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Palamara: «Ecco le verità sulla condanna di Berlusconi»

Palamara: vi svelo il sistema delle toghe Pubblichiamo in anteprima un estratto del libro-intervista di Sallusti con l’ex numero uno Anm. «Ho visto cose che non potete immaginare»




Facciamo un passo indietro. Il primo agosto 2013 la sessione feriale della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito, dopo sette ore di camera di consiglio, condanna in via definitiva Silvio Berlusconi a quattro anni, di cui tre coperti da indulto, per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset. (...) Cinque giorni dopo, il 6 agosto, sul quotidiano Il Mattino di Napoli esce un’intervista a Esposito (...) «Berlusconi condannato perché sapeva» è il titolo che rispecchia il contenuto e il pensiero espresso dal magistrato (...) Per gli avvocati di Berlusconi l’anticipazione delle motivazioni è una grave violazione della legge e dei diritti dell’imputato. Il caso ha un clamore tale che per forza deve finire davanti al Csm, il supremo organo. «La pratica la ereditiamo dalla precedente consiliatura, che aveva preferito rinviare e lavarsene le mani. Io ero conscio che non stavamo giudicando il comportamento di un collega ma la storia recente dell’Italia. In effetti le cose stavano come dicevano gli avvocati di Berlusconi, c’è poco da discutere. Ma si poteva noi offrire un assist a Berlusconi, dopo che per vent’anni si era cercato di metterlo all’angolo con ogni mezzo, proprio quando l’obiettivo era stato raggiunto?».


Me lo dica lei.


«Era una responsabilità enorme che andava oltre il merito della vicenda. Condannare Esposito sarebbe stata un’opzione corretta (...) ma inevitabilmente avrebbe messo in dubbio la credibilità della sentenza sui diritti Mediaset. Viceversa, assolvere Esposito avrebbe rafforzato quella decisione. Senza voler violare il segreto della camera di consiglio, posso testimoniare che questo ragionamento logico aleggiava nell’aria, per usare un eufemismo (...) Avevo conosciuto e frequentato, dal 2011 al 2013, il giudice della Cassazione Amedeo Franco, uno dei membri della corte che condannò il Cavaliere».


Quello che dopo la sentenza andò da Berlusconi a scusarsi, sostenendo che lui era contrario alla condanna, che ci furono pressioni e che quella corte si comportò come un «plotone di esecuzione», e che per arrivare a quel verdetto «c’erano state pressioni da molto in alto» (...)?


«Proprio lui. (...) Franco mi parlò delle sue preoccupazioni sia per il modo anomalo con cui si era formato il collegio giudicante sia per le pressioni che si stavano concentrando affinché l’esito fosse di un certo tipo, in altre parole di condanna».


E lei che reazione ebbe?


«Queste confidenze di Franco oggi, per mia volontà, sono nelle carte processuali che mi riguardano. All’epoca me le tenni per me».


Ma come, un magistrato come lei viene a conoscenza di una possibile turbativa su una sentenza che riguarda il capo dell’opposizione di un Paese democratico, e invece di segnalarla all’autorità giudiziaria la tiene per sé?


«Capisco il senso della domanda. Ho commesso il reato di omessa denuncia? Sì, probabilmente l’ho commesso (...) Il contesto nel quale mi muovevo e operavo era lo stesso ’Sistema’ che in quel momento stava avvolgendo Franco. Alle mie orecchie quelle parole non suonavano come quelle di un marziano, non mi sorpresero. Sapevo benissimo che le cose potevano anche andare così».


E così andarono. Ha più rivisto Franco?


L’anno successivo, inizio 2014, durante la mia campagna elettorale per accedere al Csm. Mi parlò chiaramente della sua ambizione di essere nominato presidente di sezione della Cassazione (...)».


Pensa che qualcuno potesse averlo in mano?


«Quello che è certo è che, dopo la sentenza Berlusconi, Franco inizia a chiamare insistentemente il Quirinale. (...) Più telefonate per lamentarsi della “porcheria della sentenza Berlusconi“. E soprattutto del fatto che “il Csm non lo vuole promuovere a presidente della Cassazione“».


Sarà poi promosso?


«Ovvio, nella seduta del Csm del 15 gennaio 2015. Faceva parte di un pacchetto blindato. (...) I ’pacchetti’ di nomine vengono confezionati dalle correnti e portati al Csm, dove normalmente vengono approvati all’unanimità. In quel caso non fu così. Si astiene il consigliere Ercole Aprile, che di Franco era stato collega nel collegio che aveva condannato Berlusconi. Sapendo di questa sua intenzione lo interrogo sui motivi. Mi dice: “Perché in quella camera di consiglio ho visto cose indicibili, cose che voi umani“ citando la famosa frase di Blade Runner “non potete nemmeno immaginare“». (...)


Le faccio sul dottor Aprile la stessa domanda che ho appena fatto su di lei. Un magistrato che è stato testimone di un possibile reato, qual è un’anomalia in camera di consiglio, non avrebbe l’obbligo di denunciarlo in modo dettagliato, come qualsiasi cittadino a conoscenza o addirittura testimone di fatti sospetti?


«Certo che lo avrebbe. Ma le rispondo allo stesso modo di prima. I magistrati fanno parte di un ’Sistema’, e a quello rispondono. Secondo lei c’è un solo magistrato in tutta Italia che ha il coraggio di convocare Ercole Aprile per chiedergli di dettagliare la sua ipotesi di reato?».


In un Paese normale dovrebbe esserci.


«Ma non c’è, e infatti non c’è stato, a differenza di quanto accade in tutti gli altri ambiti (...). Nel nostro mondo non è così, cane non mangia cane».


Domanda banale: perché?


«Perché di mezzo c’è Silvio Berlusconi, perché ne va della tua carriera, dell’onore del corpo al quale appartieni. Se si provasse un’anomalia in quella sentenza cadrebbe un castello costruito in vent’anni di lavoro sul fronte politico e su quello giudiziario. Non è possibile che accada». (...)


Ma lei un’idea se la sarà pur fatta.


«Faccio mia la frase del giudice Aprile: “Ho visto cose che voi umani non potete neppure immaginare“, e a volte quelle cose le ho anche fatte, ma sempre e solo per difendere il ’Sistema’ di cui facevo parte. Io sono stato sempre consapevole che all’interno della magistratura ci fosse un determinato clima che riguardava il livello politico. Ma non prendiamoci in giro, tutti dentro la magistratura sapevano che il clima era quello, e tutti si adeguavano. Può essere che la sentenza su Berlusconi fosse stata condizionata da questa logica oppure no, fosse frutto di una libera volontà. Ma le volontà sono anche libere di seguire il percorso che si ritiene più utile o conveniente di altri».

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