Il critico e parlamentare aveva stigmatizzato la pratica dei Dpcm come sconfinamento dei poteri dell'ex Presidente del Consiglio e del governo nelle prerogative del Parlamento
Roma. Il 10 marzo, alle 9:30 la Camera di consiglio della Corte Costituzionale è chiamata a valutare preliminarmente l'ammissibilità del ricorso presentato da Vittorio Sgarbi sul conflitto di attribuzione da lui riscontrato nei 21 Dpcm emanati tra il 25 febbraio e il 3 novembre 2020 per fronteggiare l'emergenza Covid-19 (oltre ad altri provvedimenti legislativi).
L'accusa è pesante: violazione da parte del Governo della Repubblica Italiana, nella persona dell'allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, degli articoli della Costituzione riguardanti l'esercizio di diritti fondamentali come quello al lavoro (artt. 1, 4, 35, 36) e alle libertà personale (art. 13), di circolazione (art. 16), riunione (art. 17), culto (art. 19), di istruzione (art. 34) e iniziativa economica privata (art. 41). Risulterebbe inoltre lesa la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ratificata in Italia dalla legge n. 848 del 4/8/1955 (art. 10 della Costituzione),
Il ricorso elaborato l'11 novembre 2020, per la stesura del quale Sgarbi si è avvalso degli avvocati Alessandro Fusillo del Foro di Roma e Giampaolo Cicconi di quello di Macerata, evidenzia inoltre che nelle misure contenute nei Dpcm il Presidente del Consiglio e il governo si sarebbero arrogati facoltà legislative che invece spettano unicamente al Parlamento.
Il documento ricorda anche che le deroghe allo Stato di diritto in nome del cosiddetto "Stato di eccezione", teorizzate da certa filosofia del diritto, hanno talora spianato la strada a regimi illiberali (il pensiero corre al giurista tedesco Carl Schmitt e alla risonanza del suo pensiero durante il nazionalsocialismo) e non sono previste dal moderno costituzionalismo, né tantomeno dalla Costituzione italiana.
Se il 10 marzo il ricorso sarà ritenuto ammissibile, la Corte Costituzionale aggiornerà l'udienza per affrontare il merito della questione, ossia la richiesta da parte di Sgarbi di annullare tutti quei Dpcm, decreti-legge e relative leggi di conversione in quanto incostituzionali. C'è la ragionevole speranza che la corte si pronunci rapidamente e non fra mesi, quando i Dpcm per pandemia saranno ormai un ricordo lontano (almeno si spera).
di Alberto Gerosa
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