La presidente della Fondazione per l’architettura di Torino presenta Bottom Up!: «Tutto parte dalla contaminazione»
La parola su cui insiste con forza Alessandra Siviero, neo presidente della Fondazione per l’architettura di Torino (eletta il 17 dicembre scorso), è «contaminazione». Ovvero un processo che è «il risultato dell’incontro tra culture, approcci disciplinari, esperienze formative e professionali diversi, dove tutti si mettono al servizio della comunità circostante». La Siviero stessa è il segno del cambiamento in atto, essendo infatti la prima donna alla guida della Fondazione in una città, l’antica capitale sabauda, che ha affermato in questi ultimi anni una nuova identità: da città del manifatturiero, la Fiat ma non solo, a città di servizi, tecnologia e cultura. «La sfida che intendo affrontare è importante – dice a Spraynews - Non solo in quanto donna, ma soprattutto perché immagino una realtà rivolta non solo al mondo dell’architettura, ma anche a stakeholder e imprenditori, con l’obiettivo di trovare e sfruttare le molte sinergie esistenti tra i diversi attori sociali e le altre fondazioni presenti sul nostro territorio. E’ un segnale forte che vogliamo lanciare ed è la prima volta che ciò accade».
A testimonianza di questo cambio di passo, vi sono infatti i nomi di importanti imprenditori e rappresentanti del modo economico della città di Torino che sono entrati a far parte del CdA della Fondazione.
«Si tratta di figure provenienti da ambiti molto diversi. Soggetti di altissimo profilo culturale e manageriale. Parliamo di Oscar Farinetti , il fondatore di Eataly, di Giuseppe Bergesio, amministratore delegato di Iren Energia, del giornalista, economista e saggista Paolo Turati, di Lamberto Vallarino Gancia, imprenditore e presidente della Fondazione Teatro Stabile di Torino, di Giulia Tosetti, responsabile dei progetti di arte visiva di Tosetti Value . Questi cinque componenti provenienti dalla società civile ed imprenditoriale si affiancheranno a 6 componenti del Consiglio dell’Ordine. Insomma, dai nomi che le ho appena fatto, si vede chiaramente che la “contaminazione” tra arte e cultura, tra il food e l’architettura, tra industria e progetti sociali, è già iniziata. Questa apertura, se valorizzata con lungimiranza ed efficacia, avrà sicuramente una ricaduta molto positiva sulla nostra città. Il 4 marzo, ad esempio, abbiamo deciso di organizzare un evento al Museo del Cinema per lanciare la nuova attività e la programmazione della Fondazione. Nel 2020 Torino sarà la città del cinema e noi come architetti stiamo collaborando per celebrare al meglio la settima arte».
Come è cambiata Torino in questi anni? E quale direzione ha preso, invece di condannarsi alla deindustrializzazione? Ha dimostrato di sapersi e volersi reinventare come polo tecnologico-culturale!
«Senza voler essere troppo “prosaica”, mi sento di poter dire che in questi anni Torino ha dimostrato di avere la voglia e le capacità di rinascere dalla sue ceneri. Lo ha fatto e lo dovrà ancora fare – perché il percorso è lungo – puntando su riqualificazione urbana, cultura e turismo, tecnologia ed innovazione, e produzione artistico-architettonica. Ha avviato un importante percorso di rigenerazione delle periferie e delle aree industriali, penso alla Nuvola di Lavazza, che ha ridato nuova vita all’area dell’ex centrale Enel nel quartiere Aurora. Ma gli esempi possono essere molti altri. Giovedì, ad esempio, sarò al Combo - un’ex caserma dei Vigili del Fuoco abbandonata per più di venti anni e riconvertita in ostello - per presentare il Festival dell’architettura. Il Combo è anch’esso un esempio di quanto la contaminazione sia un’opportunità: open space, sale per eventi e feste private, sale espositive per mostre, e workshop artistici e creativi. Guardiamo però non solo a Torino, in Italia abbiamo 6 milioni di immobili vuoti che potrebbero e dovrebbero essere riqualificati e rifunzionalizzati a beneficio di tutti. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo il più grande patrimonio artistico, architettonico, monumentale e paesaggistico del mondo. Oggi è fondamentale saper coniugare contenitore e contenuto, capire il contesto, la storia e la vocazione di ogni luogo o quantomeno dei più rappresentativi. Noi come Fondazione lavoreremo per mettere in risalto e valorizzare tutto questo».
Lo scorso anno tutti voi siete stati protagonisti di Architetti-amo la citta. L’iniziativa che ha fatto tappa in tutte le circoscrizioni torinesi con l’obiettivo di rendere consapevoli i cittadini dei cambiamenti urbani. E quest’anno partirà invece il progetto del nuovo Festival dell’Architettura, Bottom Up!. Quando si inizia?
«Il Festival è in programma dal 1° al 10 maggio, con conclusione dell’evento nella splendida cornice del Teatro Carignano. Bottom Up! è un Festival diverso dal solito. E’ un processo sperimentale che ha coinvolto direttamente i cittadini, artisti, associazioni, ed imprese. L’obiettivo è quello di diffondere la conoscenza dell’architettura contemporanea, sottolineando il concetto che la città debba essere trasformata dal basso, attivando le varie comunità locali, invitandole a partecipare, a far sentire la loro voce sui processi di trasformazione in atto. Sono già arrivati 48 progetti, ne abbiamo selezionati 13 e li annunceremo domani, 6 febbraio. Sono progetti fortemente improntati sul sociale: proposte di trasformazione di spazi in disuso, aree verdi e cortili, scuole e luoghi per attività culturali. Saranno le persone e le comunità , attraverso i processi di crowdfunding che prenderanno il via il 1° aprile, a trasformare delle semplici idee in realtà concrete».
Un ultima domanda. Come sono i rapporti con la Giunta Appendino?
«Premesso che noi architetti non siamo dei politici ma dei tecnici, con la giunta c’è un rapporto di collaborazione. La prossima settimana, come Fondazione, accompagneremo infatti a Madrid i rappresentanti dell’amministrazione Comunale alla settimana del Design. Si può fare di più? Certo, ma per quel che ci compete, ci stiamo impegnando nel far partire questo motore, attivare questa energia nuova che potrà accompagnare non solo la Governance cittadina attuale, ma anche quella che verrà».
Giampiero Cazzato
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