di CO2. Se pensiamo che ogni giorno nel mondo si effettuano miliardi di chiamate, ecco che piccoli numeri diventano enormi cifre.

La crisi da Covid-19 con l’aumento esponenziale del ricorso al web (videoconferenze, smart working, didattica a distanza, videochiamate e via dicendo) - spiegano i ricercatori - ha sicuramente accelerato il processo di digitalizzazione con una trasformazione senza precedenti verso l’online, ma ha anche inciso negativamente sul clima neutralizzando in parte i benefici del calo record di emissioni globali di CO2.

La peculiarità dello studio della Purdue University sta nell’analisi, oltre che dei livelli di CO2, anche del consumo di acqua e di suolo imputabili al web. Per raffreddare i data center serve acqua così come suolo per ingrandire gli impianti esistenti o costruirne di nuovi.

Nel corso del 2020, a causa della pandemia da coronavirus, il traffico Internet è cresciuto del 20 per cento a livello mondiale ed è responsabile del 3.7 per cento delle emissioni di CO2 a livello globale.

Nel 2021, per compensare le emissioni prodotte dalla Rete, servirebbero 71.600 miglia quadrate di foreste e risorse idriche pari a 300.000 piscine olimpiche.

Secondo la Lancaster University, la tecnologia che ruota attorno alla Rete, ha lo stesso peso in termini di inquinamento ambientale del traffico aereo quando era a pieno regime tra il 2019 e gli inizi del 2020.

L’unico sistema amico dell’ambiente è l’sms. Infatti, ogni messaggio genera solo 0,014 grammi di CO2. Un tweet, invece, si stima abbia un’impronta di 0,2 grammi mentre l'invio di un messaggio tramite WhatsApp o Facebook Messenger produce una quantità di carbonio leggermente inferiore all'invio di una mail che è di 4 grammi. Parliamo di una media, perché molto dipende da quel che si invia: gif, emoji e immagini hanno un'impronta maggiore rispetto al testo. Se poi si allega una foto, si arriva a 50 grammi.

Viene da domandarsi: ci avevamo mai pensato?


di Elena Venditti


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