Era il 28 febbraio del 2007, c'erano ancora gli Andreotti, i Turigliatto e i Follini. Storia antica, ma che agli inizi del 2019 diventa improvvisamente attualissima. E tutto per colpa dell'ansia grillina di fare le pulizie in casa propria, manco fosse Pasqua.
Romano Prodi, con quel voto di quasi 12 anni fa, porta a casa una maggioranza risicatissima di 162 voti contro i 157 dell'opposizione, solo 5 in più a palazzo Madama. E il quorum era di 160 voti, quindi due voti per ottenere la fiducia.
Esattamente la stessa situazione che si potrebbe verificare in Senato alla riapertura dei lavori dopo l'espulsione di san Silvestro per i reprobi Gregorio de Falco e Saverio de Bonis (forse nel futuro meglio evitare i candidati con la particella "de" nel nome?); e con la mannaia sospesa sul capo di altre due pasionarie a 5 Stelle, Paola Nugnes ed Elena Fattori.
Legittima difesa e autonomia regionale i temi che la maggioranza gialloverde si troverà sugli scranni: due temi che da subito hanno fatto rizzare il pelo ai pentastellati, e che potrebbe provocare ulteriori mal di pancia interni. Ma a quel punto la maggioranza rischia.
Come si vede dai grafici i numeri, a palazzo Madama, evidenziano una situazione critica: con una maggioranza fissata a 161, anche grazie alla presenza dei senatori a vita, leghisti e grillini sono rispettivamente a quota 58 e 107, 165 in tutto, solo 4 oltre la maggioranza dopo l'espulsione dei due dal Movimento. Numeri che senza le due senatrici si ridurrebbero a 163, solo 2 sopra. La temuta "Prodizzazione", appunto.
Parte quindi il "totomaggioranza", ma anche qui la catena è corta: in Senato il centrodestra unito, Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, arriva al massimo a quota 137; mancano 24 voti all'appello. Vita più facile alla Camera dei Deputati: Lega, Movimento e Misto, rispettivamente 220, 125 e 7, arriverebbero a 352, 37 voti più del limite. Una maggioranza pentastellata col Pd in Senato somma 107 a 52, totale 159, 2 sotto, ma potrebbe arrivare il soccorso del Gruppo Misto, 14 voti per la maggior parte di sinistra e ex grillina; ma i candidati Dem escludono l'alleanza a prescindere.
Numeri a parte, è opportuna un'analisi politica: cacciare dal Movimento de Falco e de Bonis sembra un passo azzardato, ma fa anche pensare, come qualcuno sostiene tra i perduti passi del Transatlantico, al vecchio detto: "Parlare a nuora perché suocera intenda". O, per andare più indietro nel tempo, "Unum castigabis, centum emendabis", tradotto dal latino al cinese da Mao Tze Tung, oggi Mao Zedong, nel più immediato e comprensibile "Colpirne uno per educarne cento". Ecco, non è detto che la cacciata di de Falco e de Bonis convinca Nugnes e Fattori a più miti consigli, e voti; ma è certamente una mossa forte, che rischia di ottenere l'effetto contrario.
I leghisti si agitano, si sentono un po' sulla graticola con questi numeri esigui, e temono per i loro provvedimenti di bandiera, ricordiamo autonomia regionale e legittima difesa. Ma il "soccorso verde" a questo punto potrebbe arrivare da Fratelli d'Italia. Berlusconi poi sembrerebbe aver sospeso le sue operazioni di "scouting" tra i grillini e, in caso di crisi, non farà mancare l'appoggio azzurro. Gli espulsi poi, altamente ideologizzati, con tutta probabilità continueranno a votare a favore del Movimento anche dal Gruppo Misto.
di Paolo dal Dosso
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