Intervista di Antonello Sette, #SprayNews, a Massimo Ferrandino, avvocato penalista, Top Legal Award 2021, già docente di Procedura Penale all’Università Federico II di Napoli
“La giustizia va riformata. Senza prevaricazioni. Con lo stesso spirito unitario dei padri costituenti”
#Ferrandino, lei ha appena ricevuto un prestigioso riconoscimento: la Top Legal Award 2021. Una grande soddisfazione, immagino…
È stata una grande soddisfazione, anche perché non me l’aspettavo. È un riconoscimento al mio lavoro e a quello di tutti gli avvocati dello studio legale Ferrandino Bizzoni, di cui vado orgogliosissimo. A monte, ci sono tanto studio, tanta fatica e tanta passione.
Quello dell’avvocato è diventato un mestiere sempre più difficile?
Lo studio e la professionalità contano ancora, ma i rapporti fra gli avvocati e la loro controparte, i pubblici ministeri, si sono via via complicati. Fra accusa e difesa non c’è più un punto di equilibrio, ma un solco profondo.
La #giustizia è malata?
È cronaca di queste ore la bufera che sta investendo il #Csm, che ne è l’organo di autogoverno, ma la crisi, profonda e preoccupante, è determinata anche da una carenza normativa che ha aperto una voragine formale e sostanziale fra le due parti in causa. La difesa fa sempre più fatica a esercitare la sua insostituibile funzione di fronte ai poteri di cui all’accusa è normalmente consentito l’esercizio. E’ urgente mettere mano a problematiche che ci portiamo dietro da più di trenta anni. Dall’ultima riforma del 1989, che prevedeva una velocizzazione dei processi e ne ha invece ancor più ingolfato il percorso. I processi sono lunghissimi. La fase dibattimentale è un fiume d’inchiostro che si protrae per mesi, addirittura per anni e dove viene inserito di tutto e di più. Il processo necessità di un’accelerazione profonda e di tempi finalmente umani. C’è stata di recente una riforma della prescrizione isolata dal contesto, senza che si avvertisse la simultanea esigenza di una riforma generale. Un modo di procedere che trovo alquanto bizzarro.
Si leggono in questi giorni cose pazzesche: verbali segretati che viaggiano impunemente da una Procura al Csm dove si insabbiano, corvi, spy story, logge segrete…
Sono cose delicate che dovranno essere vagliate da chi di dovere…
Sì, ma a leggerle non è rimasto, come me, sbigottito?
Se fossero frutto di un gossip giudiziario è un conto. Se fossero vere nel senso più profondo della parola, ci sarebbe molto da riflettere sulla degenerazione di tutto un mondo che, anziché promuoverla, la giustizia l’avrebbe tradita.
Ha letto libro di Alessandro Sallusti con le rivelazioni dell’ex Presidente dell’Anm Luca #Palamara?
Ho letto “Il Sistema” con molta attenzione. La morale che ne ho tratto è semplice. In tutte le associazioni, in tutti gli enti, in tutte le professioni e in tutti i mestieri, accanto a straordinarie persone e ad altrettanto straordinarie professionalità, ci sono le mele marce. La #magistratura, il libro lo dimostra con la massima evidenza, non fa purtroppo eccezione.
Perché nessuno sembra capire che le vere vittime, se non si fa chiarezza e non si accerta fino in fondo la verità, sono i magistrati onesti? Perché tutto si riduce a un insensato scontro politico, come se una commissione d’inchiesta e una giustizia giusta appartenessero a una parte e non fossero invece un valore e un anelito di tutti?
Sono assolutamente d’accordo con lei. Sono convinto che la magistratura saprà risollevarsi dalla morta gora in cui si è impantanata. Ha bisogno di quella che potremmo paradossalmente definire un’autoriforma. È dai magistrati seri e perbene, e sono mi creda la stragrande maggioranza, che devono arrivare le indicazioni per una riforma radicale. Ci riusciranno, vedrà. Per la riforma del Csm e di tutta giustizia credo sia questo il momento storico più propizio. Non solo perché della necessità di una riforma generale della giustizia c’è ormai una consapevolezza diffusa come mai in passato, ma anche perché è in carica un Governo di larghissime intese. Quelle che ci vogliono per dare una vita a una riforma meditata, che non nasca da prevaricazioni ideologiche di parte.
Una riforma a 360 gradi?
C’è urgenza di una riforma vera che non passi dalla riforma capotica delle intercettazioni e da quella ancora più capotica della prescrizione. C’è bisogna di una riforma che riparta dal processo e dalla sua struttura. Le faccio un esempio pratico. L’udienza preliminare, che doveva essere il filtro per snellire i processi, ne ha determinato al contrario un’ulteriore complicazione. Non possiamo più permetterci una durata biblica dei processi e una prescrizione ancora più biblica. Un controsenso altrettanto biblico.
La giustizia a scoppio ritardato, che arriva dopo decine di anni, non è giustizia e neppure le somiglia…
Allo stato attuale un indagato rischia di morire senza poter assistere neppure alla prima udienza del suo processo.
Lei è riuscito a capire perché si fa così tanta fatica a trovare un accordo a livello politico per una riforma, della cui necessità si è fatta paladino anche una grande personalità delle istituzioni e del diritto come Sabino Cassese. Perché si fa solo polemica su tutto e si avvelena ancor più il clima in un intreccio perverso di reciproci sospetti?
Ci sono troppe correnti, troppi interessi, troppe ideologie politiche, che non dovrebbero in un Paese normale interferire e neppure entrare in una discussione sulla riforma della giustizia. I padri costituenti avevano delle visioni totalmente differenti fra di loro, ma nel momento della sintesi sui vari temi, sul lavoro, sulla giustizia, sull’economia, riuscirono a trovare un accordo nel supremo interesse del Paese, mettendo da parte le ideologie e i propri riferimenti culturali. Io accomuno alle ideologie anche le correnti della magistratura. Bisognerebbe trarre ispirazione dalla saggezza e dall’interesse di parte sacrificato a quello generale, che ispirarono settanta anni fa i padri costituenti. Le correnti, gli interessi di bottega, la politica e le ideologie si mettano una buona volta da parte per arrivare, tutti insieme, a una riforma della giustizia, della cui necessità e urgenza sono arciconvinti tutti gli uomini di buona volontà e in buona fede. Addetti e non addetti ai lavori. Perché una giustizia efficiente e giusta è una garanzia per tutti. Ed è la cartina di tornasole della civiltà di un Paese che la giustizia l’ha inventata qualche migliaia di anni fa.
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