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LUCA PALAMARA - A DARKSIDE: STORIA SEGRETA D’ITALIA




In questa vicenda che la vede protagonista, grande risalto è stato dato, alla ormai famosa cena dell’hotel Champagne di Roma, che si è tenuta l’8 Maggio 2019 alla presenza, tra gli altri del giudice Cosimo Ferri, esponente illustre di magistratura indipendente all’epoca deputato del pd prima di passare a italia viva, e del deputato ex ministro sempre del pd Luca Lotti. Questa cena è stata intercettata dal #trojan inoculato per ordine della Procura di Perugia sul suo cellulare. Il giorno successivo a questa cena ormai molto nota, il 9 Maggio del 2019 avviene un fatto un strano, durante una cena presso il ristorante dei parioli “mamma angelina” con Giuseppe Pignatone, capo uscente della Procura di Roma, il trojan fa cilecca, o almeno questo è quello che si è pensato fino al 9 Marzo di quest’anno, quando su ‘Il Riformista’, esce una notizia che, invece stando alle indagini fatte da Cosimo Ferri, attraverso dei suoi tecnici altamente specializzati queste #intercettazioni ci sarebbero state, ma le trascrizioni non sarebbero in possesso della procura di Perugia e, non si sa chi le abbia in custodia. Lei come si spiega questa vicenda?


“La cena dell’hotel champagne a cui voi avete fatto riferimento non è nulla di più nulla di meno di quello che sei mesi prima venne fatto in occasione della nomina del Vicepresidente del #Csm, l’attuale Vicepresidente del Csm, che regolarmente siede al suo posto, solo che in quel caso la cena poteva essere fatta, nel caso dell’hotel champagne viceversa desta scandalo. Io sono stato e sono, mi sento pubblico ministero, come i tanti pubblici ministeri che svolgono le indagini, normalmente quando si tratta di disporre un’intercettazione ci si occupa della fase cosiddetta normativa, cioè, il pubblico ministero chiede al gip un’intercettazione, salvo i casi urgenti, ma non si occupa degli aspetti tecnici. Gli aspetti tecnici del trojan che mi hanno riguardato, stanno evidenziando quelle che per la nostra difesa sono delle anomalie, una fra tutte la diversità di situazione che si è verificata tra il trojan dell’8 Maggio rispetto alla serata del 9 Maggio. Nel caso dell’hotel champagne ha funzionato, nel caso della cena a cui voi avete fatto riferimento, quella presso il ristorante “mamma angelina” in occasione del pensionamento del Dottor Pigantone viceversa il trojan non ha funzionato. Ci sono dei tecnici che stanno cercando di capire il perché questo è accaduto, ci sono i difensori, io su questi temi penso che ci sarà molto da dire, ma ci sarà molto da dire nelle sedi competenti, rispetto alle quali però io penso che è mio dovere anche nell’interesse dei cittadini, proprio perché il trojan è stato presentato come uno strumento molto importante per la lotta alla corruzione, capire quello che è accaduto. Se il trojan deve essere uno strumento per prevenire i reati, dobbiamo capire tutti come funziona, quanto funziona e in quali condizioni funziona, non possiamo permetterci in uno Stato di Diritto un trojan che funziona ad intermittenza, perché se noi legittimassimo questo, e questo lo dico non con riferimento ai pubblici ministeri, perché ripeto un pubblico ministero qualunque esso sia non segue necessariamente e sempre la parte tecnica, avremmo una giustizia che funziona in maniera intermittente, invece la giustizia deve funzionare in maniera uguale per tutti, e su questo io spero e sono convinto che i nostri accertamenti, come quelli della stessa Procura della Repubblica, di Perugia, di Firenze, sapranno realmente far comprendere quello che è accaduto e del perché il trojan ha fotografato solo una scena, quella dell’hotel champagne e non ha fotografato altre scene che altrimenti sarebbero potute essere molto importanti.”


Quindi se queste trascrizioni esistessero, sarebbe davvero una cosa molto strana il fatto che non siano depositate alla Procura…


“Guardi, io non so se queste trascrizioni esistano o meno, so per certo che però, perché questo risulta dalle carte, la registrazione del 9 Maggio, venne ascoltata solo 4 giorni dopo, il 13 Maggio. Questo risulta dalle carte, e penso sia un dato molto importante perché nessuno poteva sapere che il 9 Maggio si sarebbe tenuta una cena e che quella cena non doveva entrare nel perimetro degli ascolti della guardia di finanza.”


Io parto dalla annotazione di un libro del collega Edoardo Montolli, un libro che si chiama “Il caso Genchi” dedicato alla storia del consulte tecnico, il famoso consulente tecnico. In questo libro si parla molto di un magistrato che si chiama Giuseppe Cascini, del quale anche lei scrive nel suo libro, e in particolare a Gennaio, 27 magistrati, hanno stilato un documento molto duro, nel quale vengono chieste le dimissioni di Cascini dal Csm, se non fosse stato in grado di smentire quello che lei scriveva, tra i firmatari di questo documenti ci sono Clementina Forleo e Gabriella Nuzzi, che richiamano la vicenda di Luigi De Magistris sindaco di Napoli ed ex magistrato, e la famosa inchiesta “Why Not”. Le vorrei chiedere del rapporto di cui lei parla nel libro, il lungo rapporto con Cascini, dall’epoca del caso De Magistris proprio fino a prima della sua vicenda personale…


“Giuseppe #Cascini è stato una persona con la quale ho condiviso i momenti più importanti della mia vita politico-associativa, oltre che lavorativa, perché entrambi abbiamo svolto per tanti anni le funzioni di pubblico ministero alla Procura di Roma. Penso di aver vissuto con Giuseppe Cascini la fase direi più importante, per quanto mi riguarda, della cosiddetta contrapposizione tra politica e magistratura, io ero Presidente, lui era segretario dell’Anm e insieme abbiamo “applicato” quello che era l’accordo tra due correnti molto importanti della magistratura, quella di UNICOST e quella di MAGISTRATURA DI AREA. Giuseppe Cascini tra l’altro è stato uno dei magistrati titolari del procedimento che poi ha portato all’arresto dello stesso Centofanti dell’avvocato Amara, dell’avvocato Calafiore che per gli strani scherzi del destino ha intersecato tutte le vicende che mi hanno riguardato. Devo essere sincero, ho difficoltà nel comprendere le ragioni per cui all’interno del Csm, oggi non vengono realmente spiegati i meccanismi che presiedono alle nomine degli incarichi direttivi e semi-direttivi. Io penso che necessariamente non debba essere solo la mia persona quella destinata o deputata a spiegare come ha funzionato il meccanismo delle nomine, in virtù di un’operazione che tende da un lato a screditare la mia figura, dall’altro a ridimensionare il racconto che faccio. Tutti coloro che siedono oggi al Csm, a iniziare proprio da Giuseppe Cascini, conoscono bene come sono avvenuti gli accordi, come sono avvenuti anche gli accordi con la politica e, come sono avvenuti anche gli accordi che hanno portato la nomina del Vicepresidente Ermini e come sono avvenuti gli accordi per il Csm, limitare ciò solo ed esclusivamente alle persone che sulle chat hanno interloquito con il sottoscritto, a mio avviso è un’operazione che non consente di comprendere il reale meccanismo di funzionamento interno delle nomine, questo è uno dei motivi per il quali poi, insieme al Direttore Sallusti, mi sono determinato a raccontare nell’interesse dei tanti magistrati che me lo hanno chiesto, non ultimi appunto quello dei 67 firmatari della lettera che avete menzionato, ma anche dei tanti cittadini italiani come ha funzionato il meccanismo interno alle nomine, non ultima quella che ha riguardato lo stesso Dottor Giuseppe Cascini.


Lei Dottor Palamara ha rievocato dei nomi che entrano appunto nella vicenda, Fabrizio Centofanti, Giuseppe Calafiore e Piero Amara. Innanzitutto una parentesi, i nostri complimenti perché il suo libro sta sbancando veramente le classifiche e sicuramente questo è sintomo di grande interesse, io credo che probabilmente la magistratura non sia mai così all’attenzione dell’opinione pubblica come in questa occasione, sicuramente è emblematico. Io sono veramente contento di aver partecipato lavorativamente parlando a un altro libro molto importante che tratta sempre dell’argomento, il libro del collega Antonio Massari,”Magistropoli” , dove invece c’è un focus molto approfondito sulle 3 figure che lei ha nominato, questo giusto per far capire a chi ci ascolta che appunto come dice lei si intersecano queste storie, sono delle storie veramente molto complicate a cui non possiamo dedicare molto spazio, quindi invitiamo a chi fosse interessato ad approfondire di leggere il libro.

“Però su questo io non ho mai voluto parlare perché sono vicende che riguardano il mio processo a Perugia, però ci tengo a dirlo con molta tranquillità, io Fabrizio Centofanti lo conosco in ambito familiare dal 2007 l’avvocato Calafiore non l’ho mai incontrato in vita mia, nemmeno una volta, l’avvocato Amara l’ho visto solo una volta casualmente ad un compleanno di Centofanti. Questi sono i miei rapporti con queste persone, e questo è il motivo per il quale ovviamente io mi batto e mi continuerò a battere affinché esca fuori tutta la verità che ha riguardato la mia storia, la nomina del Procuratore di Roma, la nomina di tutti gli uffici più importanti d’Italia, altrimenti mi creda, e ve lo dico in maniera molto tranquilla e serena, proprio perché capisco lo spirito di questa trasmissione, non avrei ne scritto un libro, ne mi sarei determinato, direi quasi quotidianamente a raccontare ai giornali alle televisioni la mia storia. Se avessi avuto qualcosa da nascondere non mi sarei esposto, siccome non ho nulla da nascondere, mi espongo. “

Voglio tornare a un'altra figura che lei a citato prima, che riguarda la questione del trojan, e cioè l’ex Procuratore Pignatone. Dopo l’addio di Pagnatone e dopo che il libro e la sua vicenda hanno fatto esplodere un po’ il caso, oggi in che situazione versa la Procura di Roma?

“Oggi, come dire, non sono l’interlocutore più adatto per dire in che situazione versa la Procura di Roma, io posso dire che unitamente al Dottor #Pignatone mi sento di aver contribuito alla realizzazione dell’attuale assetto della Procura di Roma, seguendo le indicazioni che mi provenivano all’interno dell’ufficio, dal Dottor Pignatone al Dottor Cascini, alle figure più importanti che caratterizzavano quell’ufficio, proprio perché c’era una sorta di gioco di squadra, di sponda tra l’attività della Procura di Roma e il Csm, e siccome io mi sono sempre mosso e sono stato animato da un intento di affermare i principi della giustizia giusta e soprattutto di dare al mio ufficio, perchè ritengo che nella mia esperienza venticinquennale di magistrato la Procura di Roma sia il mio ufficio, non trascurando ovviamente l’importante esperienza, importante e fondamentale esperienza che io ho svolto presso l’ufficio della Procura di Reggio Calabria, che come racconto nel libro rappresenta gli arbori della mia esperienza, però Roma sicuramente è l’ufficio che ha caratterizzato la mia esperienza professionale sia dal punto di vista investigativo che dal punto di vista della politica associativa e quindi mi sento di aver contribuito a dare alla Procura di Roma ad esempio quelli che sono la quasi totalità degli attuali aggiunti, che secondo le richieste del procuratore corrispondevano alle esigenze funzionali in quel momento dell’ufficio. Oggi, come dire, i fatti e le vicende che mi hanno riguardato in qualche modo mi hanno, mi auguro momentaneamente allontanato da quell’ufficio che però sento e continuerò a sentire sempre mio, anche per i tanti rapporti umani che io ho stabilito non solo con i magistrati, pubblici ministeri e giudici, ma soprattutto con i cancellieri, con il personale amministrativo con i viceprocuratori onorari, che non vorrei si dimenticasse sono quelli i quali mandano avanti la macchina della giustizia, perché senza i procuratori onorari che oggi stanno affrontando una difficile sfida, vi assicuro che l’ufficio di Piazzale Clodio, resterebbe paralizzato. Sicuramente avverto questo, lo dico come molta nettezza che c’è da parte di tanti la volontà oggi di capire come sono andate veramente le cose. La verità iniziale che alcuni giornali avevano provato a propinare “corruzione al Csm” “40 mila euro presi per una nomina alla Procura di Gela” che non è neanche mai avvenuta, oggi non convince più nessuno, e questo è il motivo per cui mi sento in dovere di dover spiegare tutto.”


E la questione dei 40 mila euro, giusto per ricollegare i fili, è quello che lega la sua vicenda a quella del magistrato di Siracusa Longo?


“Esatto è quella che determina l’inserimento del trojan, solo che il trojan non scopre la corruzione, ma scopre, come ripeto un accordo…”


Tra l’altro se non sbaglio l’attivazione del trojan viene disposta anche per Calafiore e per Longo se non sbaglio, però a loro non si attiva…


“A loro non parte mai e il trojan non scopre la corruzione ma scopre gli accordi per la nomina di Marcello Viola che era totalmente ignaro, come spesso, come sempre avviene per le nomine di quello che stava accadendo.”


Chi ci sta ascoltando penso che tutti siano informati delle polemiche riguardo il viaggio compiuto da Matteo Renzi in Arabia Saudita dal principe che è stato indicato dalla cia come il mandante dell’omicidio del giornalista Khashoggi. Proprio a riguardo di questa sua trasferta l’ex magistrato Nello Rossi ha dichiarato alla stampa che intorno a Renzi andrebbe fatto un cordone sanitario. Ovviamente Matteo Renzi il 2 marzo replica con una dichiarazione rilasciata a ‘Il Giornale’ che suona un po' come un avvertimento, chiedendo a Rossi se nella sua carriera è mai venuto in contatto con il cosiddetto “sistema Palamara”. La domanda è, perché secondo lei Renzi ha fatto questo riferimento? Va di moda in questo periodo parlare del sistema palamara o è stato un messaggio? E se è stato un messaggio rivolto a chi?


“Questo ovviamente non posso essere io a sapere a chi si riferisse il Senatore #Renzi quando ha usato questa espressione, io posso dire che Nello Rossi è stato per tanti anni il mio procuratore aggiunto, chi conosce Nello Rossi sa che è una persona dal punto di vista intellettuale di notevole spessore, è stato un riferimento per tanti esponenti di MAGISTRATURA DEMOCRATICA all’interno della magistratura. Io penso che queste dichiarazioni di Nello Rossi, di cui avete fatto riferimento, siano un po' la fotografia del racconto che io ho fatto nel libro. E’ inutile negare che esista all’interno della magistratura una parte fortemente ideologizzata e politicamente caratterizzata. Io penso che non c’è nulla di male e non c’è nulla di offensivo nelle mie parole ma è solo un modo di fotografare la realtà, sarebbe che gli stessi interessati, tranquillamente lo ammettessero, se io avessi espresso un giudizio del genere su un esponente del centro-destra o del centro-sinistra, sicuramente avrei avuto degli stragli all’interno della magistratura per le parole che ho detto, ma per quanto mi riguarda le parole di Nello Rossi, non sono nulla di più nulla di meno di quella che io ad esempio descrivo nel libro quando il mio collega Piergiorgio Morosini, all’epoca consigliere del Csm, disse alla giornalista Annalisa Chirico, a proposito del referendum del 2016 e degli epiteti che lui riservò agli allora esponenti della maggioranza governativa appunto renziani e partito democratico che evidenziamo come all’interno della magistratura ci sia una parte che sia fortemente portata a voler anche dire la sua nell’abito del campo politico, questo esiste. Detto questo, non penso debba essere io a raccontare il ruolo e la figura di Nello Rossi all’interno delle correnti e all’interno di magistratura democratica, sarebbe più bello, prendendo spunto dalle recenti parole che #NelloRossi ha utilizzato anche con riferimento alla mia recente audizione presso la prima commissione del Csm. Come avviene la carriera all’interno della magistratura e delle correnti, lo invito a descrivere quella che è stata la sua carriera se c’è stato più o meno bisogno dell’appoggio delle correnti se c’è stato bisogno dell’appoggio della corrente laica come sono avvenuti i suoi passaggi interni alla magistratura, io penso che questo renderebbe molto di più proficuo un momento di riflessione sull’attualità del sistema correntizio all’interno della magistratura, è ovvio che se non viene fatto dalle parti poi tocca a me descriverlo e raccontarlo non contro qualcuno, ma per descrivere come sono realmente andati i fatti. Sarebbe giusto un confronto interno e decidere se questo meccanismo è attuale o se fare una riflessione.”


Conflitto di poteri emerso tra #magistratura e #politica se ci può fare una panoramica attuale e i possibili sviluppi alla luce di quello che è stato un terremoto che ha sconquassato la magistratura.


“Io penso che su questo bisogna essere molto chiari, nel 1948 i nostri costituenti, vollero una magistratura indipendente, autonoma, in un certo qual modo dissero ai magistrati, “gestitevela da soli”. Nel Csm venne previsto che accanto ai magistrati, ci fosse anche una componente laica eletta dal Parlamento. Come si sono organizzati i magistrati per esercitare questo potere all’interno della magistratura? Associandosi, creando dei gruppi associativi. La magistratura è un corpo composto circa da 10 mila magistrati, sono una sorta di comunità, una comunità che riflette esattamente ciò che accade nel nostro Paese, sia a livello ideologico, sia a livello di organizzazione. Internamente si contrappongono 2 grandi situazioni, da una parte esiste, storicamente una componente marcatamente ideologizzata. Dal 1996 in poi si crea un inversione di tendenza, ci sono tanti nuovi concorsi, e c’è una sorta di cambio generazionale, i nuovi entrati più che pensare ed essere attratti da una componente ideologica, pensa più alle esigenze del vivere quotidiano, il funzionamento della giustizia. A partire dal 2007 si scatena una corsa sfrenata al carrierismo e ciò aumenta il potere delle correnti, e aumentare il potere delle correnti, significa che svolgono un ruolo decisivo e centrale anche nella nomina dei procuratori e dei presidenti del tribunale, si viene eletti non solo per il merito, NON SOLO e lo sottolineo, perché il merito esiste, perché chi concorre per una procura importante che può essere Roma o Milano è ovvio che lo fa perché è titolato per poterlo fare, ma l’appartenenza correntizia svolge un ruolo fondamentale e preponderante, per scegliere il capo di un ufficio occorrono delle estenuanti trattative mediazioni patteggiamenti accordi tra correnti e parte laica ed è esattamente ciò che successe la famosa notte all’hotel champagne. Se il sistema non funziona, si faccia una riflessione su cosa fare.”


E’ una riflessione un po' tardiva…


“Era una situazione che avevo ben presente, tanto che avevo presente questa situazione, che nella mia esperienza consigliare rompo un patto che io avevo a sinistra con la corrente di Area, lo sposto con la corrente moderata, quando parlo al personale non parlo solo della mia esperienza, altrimenti raffigurare il mondo correntizio basandosi solamente sulla mia persona non fotograferebbe la realtà. Io ero uno degli esponenti di una delle correnti più importanti della magistratura che si relazionava e interloquiva con le altre e sicuramente la situazione che si stava verificando era una situazione che imponeva un momento di riflessione, nel mio caso viene sviluppata quando io vengo travolto da quella situazione, quando una volta travolto viene fatta girare una lettera interna nella mailing list dei magistrati dove mi si chiede di spiegare quello che è accaduto, quella che è stata la mia attività e il mio lavoro. Io ho preso spunto da quella lettera ed ho raccontato come sono andate le cose.”


Nel libro scrive: “E’ impensabile sostenere che negli anni di cui stiamo parlando, l’Anm si sia mossa fuori dalla copertura del Quirinale, con il quale io condividevo ogni decisione che comportasse una rilevanza politica.” Le chiedo rispetto al periodo in cui lei era al vertice della magistratura, l’influenza del Quirinale sulle nomine delle alte cariche della magistratura è mutata? È rimasta immutata? E’ cambiata in quale modo?


“Rispondo volentieri a questa domanda, anche perché leggendo oggi una sorta di nota critica su il quotidiano ‘Il Foglio’ mi sento in dovere di ribadire che il mio riferimento alla figura di Loris D’Ambrosio è un riferimento molto importante per me perché Loris D’Ambrosio, non lo rievoco perché non c’è più lo rievoco in positivo e rievocare in positivo una figura che non c’è più debba essere un riferimento per tutti coloro che con Loris D’Ambrosio hanno avuto la possibilità di relazionarsi. Detto questo io cosa dico? Dico che nella Anm da presieduta, negli anni 2008 – 2012, si verifica una situazione molto particolare. Il 2008 è l’anno in cui, parlo del Gennaio 2008, il governo di centro-sinistra presieduto da l’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, cade a seguiti di un inchiesta giudiziaria, inchiesta di Santa Maria Capua Vetere che riguardava il la moglie del Ministro della Giustizia Clemente Mastella, nel Gennaio 2008, Mastella fa un discorso al Parlamento, che riceve un applauso bipartisan sul tema della giustizia, un discorso fortemente critico nei confronti della magistratura e delle modalità di svolgimento delle indagini. Fu un campanello d’allarme molto importante per l’intera magistratura. Nel Marzo del 2008 vengono fatte le elezioni con una maggioranza schiacciante vince il centro-destra, #Berlusconi diventa Presidente del Consiglio, la magistratura si ricompatta, si ricompatta a mio avviso, ma non a mio avviso, perchè è un esperienza da me vissuta, stravolgendo in qualche modo il suo ruolo, diventa una sorta di opposizione politica, e questo penso anche con una sorta di bene placido da parte della sinistra, perché tutto sommato quel ruolo, quel lavoro sporco, lo faceva direttamente l’Anm, che giustamente per impedire delle riforme punitive e che potevano in qualche modo limitare l’autonomia e l’indipendenza stravolge il suo ruolo e diventa una sorte di opposizione politica. Per fare questo ruolo, in quel periodo, in quel contesto c’era, non dico quotidiana, ma costante interlocuzione anche con la Presidenza della Repubblica, fisiologica, perché il Presidente della Repubblica è il Presidente del Csm, perché chi presiede l’Anm, necessariamente ha bisogno di una interlocuzione con il Quirinale, quello che avviene e quello che poi io ho scritto nel mio libro. Io penso che questo ruolo debba essere oggetto di riflessione, non dico sia giusto o sbagliato, ovviamente oggi maturo le mie considerazioni, ma io penso che il ruolo di opposizione politica debba spettare ad una sorta di minoranza politica, non alla magistratura, perché se la magistratura diventa una sorta di partito politico, si stravolge il ruolo, il cittadino rischia di rimanere confuso, e quando va a fare un processo, necessariamente ti chiede, “ma quel giudice a quale corrente appartiene? È di sinistra o di destra?” e si crea un momento di corto circuito politico-istituzionale, questo io ho voluto raccontare, questo lo racconto per metterlo a disposizione di tutti, per stabilire se è giusto, se è sbagliato, se va bene, se non va bene, o se non corrisponde alla realtà.”




Proprio parlando, e forse azzardo a dire che la pubblicazione ha provocato un terremoto maggiore, o comunque ha rinnovato rispetto allo scoppio del 2019, il caso che la vede protagonista. Con il libro si è riaperta una ferita che non si era veramente ancora chiusa, e questa ferita ha sanguinato parecchio, pochi giorni fa, il 25 Marzo se non sbaglio, dopo che lei si è reso disponibile più volte per essere sentito dal Csm, viene ascoltato a porte chiuse dalla prima commissione, tra l’altro una decisione quella delle porte chiuse duramente criticata sin da subito dai radicali, si sono fatte molte ipotesi sugli argomenti da lei affrontati in quell’ora e mezza di confronto appunto tra lei e la prima commissione del Csm, quello che le chiediamo, e speriamo possa dirci, tra quanto tempo potremmo avere i dettagli su questo incontro? Perché ovviamente siamo molto curiosi di sapere cosa le hanno chiesto e lei cosa ha detto…


“Guardi, questo ovviamente non dipende da me, c’è la Presidente della prima commissione, la Dott.ssa Chinaglia che per gli strani casi della vita entra al Csm dopo il terremoto che mi ha riguardato, quindi in qualche modo, come dire, le vicende del trojan hanno avuto degli effetti per alcuni malevoli per altri benevoli, dovrebbe poi stabilire, se è interesse di tutti conoscere o meno i racconti che faccio, quello che io ho ribadito sin dall’inizio, che io so benissimo che il racconto che devo fare è un racconto che deve essere documentalmente riscontrato, con delle chat, con dei documenti, con dei testimoni. Mi sono mosso sempre in questa ottica, perché so benissimo che poi parlo di fatti e di esperienze di vita da me vissuti, ma che non sono in grado di dimostrare, il mio racconto non potrebbe essere creduto, però una contraddizione in chi mi critica io debbo evidenziarvela, in un Paese nel quale si da grande credibilità ai racconti dei pentiti, abbiamo fiumi di giurisprudenza, dei collaboratori, dei collaboranti, dei pentiti, di testimoni indiretti, di testimoni assistiti, quante sentenze di condanna si sono basate su racconti di imputati, coimputati, testimoni assistiti, collaboratori di giustizia, e poi in qualche modo si mette in dubbio la veridicità del mio racconto, qualcosa non mi torna, io penso che ormai alla luce di quello che è accaduto sia necessario avere un momento di confronto pubblico, sul tema e sul discorso…”


Ma lei sta dicendo questo perché ha avuto l’impressione che nel suo confronto….


“No, io dico che non ho nessuna difficoltà se io faccio un racconto su una persona ad avere un confronto pubblico, con la persona di cui racconto, e di oggi la notizia che anche la commissione antimafia voglia udirmi, io mi metto a disposizione di tutte le istituzione come sempre ho fatto, mi sono messo a disposizione dell’autorità giudiziaria di Perugia, della procura generale della cassazione, della prima commissione del Csm, della commissione dell’antimafia, non avrei nessuna difficoltà a mettermi a disposizione di una commissione di inchiesta, però siccome mi rendo conto che sono argomenti delicati tanto vale avere di fronte il legittimo contradditore per vedere in che modo avere un confronto, per vedere se il racconto che io faccio, ad esempio, su come si sono svolte determinate nomine, sia vero o no, questo penso che poi possa essere un momento di beneficio per tutti e soprattutto per valutare, ripeto, la tenuta del sistema attuale correntizio all’interno della magistratura, e vedere se ero io solo ed unicamente l’esclusivo protagonista di un sistema o se viceversa potevano essere altri. Sottolineando un'altra cosa, l’utilizzo della parola “sistema”, e anche su questo permettetemi una nota critica sempre con l’articolo che ho letto oggi, non necessariamente deve implicare un riferimento a un sistema criminale, perché la parola sistema indica una relazione tra più soggetti esistenti in un determinato contesto relazionale, si parla di sistema quando più soggetti si relazionano tra di loro che era un po' quello che accadeva nel mondo delle correnti, più soggetti che tra di loro interloquiscono, si confrontano e si determinano.”


Quindi lei lo difende questo sistema delle correnti o in qualche modo andrebbe rivisto, non dico combattuto, ma rivisto…


“Se io l’ho raccontato, l’ho raccontato dopo che quel sistema viene messo pesantemente in discussione e dopo che si fa un operazione forviante, individuare quel sistema solo ed esclusivamente con l’agire di una persona, che sarei stata io, siccome questa visione è forviante, non perché lo dico io, ma perché lo dicono i fatti, lo dicono le mie chat, lo dicono i documenti che sono stati riscontrati, io a quel punto, mi sono sentito in dovere di raccontare come funzionava quel sistema, è un sistema che è stato in vigore per 60 anni, c’è chi ha operato meglio, chi ha operato peggio, chi ha operato a metà, fatto sta che quel sistema con la mia vicenda è stato pesantemente messo in discussione, io offro un racconto e dico: è attuale? Regge ancora? A mio avviso alla luce di quello che è accaduto non può più reggere, e siccome non può più reggere, perché anche all’interno della magistratura tanti magistrati, sono insofferenti a questo sistema, ragioniamo, ragionate, su come migliorarlo, su come superarlo, su come trovare una soluzione migliore. Se la risposta è: abbiamo tolto uno, oggi funziona meglio, io personalmente non ci credo. Sicuramente ci sarà chi è più bravo di me, non c’è dubbio, però secondo me non è risolutivo del problema, il problema è più strutturale, il problema strutturale è che oggi all’interno della magistratura rimane preponderante il ruolo delle correnti, non lo dico io, leggetevi le recenti sentenze del Tar, sulla procura di Roma, sulla scuola superiore della magistratura, evidenziano pari pari le stesse problematiche che caratterizzavano il mio agire. Io uomo delle correnti, quando ero presidente dell’Anm, quando ero esponente di spicco di una corrente dell’Anm, temevo una riforma che avrebbe messo in ginocchio il sistema correntizio, che era quella del sorteggio, il sorteggio avrebbe spezzato il predominio delle correnti, perché di fatto con tutti i rischi del caso ovviamente, avrebbe potuto portare una nuova classe dirigente al posto di quella esistente, questo è quello che temevo, questo è quello che temevamo all’interno delle correnti. Ecco ad esempio, il sorteggio potrebbe essere un meccanismo che scardina l’attuale sistema…”


Continuo sul filone di fare dei link a magistrati di cui lei ha parlato o comunque con i quali lei ha avuto a che fare ed ha che fare, il suo rapporto, sia quello attuale ovviamente anche se magari diverso che quello passato, con Cantone e anche le contraddizioni che stanno emergendo nel corso del processo, visto che Cantone è procuratore a Perugia, dove appunto si discute il procedimento che la riguarda…


“Ovviamente su questa domanda non mi sento di poter rispondere, posso dire solo che ho il massimo rispetto istituzionale per chi oggi ha il compito di indagare su fatti e vicende che mi riguardano.”


E per quanto riguarda il suo rapporto invece passato precedente a questa vicenda?


“E’ un rapporto che si è svolto in termini istituzionali, ognuno del diverso ambito del settore, lui come presidente dell’ANAC io come componente del CSM sempre improntato al massimo rispetto.”


Dottor Palamara, adesso le facciamo una domanda che esula i contenuti del suo libro, ma che è più in linea con gli argomenti che solitamente trattiamo nel nostro format, che tra l’altro sta per compiere un anno, quindi siamo veramente giovani. Spesso ci occupiamo di casi di cronaca nera, abbiamo affrontato l’argomento mostro di Firenze, abbiamo parlato della coppia di serial killer Ludwig, affronteremo prossimamente, questa è una piccola chicca per i nostri ascoltatori, il caso di Garlasco. Ecco tra tutte queste vicende una in particolare ci ha lasciati perplessi, crediamo che un suo punto di vista in merito possa essere importante, la strage di Erba, senza soffermarci sulla colpevolezza o innocenza di Olindo Romando e Rosa Bazzi, quello che ci ha davvero incuriosito è per esempio, come dei reperti mai analizzati che avrebbero aiutato a far luce sulla vicenda, siano stati distrutti prima ancora delle decisioni dei giudici di cassazione, e ancora come la corte di appello che prima aveva approvato degli esami, poi all’udienza successiva abbia cambiato idea, quindi la domanda è: è possibile che l’opinione dei media, quindi l’opinione pubblica che in quel caso aveva individuato nella coppia ora in carcere gli assassini di 4 persone, posso influenzare il corretto svolgimento delle indagini, determinando una verità che in questo caso ha davvero tanti punti oscuri, ecco ci interessa il suo punto di vista in relazione a questa vicenda ma anche più in generale ad altre vicende.


“Allora io penso che su questi tempi, le vicende che voi avete trattato, si possa da un lato dire che c’è una attenzione notevole da parte dell’opinione pubblica, perché sono casi che riscuotono storicamente l’attenzione anche dei non addetti ai lavori e che spesso creano un problema di fondo quello del rapporto tra il processo mediatico e il processo che invece si deve svolgere nelle aule di giustizia, si tratta di 2 situazioni che viaggiano a velocità diverse, i tempi del processo penale non corrispondono ai tempi del processo mediatico, il processo mediatico si rivolge in prima battuta ai telespettatori, e cerca in qualche modo di trovare un immediata soluzione per stabilire chi è il colpevole chi viceversa debba essere assolto. Le vicende a cui avete fatto riferimento, testimoniano questa situazione, nell’ambito mediatico si è portati subito a poter esprimere un idea, un opinione quasi immediata, penso tanto per fare un esempio anche a quello che è accaduto, ho letto velocemente a chi l’ha visto ieri, sul cosiddetto ritrovamento di Denise Pipitone, rispetto a poi quelle che sono le indagini penali. I tempi dei processi penali, sono diversi in situazioni difficili e complicate come quelle cui lei ha fatto riferimento può capitare nel processo penale una diversa valutazione delle prove, tra il giudice di primo grado e il giudice di secondo grado, quando parlo di prove mi riferisco al dibattimento che anche sul termine prova purtroppo duole constatare che anche importanti colleghi facciano ancora confusione tra gli elementi raccolti nella fase delle indagini preliminari e quelle nel dibattimento. Le prove si raccolgono nel dibattimento, è vero però che la diversità di valutazione tra il giudice di prima grado e quello di secondo possa portare a un momento di disorientamento dell’opinione pubblica, perché non si capisce come e perché poi le decisioni possono in qualche modo cambiare, ma su un caso del genere cui lei ha fatto riferimento è giusto pure dire che c’è un evoluzione tecnico-scientifica che soprattutto sulle modalità di acquisizione e poi di valutazione delle prova, che indubbiamente può in qualche modo influire, detto questo, è ovvio che comunque anche su queste vicende si gioca di molto con la credibilità della magistratura, sulla tenuta delle decisioni quello che spesso purtroppo invece non accade.”


E’ un che, lo dico anche a beneficio del Dottor Palamara per i nostri ascoltatori è molto importante e riguarda anche una parte della sua carriera, il caso Moro. Nel 2014 le si occupava delle indagini del caso moro ed è stato negli Stati Uniti per interrogare Steve Pieczenik che era uno dei consiglieri americani che durante la gestione del sequestro moro furono in Italia. All’epoca in cui ci fu l’audizione ovviamente non si sono saputi i dettagli fino in fondo, però gli articoli di stampa dell’epoca riportavano sostanzialmente che Pieczenik che aveva poco tempo prima pubblicato un libro “abbiamo ucciso Aldo Moro” e rilasciato un intervista a Giovanni Minoli su radio24 nel quale sostanzialmente diceva: io sono venuto in Italia perché moro doveva essere ucciso, quindi abbiamo contribuito ad ucciderlo, abbiamo fatto si che le brigate rosse lo uccidessero. Ecco lei è stato ascoltato poi dalla seconda commissione moro in audizione, mi ha colpito molto una cosa, la seduta che riguardava la sua audizione è stata secretata subito cioè non c’è nessuna parte resa pubblica, ovviamente non le chiedo di dirci cosa ha detto, perché se l’audizione era secretata c’era un motivo, però le domando a titolo di curiosità per capire, gli articoli dopo la sua missione negli Stati Uniti sostanzialmente riportarono che l’interrogatorio non aveva avuto un gran esito, nel senso che Pieczenik si era rimangiato un po' tutto quello che aveva detto, perché poi la sua audizione fu secretata, cioè nel frattempo era successo qualcosa oppure c’era qualcosa che eventualmente non era filtrato da quella sua missione negli Stati Uniti?


“Io ho avuto nel momento precedente alla mia esperienza consigliare, il compito di dover affrontare le nuove emergenze che avevano riguardato il caso moro, tra queste nuove emergenze in particolar modo, vi era necessità di sentire questo Steve Pieczenik, che per i telespettatori vale ribadirlo, era una figura di raccordo tra l’Italia e gli Stati Uniti, in occasione del sequestro moro, quindi parliamo dei famosi 55 giorni che poi portarono al rinvenimento dell’Onorevole moro il 16 Maggio del 1978, per chi si imbatte in questa vicenda, per lo meno parlo della mia esperienza professionale, poi c’è una sorta di immedesimazione totale in quella vicenda, perché rimane una vicenda centrale e cruciale della nostra storia politica, tutto passa sicuramente in quei drammatici 55 giorni, tutta la storia d’Italia passa sicuramente anche la figura e il ruolo di questo personaggio e del perché questo personaggio svolse il ruolo di consulente con l’allora Ministro degli Interni Francesco Cossiga. Anche su questo io la ringrazio perché qualcuno che evidentemente voleva speculare sulla mia vicenda quando è venuta fuori la notizia del Csm e dalla mia sospensione e rimozione dal Csm ha voluto forse troppo e frettolosamente abbinare la mia figura a qualche segreto nascosto della vicenda moro vorrei dire e vorrei dirvi e vorrei dire agli spettatori che ci ascoltano, che io sono il primo che combatterà perché si faccia totale chiarezza sulla vicenda moro e non solo, e lo spirito che mi ha accompagnato i quei giorni, anche se disperatamente, perché capite bene che svolgere un indagine 40 anni dopo è pressoché impossibile, dobbiamo essere realisti, è quello di capire cosa era accaduto, che cosa poteva rappresentare questa figura, lei ha fatto riferimento ad un intervista di Giovanni Minoli che sicuramente fu molto importante per fotografare questa situazione, e io proprio in questo ambito mi recai a Miami a fare una rogatoria dove risiedeva Steve Pieczenik per cercare di capire cosa accadde in quei giorni. Non vi racconterò il verbale per i motivi da lei esposti, accade però che dopo che venne istituita la commissione moro presieduta da presidente Fioroni, in quell’ambito e in quel contesto io venni sentito del perché venne secretata la mia audizione io ovviamente come coloro i quali hanno tentato maldestramente di criticarmi, anche io vorrei capire come e perché è stata criticata, quando laddove dovessi essere messo nelle condizioni, sono il primo a voler riferire e raccontare ciò che mi ha raccontato Steve Pieczenik e quelle che sono state le mie impressioni sul momento quelle che sono state le vicende che in qualche modo hanno riguardato il suo racconto, su questo ovviamente io mi rimetto a disposizione, come voi anche io sono curioso di comprendere come mai quella deposizione fu secretata.”


All’inizio della puntata, le ha detto che si sente ancora PM, ecco io le chiedo Luca Palamara, come si vede da qui ai prossimi 10 anni?


“Ovviamente non ho la sfera di cristallo, se l’avessi come potrei programmare meglio la mia vita, adesso c’è un primo obiettivo che sarà il ricorso alle sezioni unite, perché la decisione che mi ha riguardato non è una decisione definitiva ma una decisione temporanea, sono fermamente convinto di dovermi battere per ristabilire la verità sono fermamente convinto di dover offrire il mio contributo alla vita politica sociale del Paese, l’ho iniziato a fare per commissione giustizia del partito radicale, io da quel luogo, da quel contesto voglio continuare come dire a dire la mia sul tema per il quale tanto mi sono adoperato e tanto mi sono battuto.”


Se inquadriamo la sua vicenda nell’ambito del meccanismo dell’oligarchia come lo ha definito lei all’interno della magistratura, un regicidio diciamo è una forzatura, oppure diamo una definizione calzante?

“No, è una forzatura perché tutti sanno quelli che hanno condiviso questi tanti anni con me che io ero solo un interlocutore, con tanti altri miei colleghi che rappresentavano le correnti. La magistratura è refrettaria, all’idea dell’uomo solo al comando e anzi quello che mi è accaduto forse perché sono stato concepito come un uomo solo al comando ma chi conosce veramente le dinamiche interne sa che non è così, sa che all’interno della magistratura esistono tanti interlocutori, tanti rappresentanti, tanti detentori di una sfera di potere e che purtroppo spesso, diceva qualcuno, il potere logora chi non ce l’ha, ma spesso invece il potere logora o diventa fonte di conflitto per chi lo ha. In questo ambito e in questo contesto mi sono trovato.”

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