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Massimiliano Smeriglio: “Gori e Marcucci sbagliano. Mai più il Pd con la Lega e Forza Italia”

Intervista esclusiva di Antonello Sette (SprayNews) a Massimiliano Smeriglio, europarlamentare del Partito Democratico


Oltre a Matteo Renzi, anche due esponenti del suo partito, Giorgio Gori e Andrea Marcucci, hanno ipotizzato un’alleanza, che vada da Forza Italia ai cosiddetti riformisti, per sostenere Draghi anche nel 2023. Condivide la loro proposta o sarebbe una virata a destra, che rischia di sabotare il campo largo e, soprattutto, di aprire le porte a una possibile scissione all’interno del Pd?


Non condivido questa loro proposta. Mi sembra il frutto di analisi premature e affrettate, anche guardando alle incognite della legge elettorale e del quadro politico, che ci sarà fra un anno. Continuo a pensare che non sia normale governare con la Lega e con Forza Italia. Una cosa del genere non succede in nessuna altra parte d’Europa, dove governano i conservatori da soli, i liberali da soli, la sinistra socialista e socialdemocratica da sola. Siamo l’unico Paese al mondo che ha risposto alla pandemia con un Governo di unità nazionale. Noi prima torniamo a ristabilire una normalissima dialettica democratica fra destra e sinistra e meglio è, anche perché, al di là del gioco del risiko del politicismo esasperato, restano le cose da fare e fra le cose da fare c’è l’opportunità di utilizzare il Pnrr per redistribuire opportunità e risorse a chi sta peggio. A occhio, non è questa la risposta della destra.


In Italia c’è spazio per un fronte veramente progressista oppure ieri, in nome dell’agenda Monti, e oggi, in nome dell’agenda Draghi, si rischia di sposare la Confindustria e di abbandonare i sindacati?


Noi dobbiamo lavorare per un’agenda progressista. Il campo largo, a cui io sono molto affezionato, non è un indistinto. E’ il campo largo progressista. E’ l’idea di una coalizione progressista plurale, che è quella che ci ha permesso, ad esempio, di vincere nelle grandi città nell’ultima tornata amministrativa, a Napoli come a Milano, a Bologna come a Roma. Bisogna insistere, anche perché l’Europa, che frequento io, ci dà le risorse per fare alcune cose, che sono nell’agenda progressista. L’inclusione sociale, la transizione ecologica e la centralità della conoscenza sono i pilastri sui quali, insieme all’innovazione tecnologica, si deve costruire il cambio del modello di sviluppo. Questa è un'agenda progressista e noi dobbiamo essere all’altezza di questa ambizione.


Ieri Romano Prodi ha criticato l’Italia, che si sarebbe troppo appiattita sulla Nato e non avrebbe, per questo motivo, una sua politica energetica, in qualche modo sollecitando un accordo a lungo termine con la Russia sul gas…


Il tema è enorme. E’ evidente che è cambiato tutto dai tempi in cui discutevamo dell’ombrello Nato, sotto il quale potevano crescere le democrazie. Noi dovremmo avere una politica estera ed energetica innanzi tutto europea, autonoma e distinta da altre aree del mondo, in grado di interloquire con i nostri vicini, che sono sì faticosi e molto spesso autoritari, ma che, tuttavia, rimangono i nostri vicini. La risposta non possono essere né i venti di guerra né la negazione dell’interdipendenza delle nostre economie. Il problema non è solo italiano, ma europeo. Sarebbe sicuramente più efficace se una relazione forte la tenesse l’Unione Europea e, dentro l’Unione Europea, il nostro Paese.


L’Ucraina deve per forza entrare nella Nato oppure sarebbe più saggio ipotizzare la soluzione di uno Stato neutro sul modello finlandese?


E’ un tema troppo grande per rinchiuderlo in una risposta. Penso che ci sia da tenere ben presente la dimensione imperiale e autoritaria di Putin, alla quale, però, bisogna rispondere con il dialogo e con lo scambio economico, senza mostrare i muscoli, portando l’opzione militare a ridosso dei confini naturali dell’area di influenza russa. Questo sarebbe davvero molto pericoloso. E molto pericoloso è quello che sta già accadendo in queste ore.


di Antonello Sette



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