Antonio Ingroia, prima allievo di Borsellino e oggi noto per essere l’avvocato di Gina Lollobrigida, in un’intervista a Spraynews, non escludendo un suo ritorno in politica, dichiara come «non è stato mai comunista, ma ha semplicemente condiviso degli obiettivi e dei progetti con alcuni compagni di strada».
Ingroia difenderà Lollobrigida, un rapporto nato da Netflix. Ormai si candida a diventare il legale dei vip?
«Non è un’autocandidatura. Non sono stato io a cercare Gina Lollobrigida, ma il contrario. E’ un caso di gravissima ingiustizia e anche di limitazione della libertà di una donna prima ancora che di una grande artista, una star che ha portato alto con la sua carriera il nome dell’Italia nel mondo».
L’Italia doveva riservare un trattamento migliore a una star del suo calibro?
«Si sta rivelando una sorta di ingratitudine italica. Abbiamo una donna che il diritto di vivere da matura ormai, in pace e in serenità. Ha la fortuna di stare bene in salute e psichicamente in modo perfetto, contrariamente a quello che si vuole far credere e come dimostra il video che abbiamo girato insieme. E’ una donna lucida, una donna che a 94 anni dimostra anche un’energia, una voglia di combattere per difendere i suoi diritti. Non a caso è stata chiamata la bersagliera e quel piglio lo mantiene ancora adesso. L’Italia dovrebbe proteggerla e invece c’è perfino un documento giudiziario che le toglie il diritto di godere del patrimonio che si è costruita poco alla volta, rientrando tra coloro che si sono fatti da soli».
Meno scalpore, ma altrettanto importante è un altro caso relativo a una condanna a 18 anni per un imprenditore siciliano che da avvocato si sta occupando. Ci spieghi meglio?
«Come avvocato difendo cause in processi diversi. Quello di un imprenditore siciliano, accusato di essere complice della mafia, è un grave errore giudiziario perché è stata scambiata per complice una vittima della criminalità organizzata. La magistratura, però, a volte, sbaglia. E’ successo nel caso della Lollobrigida, come in quello di quest’altro mio cliente e per fortuna c’è l’appello, esiste la possibilità di recuperare gli errori giudiziari».
Tra le tante vite quale preferisce: quella da procuratore, da politico o da avvocato di personalità che rappresentano l’Italia nel mondo?
«Non rinnego nulla. Non saprei fare una scelta. Sono molto orgoglioso della mia carriera da magistrato e aver avuto l’onore e il privilegio di aver lavorato fianco a fianco con i miei maestri Falcone e Borsellino, di avere portato avanti con grande successo processi e indagini che hanno fatto un po' la storia giudiziaria degli ultimi venti anni. Avevo bisogno diciamo di voltare un po' pagina. La passione della politica c’è e rimane, anche se la politica di quest’epoca non è ai livelli di quella della stagione in cui ha vissuto Lollobrigida».
Ha mai ipotizzato un ritorno in politica?
«Mi occupo ancora di politica con il movimento Azione Civile che si occupa sempre degli stessi temi, legalità, giustizia e difesa dei diritti dei più deboli. Oggi mi dedico prevalentemente alla mia attività di avvocato e di professionista. Lo faccio con grande passione, sempre in difesa della giustizia, dei diritti e della libertà. Il caso della Lollobrigida, pur considerando la sua grande notorietà, purtroppo, non è il solo. Stiamo parlando di un fenomeno sempre più comune tra le persone avanti con l’età, che pur essendo meno popolari e famose, vivono situazioni simili a quella della star perché per iniziativa di questo o di quel familiare, che pensa a tutelare il patrimonio per un suo futuro, gli anziani si trovano derubati del presente e dell’avvenire nei loro anni più difficili, mentre invece avrebbero il diritto a vivere in serenità».
Da come si muove negli ultimi tempi, ha lasciato trapelare in un certo senso un allontanamento da quella sinistra di cui è stato leader. Che idea si è fatto della destra attuale, quella di Salvini e Meloni?
Da come parla, quindi, non è più comunista come una volta?
«La verità, perché c’è sempre stato un equivoco di fondo, è che non sono mai stato comunista. Ho avuto soltanto dei compagni di strada con i quali ho condiviso degli obiettivi e dei progetti, ma ripeto non sono stato mai comunista, né tantomeno lo sarei ora».
Di Edoardo Sirignano
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