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Allarme Dia sulla mafia nigeriana: c'è anche un traffico criminale che chiamano "Mario Monti"



C’è anche “Mario Monti” nella mafia nigeriana. È il nome preso in prestito dall’emergente feroce criminalità di quel Paese orientale africano bagnato dal Golfo di Guinea per identificare uno dei traffici illeciti che l’organizzazione gestisce in giro per il mondo. In questo caso è il trasferimento di denaro, ma c’è anche l’appellativo “Tirus” per gli stupefacenti, “Operation Sanyo-Sanyo” per le armi e “Operation Canaland” per le estorsioni. Gli epiteti sono una piccola parte del dettagliato focus presente nelle circa 500 pagine della II Relazione della Direzione investigativa antimafia consegnata a Parlamento italiano e Ministero dell’Interno riferita al periodo luglio-dicembre 2018. Il passaggio sui boss “made in Africa” non è casuale. È il primo piano dedicato dagli esperti della Dia all’onda criminale che partendo dallo sbarco di migranti ha invaso l’Italia, il Vecchio Continente e altre parti del globo ed è divenuta famigerata per la violenza e i riti magici vudù che vengono usati.


Il documento fornisce una minuziosa mappa per districarsi in questo inferno che ha in sé il seme del paradosso. “Le confraternite (cults) - premette infatti il dossier – sono nate negli anni 50 del secolo sorso sul modello americano, nelle Università della regione del Delta del Niger”. Volevano esprimere libertà invece si sono trasformate in sodalizi che fanno paura e soldi e sono sempre in guerra tra di loro.


NOMI E REGOLE


Nell’elenco dei gruppi criminali nigeriani stilato dalle forze dell’ordine compaiono “The supreme Eiye Confraternity”, Black axe, Maphite, Vikings e una serie di gruppi cultisti minori.

“La Eiye Confraternity – spiega la Dia - nasce in Nigeria nell’Università di Ibadan, nello Stato di Oyo, in seguito a una scissione interna alla Black Axe Confraternity, assumendo la denominazione di ‘The Supreme Eiye Confraternity’ (Sec) o più semplicemente Eiye, ma è conosciuta anche come ‘National Association of Air Lords’. Il simbolo – aggiunge - è l’Akalamagbo, un volatile mitologico raffigurato su uno sfondo azzurro nell’atto di catturare una preda, oppure come un rapace con un cranio umano tra gli artigli. Coi flussi migratori i cosiddetti ‘Pioneers’ (affiliati) – scrive ancora - iniziarono a stabilirsi all’estero e a fare proselitismo… Gli Eiye – continua - sono stati banditi in Nigeria ed attualmente sono considerati tra i sette ‘secret cults’ più pericolosi di quella nazione, in particolare negli Stati di Edo e Delta”. Nella relazione si dice che in Italia questi nigeriani hanno allungato i tentacoli in “Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Sardegna”. Farne parte non è gratis. “L’accesso al gruppo – aggiungono gli analisti della Dia – prevede un vero e proprio rito di affiliazione e l’obbligo alla partecipazione (mediante il pagamento di una sorta di “tassa di iscrizione”), al finanziamento della confraternita chiamata a provvedere, come tutte le organizzazioni criminali di spessore, al sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti”.


La lista nera prosegue con la “Black Axe Confraternity”, conosciuta anche come “Neo Black Movement of Africa”. Il luogo di nascita – ricorda la Direzione investigativa antimafia - è “Benin City, presso un Campus universitario, nella sessione accademica 1976/77. Sono soliti indossare pantaloni neri, camicia bianca, cravatta gialla o rossa, calze gialle, scarpe nere e basco nero, che a volte ha una striscia gialla”. La simbologia dei colori è semplice: il nero rappresenta l’identificazione con la razza di cui si parte, il bianco interpreta la pace e la purezza della mente e dell’animo, mentre il giallo l’intelletto. “I membri del cult – prosegue la Dia - tra i segni distintivi d’appartenenza ostentano tatuaggi sulle braccia e\o sul corpo raffiguranti asce e si salutano tra loro utilizzano l’espressione gergale “aye”, oppure incrociano gli avambracci per simulare le catene dell’oppressione”. Anche il crimine “nero” trae parte della sua linfa vitale dalla liturgia: “Celebrano la loro festa ogni 7 luglio – precisa il dossier - e il numero 7 viene utilizzato anche per rappresentare l’ascia della confraternita”. Nella Penisola. dove sono? È scritto: “I ‘Black Axe’ sono soprattutto in Piemonte, Campania, Puglia e Sicilia”.

Gli altri boss africani sono dei Maphite, Confraternita che le forze dell’ordine specificano fondata nel 1978 nelle Università nigeriane che “affilia solamente persone di sesso maschile – menziona il Rapporto - ma senza discriminazioni religiose. Anche qui, “la sua festa viene celebrata ogni anno, l’11 maggio, giorno in cui si ricordano i defunti caduti ‘in azione’. Nell’occasione – spiega ancora la Dia - i ‘Maphite’ sono soliti indossare un cappello di colore verde, mentre il loro simbolo è costituito da due palmi della mano, uniti e rivolti verso l’alto, e una fiamma nel mezzo che arde”. La geomafia italiana: Emilia Romagna e Piemonte”.


I “vikings” sono gli ultimi cattivi menzionati in questa parte del “continente nero”. “Il cult – scandisce sempre la Dia - è stato costituito nel 1984, presso l’Università di Port Harcourt (Nigeria), da un fuoriuscito dei ‘Buccaneers’, che creò una nuova confraternita chiamandola ‘Supreme Vikings Confraternity’. Una volta approdato in Italia il cult ha ulteriormente abbreviato il suo nome semplificandolo in ‘Vikings”. Le forze di polizia li hanno pizzicati in Piemonte, Marche, Emilia Romagna, nella provincia di Bari, in Sicilia e in Sardegna, attivi “nell’importazione di stupefacenti anche mediante l’impiego di corrieri reclutati tra giovani nigeriani anche di sesso femminile”. E poi una curiosità. “Il cult – si soffermano gli investigatori - non disdegna l’apparizione sui social, ove è presente con un profilo Facebook dedicato. Durante le feste sono soliti indossare un cappello di colore rosso”.


di Fabio Di Chio

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