È un flop la dichiarazione dei redditi per quanto riguarda i partiti: i cittadini non hanno alcuna intenzione di finanziare la politica, anche se solo con una parte del proprio Irpef. Evidentemente, ma non troppo a quanto pare, i partiti stessi non traggono da questo l'ovvia conclusione che il loro modo di fare, di parlare, di esistere insomma non sia condiviso dai cittadini; e se non da tutti, almeno dai contribuenti.
Lo si evince a guardare i numeri delle dichiarazione dei redditi 2018, che riguardano l'anno d'imposta 2017. Prima di tutto cala il numero di chi decide di firmare la casella alla fine della dichiarazione: il 2,67% contro il 3,01% dell'anno precedente. Un milione di persone in tutto. E poi in termini assoluti: nel 2017 i partiti avevano aggiunto ai propri bilanci 15 milioni e 300 mila euro in tutto, diventati 14 milioni 100 mila euro l'anno dopo.
Il fiasco investe tutti i partiti tranne uno: la Lega. Che per le note vicende dei problemi da 49 milioni con il fisco ha deciso di sdoppiarsi in "Lega Nord per l'Indipendenza della Padania" e "Lega per Salvini premier", raccogliendo insieme quasi 3 milioni di euro, mentre l'anno precedente il bottino era stato di oltre un milione di euro in meno.
Chi prende più soldi di tutti è il Partito Democratico: quasi 7 milioni contro gli 8 dell'anno precedente, perdendosi per strada oltre 100 mila contribuenti. Poi seguono gli altri partiti, ben distanziati: Fratelli d'Italia 700 mila euro circa, 100 mila di meno Forza Italia che perde anche il 15% dei donatori.
Il terzo classificato dopo le due teste di serie è un partito che ormai è assente dal Parlamento da due legislature ma che ha ancora parlamentari in Europa: Rifondazione comunista. L'ex partito di Cossutta e Bertinotti può contare su uno zoccolo duro di aficionados che ha firmato per dare oltre 500 mila euro.
E poi Mdp e Sinistra Italiana, con circa 300 mila euro; e Svp e Verdi con oltre 250 mila. A 170 mila Possibile, 140 mila il Psi, 130 mila il Centro democratico come Scelta civica. Sotto i 100 mila euro Energie per l'Italia, Movimento la Puglia, Italia dei Valori, Movimento associativo italiani all'estero, Unione per il Trentino, Union Valdotaine, Alternativa popolare, Partito autonomista Trentino tirolese, Unione di centro, Stella alpina, Popolari per l'Italia, Idea identità e azione e Democrazia solidale, quest'ultima fanalino di coda con 11 mila euro.
Del Movimento 5 stelle si deve parlare a parte, perché ha deciso di rimanere Movimento e non partito, cosa che avrebbe obbligato i grillini a una trasparenza nei bilanci che non vogliono offrire. Bisognava infatti trasmettere il proprio statuto alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici. E non vi fate ingannare dalla dicitura "Movimento" in altri soggetti che hanno preso il contributo dai cittadini: per farlo devono essersi necessariamente dotati di una struttura partitica trasparente. Logico quindi che dai pentastellati arrivino bordate a ripetizione per il flop del 2xmille.
Un po' come nella roulette dei casinò, dove a vincere è sempre il banco, anche in questo caso a guadagnarci è lo Stato: la torta da spartire per i redditi denunciati del 2017 era di 45 milioni e mezzo, ma solo 14 milioni e 100 mila euro saranno assegnati ai partiti; gli oltre 31 milioni che avanzano tornano nelle casse statali che dal 2014, anno in cui il governo Letta istituì questa forma di finanziamento ai partiti dopo la cancellazione dei rimborsi elettorali automatici, hanno evitato di restituire 83 milioni e 300 mila euro.
di Paolo dal Dosso
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