Com’è nel suo stile Maurizio Costanzo non ama troppo i giri di parole. Meglio una frecciata che una serie di colpi di cannone, che fanno tanto rumore, molto fumo e poco arrosto. Un dardo scagliato con intelligenza, quando fa centro, lascia il segno. “Il contratto a Fabio Fazio lo ha fatto un Direttore generale della Rai, non è che è andato lì con la pistola. Fa un programma che fa il 15% di share, a questo punto perché dovrebbe autoridursi un contratto firmato dalla Rai?”. Domanda alla quale Maurizio Costanzo, ospite del programma di Radio Uno “Un giorno da pecora”, non dà una risposta esplicita. Ma basta leggere il messaggio in filigrana per capire che in quelle poche righe c’è una sostanziale bocciatura della linea adottata da Matteo Salvini e dalla stessa Lega. La loro crociata contro Fazio, tutto sommato, non ha trovato truppe pronte a marciare su viale Mazzini. Tanto che lo scontro è destinato a marcire. Fazio resterà in Rai, magari lascerà Rai Uno per approdare a Rai Due o a Rai Tre. Ma il contratto non si tocca. E Costanzo, a proposito dei suoi prossimi progetti televisivi, ha spiegato che da ottobre riprenderà “il Costanzo Show. E poi ho dei progetti in Rai, come autore: sto studiando delle cose...”.
Nel frattempo anche i dirigenti Rai esprimono la più viva preoccupazione di fronte a ventilati interventi normativi che limitino diritti di rango costituzionale (articolo 35 e 36 della Costituzione) per inopinate valutazioni “ad aziendam”, specie quando l’Azienda in questione svolge una fondamentale funzione informativa e culturale per il Paese conformemente alla propria missione di servizio pubblico che siffatti interventi finirebbero inevitabilmente per pregiudicare”. Ad affermarlo è Luigi Meloni, presidente dell’Adrai (Associazione Dirigenti Rai), l'organismo sindacale, affiliato a Federmanager Roma, che riunisce la pressoché totalità dei dirigenti Rai “Nei giorni scorsi”, aggiunge Meloni, “si sono susseguite numerose e reiterate dichiarazioni di esponenti politici culminate in una risoluzione volta ad introdurre per i dirigenti della Rai uno 'ius singulare', quantomeno atipico e non in linea con l’articolo 49, secondo comma, del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici, per estenderne le ipotesi di licenziabilità e ad istituire un tetto al compenso di artisti e conduttori". "I dirigenti della Rai”, sottolinea Meloni, “sono ben consapevoli della particolare missione che la natura di Servizio Pubblico assegna alla Rai, concorrendo ad assolverla con il proprio impegno quotidiano. Proprio per questo motivo non è possibile sottacere le preoccupazioni per le ricadute (industriali, economiche ed editoriali) che ulteriori vincoli di carattere organizzativo e gestionale potrebbero portare. Per fugare ogni possibile dubbio, i dirigenti non chiedono, tramite l’ADRai, la difesa di qualsivoglia privilegio: chiedono, invece, unicamente parità di trattamento con altre società pubbliche operanti in settori altamente concorrenziali come quello in cui si trova ad agire la Rai". "Per tutti questi motivi, l’Adrai”, conclude Meloni, “ha inviato una richiesta alla Commissione Parlamentare di Vigilanza per essere auditi in una delle prossime riunioni e ha invitato il vertice aziendale a prendere una chiara posizione a difesa dell'azienda e della professionalità e della dignità dei dirigenti tutti”.
di Alberto Milani
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