“Sole e vento non costano. Grazie alle rinnovabili in Danimarca niente caro bollette”
Pecoraro Scanio, venti di guerra fra Russia e Ucraina. Il gas diventa un tesoro e i benpensanti nostrani rimettono in discussione la transizione ecologica, auspicando trivellamenti sparsi, dal Tirreno all’Adriatico…
Sapere che il vento e il sole sono gratuiti non fa piacere a tutti coloro che lavorano nel mondo delle lobby. Una cosa vera l’ha detta in modo chiaro l’amministratore delegato di Enel, che tutto è meno che un’associazione ambientalista: “Con le rinnovabili il costo dell’energia scenderà perché non si dovrà pagare la materia prima”. L’affermazione di Francesca Starace fa enormemente piacere a chi crede nella transizione ecologica e non ha interessi diretti, perché non possiede giacimenti di petrolio e di gas. Chi li possiede, invece, vorrebbe usarli fino a quando il sistema climatico del pianeta non collasserà.
Un ragionamento condivisibile il suo, ma che trascura l’angosciosa contingenza dei venti di guerra…
La possibile guerra entra in gioco, perché vede protagonisti i padroni del gas. I venti di guerra si stanno già scaricando sull’aumento del costo del gas. Bisognerebbe, io credo, attivarsi i modo più energico per evitare la guerra, naturalmente a prescindere dall’aumento del gas, perché la guerra è una cosa di per se orribile, che provoca migliaia di morti. Non dobbiamo cinicamente scongiurare la guerra solo perché ci è aumentata la bolletta. Aggiungo che, mai come in questo momento, bisognerebbe ricordare una cosa antica e moderna. Nel 2011 le Nazioni Unite hanno previsto la sospensione dei conflitti durante le Olimpiadi estive e invernali. Essendo, quindi, in pieno svolgimento i Giochi di Pechino, si dovrebbe rispettare la tregua olimpica almeno sino al 20 marzo. Una tregua, che già osservavano le antiche città greche, anche nel pieno delle guerre. E’ una battaglia, che io già avevo intrapreso alcuni anni fa e che ieri Beppe Grillo ha rilanciato sul suo blog. Premesso tutto questo, strumentalizzare la guerra per fare gli interessi delle solite lobby del gas e del nucleare, è veramente indegno, specie se si considera che l’Italia, grazie agli interventi sulle rinnovabili, è stato il Paese che ha registrato le migliori performance per la produzione di energia dal sole e che abbiamo molte altre possibilità anche con l’idroelettrico, con il vento e con la geotermia sostenibile. Utilizzare le rinnovabili significa fare niente altro che l’interesse nazionale.
Investire il futuro, prossimo e a lungo termine, sulle rinnovabili sarebbe una scelta solo italiana?
Assolutamente no. La Danimarca, ad esempio, non ha un problema di caro bollette, perché ha investito senza tentennamenti sull’eolico. Anche la Scozia sta diventando energeticamente indipendente, perché ha deciso di fare impianti offshore al largo delle sue coste. Ci sono, quindi, Paesi virtuosi che si preoccupano dell’interesse nazionale. L’interesse nazionale italiano, lo ripeto chiaro e forte, è fare le rinnovabili, perché il nostro Paese non ha sostanzialmente una sa dote di gas. Persino Nomisma, che non è certo un’associazione ambientalista, scrive che l’intervento sul gas italiano non avrà nessun effetto utile. Ci vorrebbe molto tempo e le riserve di gas sono minime rispetto al fabbisogno italiano. Se tu ti metti a trivellare, il costo della trivellazione e il tempo che occorre rischiano di diventare un boomerang se, come è probabile, nel frattempo il costo globale del gas è ridisceso. A quel punto avresti fatto solo un gravissimo danno ambientale. Trivellare, soprattutto, in Adriatico è una sciagura perché comporta, come conseguenza diretta, il fenomeno della subsidenza. Togli togli e il livello cala. Ravenna e altre città sono già scendendo.
Concludendo, lei che cosa suggerisce?
Suggerisco che, anziché regalare soldi alle grandi aziende, si regalino pannelli solari alle famiglie meno abbienti e alle piccole imprese, visto che un impianto da tre kilowatt costa una tantum duemila e cinquecento euro e permette un risparmio fino al settanta per cento del consumo elettrico.
di Antonello Sette
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