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Immagine del redattoreCarpe Diem Macchioni Communications

La Siae dopo Blandini



Cosa rimarrà della Siae dopo l’uscita di Blandini?

E’ più facile sintetizzare con la parola “nulla”, perché il desertificatore preferito di Gianni Letta, dopo aver ceduto, quando era amministratore unico di Cinecittà, il circuito Mediaport al Viperetta e gli studi di Cinecittà ad Abete, è passato a desertificare SIAE, società storica una volta titolare di un enorme patrimonio immobiliare, poi ente economico, dispensatrice di pensioni. Oggi la Siae è priva di patrimonio immobiliare, non è più ente economico, non più dispensatrice di pensione, e forse è sotto indagine della Corte dei Conti.

Una vera rivoluzione che oltretutto avviene in un periodo storico nel quale le spinte alla liberalizzazione della tutela autorale sono forti in tutta Europa, mentre in Italia il fortino Siae viene tutelato oltre misura.

Blandini si è dimesso nel silenzio tombale di una stampa ormai priva di autonomia e capace solo di sostenere interessi personali, mentre nel sottobosco del Ministero della Cultura fioriscono i nomi dei personaggi destinati a sostituirlo, ma che devono essere non solo mansueti e addomesticati, ma ben contenti di ricevere uno stipendio principesco. Tra questi primeggia una signora che si è occupata di sport e di calcio in una piattaforma circondata da molti interrogativi.

Nell’attimo oscurato della transizione, Blandini compie il suo ennesimo salto in un altro campo di gestione lettiana che è il calcio burocratico, dove ancora girano soldi, dove albergano misteri e ammortamenti fantasiosi, e servono uomini di fede certificata.

Per questo Blandini è imbattibile, sa cos’è il potere amministrativo, lo sa gestire, sa cos’è la politica, sa rispettare il mandato ricevuto, sa che il Suo riferimento unico è Nastasi, sa abusare della discrezionalità e detesta i poveracci.

Andrebbe tutto coerentemente con le logiche di questo paese, se poi, alla fine, di queste strutture non rimanessero solamente rovine fumanti con morti e feriti.

Ne è un esempio Itsart, la Netflix culturale italiana secondo Franceschini (che di Netflix ha un’immagine diversa da quella della Guardia di Finanza) che ha perso in un anno quasi otto milioni di euro, finiti non si sa dove, e che anch’essa, come Siae, cerca un altro amministratore cui lasciare il cerino in mano.

Ma gli esempi negativi non mancano, a giudicare dai risultati, perché anni di incapacità gestionale, in campo largo, hanno talmente condizionato tutte le strutture da rendere impossibile, anche singolarmente, un regolare funzionamento del sistema.

Blandini se ne va, e questo è un inequivocabile segno che la barca fa acqua: quando il secchiello per raccoglierla non sarà più sufficiente, e comincerà ad inclinarsi, Blandini non ci sarà più e starà comodamente all’asciutto ad occuparsi di sport.


di Michele Lo Foco

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