Valerio de Gioia è giudice presso il Tribunale di Roma, dove si occupa di reati connessi al fenomeno della violenza domestica e di genere.
Il suo libro “Codice rosso” (La Tribuna – AMI, 2019) analizza questa piaga dal punto di vista normativo, facendo ordine sull’incessante produzione normativa, spesso imposta da direttive europee e convenzioni internazionali.
Dottor de Gioia, i tribunali sono un po’ lo specchio del paese reale: che situazione riscontra? Purtroppo la situazione non è migliorata, nonostante l’adozione di leggi importanti come quella denominata “Codice rosso”. Il numero dei reati è in forte ascesa. Il femminicidio, che è un reato oggettivo, è ovviamente quello più evidente. Ma ce ne sono tanti altri, cosiddetti “reati spia”, quali ad esempio i maltrattamenti in famiglia. Tutti questi presentano numeri in aumento. Anche perché c’è una forte tendenza a non denunciare. La stima è che si denunci un solo reato ogni dieci commessi. Un fenomeno allarmante, perché c’è un sommerso che spesso non emerge, e che ci porta a dire che siamo lontani dal risolvere la piaga. Quanto ha influito il periodo di lockdown su un fenomeno come quello della violenza domestica? Ha influito tanto, senza dubbio. Inizialmente, ha limitato le denunce, ma solo perché le vittime di reati hanno avuto più difficoltà a denunciare, dovendo spesso convivere con i colpevoli. Alla fine, invece, c’è stata un’esplosione della cosiddetta violenza assistita, cioè quella violenza che avviene in presenza di minori. Numeri in aumento, dunque. Il suo Codice Rosso è una descrizione accurata del fenomeno dal punto di vista della produzione normativa. Come si può agire per arginarlo? Qualche segnale positivo c’è, e l’abbiamo avuto con la velocizzazione della fase iniziale, subito dopo la denuncia. Questo ha un po’ fatto la differenza. Tuttavia, lo stesso bisognerebbe fare per la fase dibattimentale, che andrebbe accelerata evitando di creare il fenomeno della vittimizzazione secondaria, cioè far tornare, dopo molto tempo dal fatto denunciato, le vittime di violenza a riparlarne, creando naturalmente spiacevoli stati emotivi. La velocizzazione della fase dibattimentale può essere un’arma ulteriore per una migliore azione da parte degli inquirenti nei confronti del fenomeno.
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