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Intervista Esclusiva SprayNews.it a Bobo Craxi, politico socialista

“Stefania dovrà essere una Presidente super partes, ma il suo partito è filo Putin”




Bobo Craxi, oggi lei presenta un libro, scritto a quattro mani con Fulvio Abbate, dal titolo evocativo “GAUCHE CAVIAR”…


E’ un dialogo nato per scherzo fra me e Fulvio Abbate, diventato prima una rubrica scanzonata su YouTube ed ora un libro. Un dialogo, che era volutamente di nicchia, di cui sostanzialmente non doveva accorgersi nessuno. I dialoghi sono surreali e ruotano intorno a un possibile punto di incontro fra due persone di area socialista, comunista, libertaria e anarchica. Un incontro fra virgolette intellettuale e culturale, ma soprattutto divertito.


Perché “GAUCHE CAVIAR”?


E’ il nome storico della rubrica, da cui il libro deriva. La sintesi estrema delle incongruenze di un certo insopportabile modo di sentirsi di sinistra, sopravvissuto alla caduta di tutti i muri. Noi non parliamo da una cattedra, che non avrebbe senso. Il secolo biologico è finito. Le idee, in cui avevamo creduto, sono foglie morte e per rigenerarsi hanno bisogno di una catarsi, che può partire solo da dalla capacità di sapere ironizzare su noi stessi. Non a caso, il sottotitolo del libro è “Come salvare il socialismo con l’ironia”. Nel mio caso, puoi ripetere all’infinito, come per trenta anni abbiamo fatto, l’invettiva sul destino cinico e baro, ma la verità è che le esperienze della sinistra storica sono, per ragioni diverse, tutte finite e non c’è stato nessun cinico e baro che le ha fatte finire. Così è andata. Punto. Il comunismo è finito in una immane tragedia e anche per noi non è andata tanto bene. Nel libro c’è una parte biografica, certamente più mia che sua. Alla fine della fiera, Fulvio e io avvertiamo la stessa esigenza di costruire una capanna, dove possano sopravvivere le idee del socialismo. Questa capanna, e non poteva essere altrimenti, noi l’apriamo in Tunisia.


Nel vostro libro accennate anche alla tragedia ucraina…


Più che un accenno, c’è un capitolo intero, che parte da una circostanza anagrafica. Fulvio è nato dopo l’insurrezione ungherese del 1956 ed era molto piccolo, quando, nel 1968, le truppe sovietiche invasero la Cecoslovacchia ponendo bruscamente fine alla Primavera di Praga. Io, dice Fulvio, la rottura con il comunismo reale non l’ho mai fatta e, quando ho visto quello che avveniva in Ucraina, il primo impulso è stato l’avversione ai carri armati. Per lui l’offensiva russa del 2022 non è diversa da quelle del 1956 e del 1968 e anche io penso che un po’ si somiglino.


A proposito dell’aggressione russa all’Ucraina, sua sorella Stefania è stata appena eletta presidente della Commissione Esteri del Senato, in sostituzione del pentastellato Vito Petrocelli, che aveva postato la Z, sinistro simbolo dell’invasione russa…


Stefania è stata nominata Presidente della Commissione Esteri del Senato, dopo la ribellione contro il Presidente precedente, che aveva pensato bene di celebrare la Z di Putin. Lei è stata scelta come un punto di equilibrio, sicuramente estranea al fanatismo delle brigate russe. Però, c’è un problema…


Quale sarebbe questo problema?


Sono sicuro che Stefania sarà una Presidente di Commissione equilibrata e capace, ma il problema è che la sua parte politica è occupata in maggioranza da un’area, che è filo Putin. C’è una contraddizione evidente. Lei, quindi, dovrà, essere, e sarà, più donna delle istituzioni che donna di Forza Italia, perché purtroppo Forza Italia e la Lega sono i partiti putinisti di questo Paese.


Tornando più specificamente alla politica di casa nostra, il 12 giugno saremo chiamati a votare sui referendum sulla giustizia…


Vedo che non ne parla nessuno. Evidentemente i referendum sulla giustizia fanno molto paura ai magistrati.


A proposito di referendum, Matteo Renzi ne vuole indire uno per abolire il reddito di cittadinanza…


Quella di Renzi è una sciocchezza sesquipedale. Stiamo parlando di una legge, che può essere tranquillamente corretta, senza ricorrere a un referendum. La sua è una scelta reazionaria e politicamente grave.


di Antonello Sette

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