“L’Afghanistan è l’occasione per la Ue di affermare l’autorità morale sui diritti umani”
Emanuela Del Re, innanzi tutto complimenti per la nuova prestigiosa carica di Rappresentante Speciale della Unione Europea per il Sahel. So che si è appena insediata…
In realtà, sono entrata in carica a luglio, ma la mia prima missione in una capitale europea si è appena conclusa. Rappresento ventisette Stati. Ho cominciato da Madrid e dalla Spagna, che è un Paese particolarmente attivo nel Sahel. Un attore molto attento, che in quella regione ha portato avanti alcuni progetti importanti, anche con una partnership italiana. Ho avuto un proficuo scambio di opinioni con le massime cariche dello Stato, con membri autorevoli del Parlamento e anche naturalmente con rappresentanti della società civile
Passiamo, come è doveroso, all’Afghanistan.
Il nuovo governo talebano ha, come primo ministro il mullah Mohammad Hasan Akhund, che figura nella lista Onu dei terroristi o loro associati. Non bastasse, il nuovo ministro dell’Interno è Sirajuddin Haqqani, affiliato ad Al Qaida e ricercato dall’Fbi per terrorismo con una taglia di cinque milioni di dollari. Secondo lei, si può dialogare e trattare con questi signori?
Il discorso del dialogo va analizzato con attenzione. Il dialogo non implica automaticamente un riconoscimento o una legittimazione. Nel caso dei talebani, quanto è accaduto ha ferito l’opinione pubblica mondiale, ma questo non significa che non possono essere portati aiuti umanitari né esclude la presenza in loco di organizzazioni della società civile che possono prestare soccorso e fare da punti di riferimento in una situazione comprensibilmente molto delicata. Il dialogo, inteso come forma di organizzazione con delle finalità ben precise, è assolutamente comprensibile. Altro è, evidentemente, la legittimazione. Io credo che dovremo aspettare per capire meglio che cosa sta accadendo. Per quanto direttamente mi riguarda, quale Rappresentante Speciale della UE per il Sahel, anche in Spagna abbiamo parlato molto dell’Afghanistan, perché i gruppi terroristici attivi nel Sahel, che hanno provocato un record di vittime molto doloroso e sono il primo ostacolo allo sviluppo di quella regione martoriata, hanno visto il successo dei talebani come una fonte di ispirazione. Anche su questo dovremo lavorare, ma non dobbiamo farci monopolizzare e, in qualche modo, distrarre dalla questione del terrorismo. Dobbiamo rimanere concentrati sulle cose positive in direzione dello sviluppo, che si possono e si devono fare.
Io credo che l’Unione Europea abbia in questo momento un’occasione storica. La questione dei rifugiati continua a essere inquadrata da alcuni nell’ambito di una visione fortemente ideologica. E’ un errore, che non ci fa stare al passo con gli eventi e con l’evoluzione della società. Io credo che in questo momento, e fortunatamente gli appelli in questo senso sono venuti da tante parti, l’Unione Europea possa cogliere l’opportunità per farsi portatrice di un nuovo modello di reazione rispetto a questi fenomeni che, peraltro, nel caso dell’Afghanistan, ovviamente hanno un origine ben precisa e sono conseguentemente comprensibili. Ci vogliono da parte degli Stati membri dell’Unione Europea una consapevolezza e una responsabilità reciproche. Una collaborazione che va costruita, non solo reagendo all’urgenza e all’emergenza, con, quindi, la frenesia di dover dare una risposta immediata e temporanea, ma lavorando su un nuovo modello complessivo. Spero davvero che questo accada, con anche una presa in carico a livello globale da parte di altri Stati, come, ad esempio, il Pakistan per quanto attiene all’Afghanistan. Per l’Unione Europea è veramente una grande occasione. Anche per ribadire che la Ue è comunque la grande autorità morale per le questioni dei diritti umani e, in quanto tale, non può non farsene carico.
di Antonello Sette
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