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22 gradini per l’Inferno: quanto i serial killer sono malvagi nel libro di Cavallaro ed Orlando


Che la malvagità esista è certo, come pure è chiaro che la mente umana, in determinate condizioni, riesce a contorcersi al punto tale che uccidere diventa una soddisfazione in grado di provocare un irresistibile piacere in chi si rende protagonista di efferati delitti.

Come questa “soddisfazione“ possa essere acquisita lo spiegano Rita Cavallaro ed Emilio Orlando nel loro libro “22 gradini per l’inferno. I serial killer nella Scala del Male“, un breve ma consistente trattato romanzato di psicocriminologia, edito da Male Edizioni di Monica Macchioni.

Il volume, un unicum nel suo genere, elenca i più terribili assassini seriali del Belpaese, classificandoli secondo la scala della malvagità sviluppata dal dottor Michael Stone, psichiatra forense e docente alla Columbia University. Una classificazione che è un punto di riferimento, sia pure bizzarro ma comunque interessante, che consente di valutare i diversi gradi di aggressività e le pulsioni psicopatiche che gli esseri umani, partendo dal loro lato più oscuro, possono arrivare a sviluppare.

In questa interessantissima pubblicazione, la ventesima dalla costituzione di Male Edizioni che Monica Macchioni ha dato alle stampe e che porta la prefazione del criminologo Gino Saladini e, novità pressoché assoluta, una postfazione del giudice Valerio de Gioia, gli autori classificano l’entità del male che l’uomo, la belva capace di maggior crudeltà in assoluto, è in grado di provocare, vuoi per il “semplice“ piacere di uccidere, vuoi per il fascino di affermare un suo “potere“ nei confronti degli altri: vari gradi di gravità che vanno dal malvagio allo psicopatico, fino al seviziatore che comunque non si identifica con le sue vittime.


Ma la categoria peggiore, sostengono Cavallaro ed Orlando, è quella dei torturatori estremi, serial killer che compiono gli scempi più brutali e si soddisfano esercitando un vero e proprio potere, per realizzare perversioni o per realizzarsi all’interno di fantasie certamente malate.


Si chiedono allora gli autori: crudeli si nasce o si diventa?


E questa domanda è il leit motiv di ogni pagina del libro, che è stato discusso mercoledì sera nel corso di una affollata presentazione al Plaza Hotel di via del Corso, a Roma, coordinata dal giornalista Giovanni Masotti, alla quale hanno partecipato eminenti studiosi di criminologia, esperti di indagini giudiziarie, giudici ed avvocati penalisti noti al pubblico: lo psichiatra forense e professore alla Sapienza Vincenzo Mastronardi, tra i maggiori esperti italiani di serial killer, il super poliziotto già capo della omicidi Antonio del Greco, il giudice della Prima Sezione Penale di Roma, Valerio de Gioia, l'avvocato Cesare Placanica, presidente della Camera Penale di Roma, difensore negli anni Novanta del mostro del Quadraro: ognunodalla sua parte ha esaminato e discusso i tredici casi che gli autori hanno descritto, commentato, analizzato nell’interessante libro, avendo presente le personalità degli autori di crimini, evidenziando il perché questi individui siano diventati dei serial killer autori di delitti efferati la cui esecuzione è, per alcuni, motivo di profonda soddisfazione interiore e per altri è, o potrebbe essere, soltanto una deformazione di tipo biologico che interessa alcune aree del nostro cervello deputate alla capacità di empatia che, a sua volta, è influenzata da fattori che vanno dalla natura dell’educazione ricevuta a diverse variabili sociali e, comunque, alle esperienze di vita vissuta.

Ne deriva, sostengono gli autori dopo aver messo a confronto cinque categorie di serial killer dedotte dall’esame statistico di 2228 casi nel mondo, dei quali 128 in Italia, che ogni assassino seriale è di per sé un caso a se stante, un unicum di efferatezza e di crudeltà.

La loro deduzione è corroborata dalla esperienza di ognuno dei due coautori maturata in materia di giornalismo e criminologia. Esperienza che ha portato


Cavallaro e Orlando a dedurre, descrivere ed analizzare tredici casi di serial killer italiani classificandoli in quanto a gravità ed efferatezza, secondo la scala di Stone, deducendone il grado di perversione, le relative pulsioni psicopatiche e posizionandoli ciascuno su uno dei ventidue gradini di questa “scala maledetta“ il cui fondo è proprio quell’inferno descritto da Dante nel quale “bruceranno per l’eternità“, per usare una frase riportata nella seconda di copertina di un libro che non soltanto merita di essere letto, ma soprattutto merita di essere assimilato per far sì che crimini tanto orrendi come quelli in esso descritti abbiano a ripetersi il minor numero di volte possibile, assegnando così a questo profondo studio anche una valenza altamente sociale.


di Andrea Gentili

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