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Immagine del redattoreCarpe Diem Macchioni Communications

Ricomincio da Tre



L’ultima idea del Ministro Franceschini, quella di favorire l’acquisto del cinema Fiamma da parte del CSC per la cifra incredibile di 3 milioni di euro, cui vanno aggiunti alcuni milioni per il restauro e la trasformazione, è la ciliegina sulla torta di una serie di errori legislativi che hanno portato nel baratro la nostra settima arte.


L’ingresso nell’esercizio di un gruppo pubblico non è una novità, qualcuno dovrebbe dirlo a Franceschini, in quanto l’ultimo esperimento di questo tipo di investimento, effettuato dal Luce e completato da Livolsi, è franato nella vendita del circuito pubblico al famoso “Viperetta” da parte del famoso Blandini, regia di Rutelli.


Detto diversamente, per liberarsi dei cinema del circuito Mediaport, che pesavano su Cinecittà, la soluzione migliore è sembrata la vendita a Ferrero, con la compiacenza dei sindacati, e da quel giorno nessun cinema ha funzionato regolarmente, alcuni sono stati chiusi, altri rivenduti, altri sono tornati ai proprietari delle mura.


I debiti del circuito sono tornati tutte sulle spalle di Cinecittà, che si era garantita con la fidejussione di una assicurazione fantasma, che non è stata mai più trovata.


Ed ecco la grande novità: CSC, con i soldi forse del PNRR, e comunque con soldi pubblici, rientra nell’esercizio con un cinema, che non ha parcheggi, proprio nel momento in cui le sale soffrono la mancanza di spettatori e perdono soldi, immaginando un utilizzo multimediale, con spazi adatti alla riflessione e con l’intento di programmare film rifiutati dagli esercenti ma forse già finanziati dallo Stato.


Non ci vuole un investigatore per capire che dietro una manovra del genere, dietro l’acquisto di una sala chiusa da decenni, non può che esserci un interesse diverso da quello dichiarato ingenuamente o politicamente da Franceschini, che dopo aver finanziato il circuito Chili per sanarne il bilancio oberato di debiti, dopo aver sperperato ingenti somme in ItsArt, annuncia questa ulteriore iniziativa, che se fosse stata presa da Briatore con l’intento di offrire pizze forse avrebbe avuto un senso.


Il cinema Fiamma, descritto come “storico” per aver programmato ai tempi “la dolce vita” ma in realtà oggi fuori da qualunque schema cinematografico, aveva evidentemente bisogno di un acquirente particolare, in quanto nessuno avrebbe mai speso un centesimo per riabilitarlo. Così è stato anche per il Rivoli, una volta salotto romano e poi definitivamente morto, mentre il Barberini, con la metropolitana a un passo, ha più che soddisfatto le esigenze della zona.


La presidente del CSC ha illustrato questo progetto sinistro parlando del Fiamma come “luogo vivace e dedito alla promozione della cultura che lavori sulla formazione dello spettatore e sull’unicità dell’esperienza”.


In queste parole si identifica il delirio progettuale: la vivacità, la formazione dello spettatore e l’unicità dell’esperienza.


Io non so che tipo di esperienza faremo una volta entrati al Fiamma, e mi auguro siano veramente uniche, ma non credo che i dirigenti del CSC siano così scandalosi da stupirci!




di Michele Lo Foco

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