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A difesa di Fazio arriva anche il sindacato dei giornalisti Rai, no ingerenze di partiti



Anche l’Usigrai, come le famose formiche, nel suo piccolo s’incavola. Soprattutto quando la questione sta diventando surreale. Tanto per i toni quanto per i contenuti, sempre più simili a quelli di una telenovela sudamericana. Il tema, ovviamente, è il caso Fazio l’assalto portato al conduttore da parte della Lega e sostenuto dal presidente di Viale Mazzini. «È cambiato l'Amministratore Delegato della Rai? Sempre più spesso, ormai, Marcello Foa interviene a tutto campo, anche su temi non di sua competenza. E spesso con una curiosa, quanto preoccupante, coordinazione con le uscite del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che lo ha voluto alla presidenza della Rai», sostiene in una nota al vetriolo l’esecutivo dell’Usigrai, il sindacato unitario dei giornalisti della tv pubblica. «Da anni chiediamo con urgenza una nuova legge di governance», prosegue l'Usigrai, «che elimini una volta per tutte le ingerenze di partiti e governi, che rischiano di inquinare l'autonomia e la libertà dell'informazione e la corretta gestione aziendale. E invece sempre più spesso vediamo il presidente che si comporta da Ad e che sembra agire in attuazione di un mandato politico. Non è questa la Rai libera che chiediamo e vogliamo, e che hanno il diritto di avere i cittadini». Anche dal consiglio di amministrazione si leva una voce forte contro l’azione del presidente Foa, accodatosi alle posizioni di Salvini nel voler tagliare fuori Fabio Fazio. «Non bisogna fare di Fazio un caso politico, specialmente in periodo di campagna elettorale», dice il consigliere Riccardo Laganà, indicato nel board dai dipendenti dell’azienda. «La questione dei compensi andrebbe affrontata in maniera organica, senza distinzioni, come peraltro ho già richiesto da tempo. Al riguardo, infatti, ho già fatto pervenire all'attenzione dell'amministratore delegato e del consiglio una prima serie di proposte operative per ridurre i compensi di artisti, collaboratori e appalti esterni». Proposte, spiega Laganà, «ispirate anche da virtuosi casi di livello internazionale e finalizzate a creare maggiore equità (anche a livello di genere) senza però compromettere o indebolire il valore della nostra offerta e dei nostri ascolti». Insomma buonsenso e razionalità, in modo da non vanificare il capitale umano della Rai, già sin troppo mortificato dalla mancanza di valorizzazione delle risorse interne a vantaggio degli esterni, pagati a peso d’oro, spesso inutilmente. «Quando lasciamo entrare le logiche e gli interessi della politica nelle scelte editoriali», osserva Laganà, «mettiamo a rischio l'autonomia e l'indipendenza del servizio pubblico. Su questo punto, ho inoltre chiesto all'ad se, dopo quanto denunciato lo scorso aprile dal Fatto Quotidiano in relazione ad una presunta telefonata giunta alla redazione del programma 'Che tempo che fa' per modificare la scaletta degli inviti, fossero stati presi provvedimenti o attivati audit. Non ho infatti ancora letto alcuna smentita riguardo all'accaduto». E questo la dice lunga si clima che vige in Rai…


di Alberto Milani

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