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Immagine del redattoreEdoardo Sirignano

Tedeschini: «Il confronto con poteri illeciti per il bene della collettività non merita punizione»



«Se ci si è confrontati con poteri illeciti e occulti per il bene della collettività, mi pare sia una necessità dolorosa che non merita punizione». Così Federico Tedeschini, professore di Diritto Pubblico all’università La Sapienza e tra i più conosciuti e stimati avvocati italiani per aver difeso aziende vittime di malagiustizia, interviene sulla trattativa Stato-mafia.


Chiesti 12 anni per De Donno e 8 per Mori, sebbene siano gli uomini che hanno arrestato Riina. Che idea si è fatto sulla vicenda?


«Bisognerebbe leggere le carte, ma mi pare di capire che nella storia italiana c’è sempre stato qualcuno che ha dovuto confrontarsi con dei poteri illeciti e occulti. Se ci si è confrontati per il bene della collettività, mi pare una necessità dolorosa che non merita punizione, se c’è dell’altro, non so. Trovo, però, singolare che a distanza di tanti anni ancora si parli di questa vicenda della trattativa, quando ci sono trattative tutt’ora in corso a cui nessuno accenna».


Non le sembra un controsenso che mentre i collaboratori di Riina sono in libertà chi ha contribuito a incarcerarlo adesso rischia di andare in galera?


«Sono i controsensi che derivano da un uso del potere atipico come quello italiano in cui chi giudica non è responsabile dei propri giudizi e dove chi indaga non è responsabile delle proprie indagini se veste una toga. Se, invece, non la veste è responsabile di tutto».


L’Antimafia, come ha più volte dichiarato, è stato pretesto per distruggere aziende virtuose. Che consiglio si sente di dare a chi spesso è vittima di una giustizia ingiusta?


«La giustizia ingiusta è un qualcosa che deve essere accettato a livello nazionale. Per nostra fortuna abbiamo una Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e una Corte del Lussemburgo che intervengono anche sulla carta europea dei diritti fondamentali e sulla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Consiglio, quindi, di rivolgersi a tali organismi senza timore, soprattutto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, alla quale ci si può rivolgere direttamente al termine dell’uso dei mezzi di giustizia italiana. Ci vorrà qualche anno, ma meglio una giustizia che arriva in ritardo che una malagiustizia».


Quanto la malagiustizia influisce, soprattutto in un periodo non semplice per l’economia, sullo sviluppo?


«Come tutti i fenomeni devianti, non può che incidere negativamente. Il problema è che gli episodi di malagiustizia si moltiplicano perché non c’è nessuno che paga».


In Campania oggi si parla di azienda unica per il trasporto su gomma, ma forse c’è stato, sin dal principio, un “piano” per abbattere la cosiddetta concorrenza scomoda?


«Non saprei dirlo. Bisogna chiederlo a chi ha elaborato questo piano e se lo ha fatto effettivamente».


Quanto serve una riforma della giustizia? Basta quella proposta dalla ministra Cartabia?


«Considero la proposta Cartabia un utile punto di partenza. Mi rendo anche conto della difficoltà di opporsi a una lobby forte come quella della magistratura».


Che consiglio, pertanto, si sente di dare a chi è stato vittima di quello che Palamara definisce un “sistema”?


«Per la verità, hanno provato a farmi vittima, ma non mi pare ci siano riusciti. Chi lo è, invece, deve provare a chiedere il risarcimento e soprattutto lo deve far sapere. I mezzi di comunicazione, in Italia, sono ancora liberi e quindi perché non utilizzarli. In tal senso, comunque, bisogna tener conto anche del tema della responsabilità della stampa che deve diffondere le notizie che le arrivano senza se e senza ma, non guardando a disegni ideologici che sono quelli magari del padrone di casa».


Di Edoardo Sirignano

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