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Aria di rimpasto nel governo Conte, Salvini vuole Fontana agli Affari Ue. La paura del M5S



È talmente, certo, ormai, che non vi sono urne anticipate, all’orizzonte, che neppure l’intervista-bomba rilasciata a Repubblica, da parte di Vincenzo Spadafora, sottosegretario pentastellato alle Pari opportunità (“Salvini alimenta l’odio maschilista”, con relativa difesa della ‘capitana’ Carola Racketa in quanto donna vittima di tale presunto ‘odio’), riesce a far perdere, dopo i primi cinque minuti di furia, la pazienza al titolare del Viminale e vicepremier ‘anziano’, come si definisce, come se fosse più titolato dell’altro vicepremier, quello più ‘giovane’ (Di Maio), nel decidere le sorti del governo (premier, per chi non se ne fosse accorto, resta Giuseppe Conte. Salvini la prende bene e dopo l’onda d’urto dei leghisti, che a Spadafora chiedono le dimissioni, abbozza: “Se fossi in Spadafora – dice Salvini in una conferenza stampa convocata d’urgenza a Montecitorio alle cinquo de la tarde - avrei un problema perché se davvero questo signore ritiene di essere al governo con fascisti, razzisti, sessisti omofobi e maschilisti mi domando come viva male questa esperienza. Io ritengo di essere al governo con persone per bene, se Spadafora si sente a disagio si dimetta”. Sembra un invito alle dimissioni, ma non lo è.


I problemi, in casa, li hanno i 5Stelle, non la Lega…


Il problema, in casa, ce l’ha Di Maio, che già deve fare i conti con Di Battista, da un lato, e Fico dall’altro. Il primo gli spara contro da fuori (ed è l’unico rimasto, tra i 5Stelle, a difendere la sindaca di Roma, Raggi, scaricata dall’M5S). Il secondo gli spara contro dall’interno, armando la mano della ‘svalangata’ di emendamenti pentastellati che hanno provato, ma senza sostanzialmente riuscirci, a svuotare di poteri e contenuti il decreto Sicurezza bis che, in questi giorni, è ancora all’esame delle commissioni della Camera, ma che presto, entro il 23 luglio, arriverà anche in Aula.

Ma se Di Maio ha i suoi problemi interni (altre espulsioni sembrano in vista, nei gruppi parlamentari pentastellati, sia alla Camera che al Senato, dove i numeri della maggioranza sono sempre ‘ballerini’), Salvini, di problemi interni, non ne ha né poco né punto. La sua Lega è l’ultimo partito ‘leninista’ rimasto sulla faccia della Terra, al netto del Partito comunista cinese, a tal punto che il suo ‘Capitano’ ha commissariato la Liga Veneta, con il ministro Fontana, e anche tutte le regioni del Sud, senza che nessuno – in testa a tutti il governatore del Veneto, Luca Zaia – dicesse un ‘ah’.


Salvini, come ministro agli Affari Ue, vuole Fontana


Morale, si può, finalmente, dare vita al giro di valzer del ‘rimpasto’, un classico evergreen, nella Prima Repubblica.

Anche su questo tema, Salvini ha le idee chiarissime: “Ho proposto a Conte il nome del prossimo ministro per le politiche Ue, aspetto l’ok. Noi siamo pronti”. Salvini ufficializza così, sempre da Montecitorio, la chiusura del cerchio sul nome del Ministro per gli Affari Europei, poltrona vacante dall’8 marzo, dopo le dimissioni di Paolo Savona seguite alla sua nomina a presidente della Consob. Conte si è tenuto stretto, finora, la delega, al punto tale che sembrava proprio che non volesse mollarla più, con la scusa che doveva trattare, in sede Ue, il modo per evitare che, all’Italia, venisse comminata una procedura di infrazione. Ma ora che il pericolo è stato scampato e che, soprattutto, le nomine ai vertici della Ue sono state fatte - con grave ‘scuorno’ di Salvini, peraltro, che le ha contestate tutte – il vicepremier anziano ‘batte cassa’ e vuole riscuotere.


Nomi, ovviamente, non ne fa, ma il predestinato alla carica non è, come era sembrato per settimane, l’economista anti-Euro Alberto Bagnai, ma l’attuale ministro alla Famiglia, Lorenzo Fontana. Il quale Fontana, al suo attuale dicastero, si trova malissimo (ogni proposta che fa c’è sempre un 5Stelle che gliela boccia, l’ultima sugli aiuti alla natalità), con tanto di sottosegretario che detesta (sempre Spadafora), e ha anche un motivo personale per volersene andare, il più spesso possibile, in lidi e città migliori, quelli europei: moglie e figli abitano, infatti, a Bruxelles, dove Fontana è di casa (è stato per lungo tempo europarlamentare leghista) e dove, particolare non trascurabile, conosce un po’ tutti. Insomma, sembra proprio fatta: Fontana andrà agli Affari Europei, anche perché Salvini – non fidandosi di Conte – vuole controllare e da vicino i dossier che interessa l’Italia.

Ma se, come dice Salvini, il nome del futuro membro di governo chiamato a trattare con l'Ue -una casella che spetta alla Lega premiata dalle ultime consultazioni europee – “lo sa il presidente del Consiglio”, nel senso che glielo ha già fatto durante l’ultimo, tempestoso, vertice, quello di lunedì scorso sulle Autonomie, non sarà quello di Alberto Bagnai.

Una candidatura che c’era e che è girata a lungo, ma su cui, tuttavia, peserebbe l'’ncognita del vaglio del Quirinale, tant'è che c’è chi è pronto a scommettere, nella Lega come nell’M5S, che alla fine a spuntarla sarà proprio Fontana.

Da Palazzo Chigi non è arrivato nessun commento, sul nome di Bagnai o Fontana e la carta per ora rimane coperta, ma i tempi per procedere alla nomina sono più che maturi.


I dubbi dei 5Stelle e di Di Maio: la ‘paura’ del rimpasto


Il problema seguente è, però, un altro: si aprirà un vero e proprio giro di valzer di poltrone, nell’esecutivo? Forse. La risposta di Salvini è tranchant (“Chiedete ai 5 Stelle”), cui si limita ad aggiungere che “C’è l’urgenza come governo italiano di avere un ministro a Bruxelles, se ciò comporta altri movimenti da parte del M5S non so, a me basta uno”. Salvini, in ogni caso, rassicura Di Maio: “Il governo non è rischio, se tutti lavorano va avanti”. Il quale Di Maio, assicurano fonti di governo dell’M5S, non sarebbe d’accordo, pronto a frenare su un restyling del governo.


“Il rimpasto andava fatto prima del voto alle europee, a Luigi lo avevamo detto... Aprire ora che siamo in evidente difficoltà vorrebbe dire consegnarsi alla Lega” ragiona un ministro dei 5 Stelle molto vicino al suo capo politico. Certo è che, di qui a breve, alcune caselle vanno riempite. Prime tra tutte quelle del viceministro e del sottosegretario ai Trasporti, dopo che Armando Siri prima e Edoardo Rixi (entrambi della Lega) hanno dovuto far le ‘valigie’ per le note vicende giudiziarie che li hanno visti coinvolti. Non solo. Sebbene non ne sia entusiasta, fonti Lega confermano che Giancarlo Giorgetti sarebbe l’unico candidato al ruolo di commissario Ue, partita che si profila, però, non prima di ottobre, ma che l’Italia intende giocare fino in fondo. Conte, come si sa, punta a ottenere le deleghe più pesanti, quelle alla Concorrenza, Salvini vuole Industria o Agricoltura, una casella che sarebbe perfetta per l’attuale – ma riluttante a lasciare – ministro all’Agricoltura Centinaio.


A quel punto si libererebbe un posto di primo piano, quello del sottosegretario alla presidenza del Consiglio: in corsa ci sarebbero l’attuale ministra alla Pa, Giulia Bongiorno, il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon (ex dirigente Ugl), visto di buon occhio per i risultati ottenuti sul dossier quota 100, e Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno, considerato uno stakanovista di prim’ordine che ‘copre le spalle’ a Salvini e consente di essere presente su più tavoli.


Di Maio potrebbe ‘scorporare’ il suo super-Ministero


Altra partita centrale del possibile rimpasto è il super dicastero guidato da Di Maio, che tiene insieme Sviluppo economico e Lavoro. Fonti della Lega sostengono che il vicepremier grillino sarebbe disposto a cedere un dicastero solo dietro un’adeguata contropartita, ma ‘politica’, vale a dire per far valere le ragioni del Movimento sui dossier Autostrade-Benetton, Ilva e Alitalia. Inoltre, Di Maio vorrebbe dedicarsi a svolgere meglio e in ruolo più fattivo e incisivo il ruolo di vice-premier e a quella riorganizzazione del Movimento che, annunciata da mesi, non arriva mai. Nel caso Di Maio volesse davvero cedere uno dei suoi due dicasteri, sarebbe quello dello Sviluppo economico e il nome più adatto per sostituirlo è quello – per il Movimento – di Riccardo Fraccaro, attuale ministro ai Rapporti con il Parlamento che, però, dovrebbe interrompere il suo ‘sogno’ – quella riforma costituzionale che comporta il taglio netto del numero dei parlamentari in questi giorni al Senato per la seconda e definitiva lettura, ma che completerà il suo iter – ove passasse le forche caudine del Senato – solo a ottobre, quando arriverà la seconda e definitiva lettura alla Camera.


La posizione di Toninelli è quella che ‘balla’ di più…


Poi ci sono i dicasteri in mano ai 5 Stelle considerati in questi mesi più a rischio: vale a dire Difesa, Infrastrutture e Salute, per non parlare di una lunga serie di sottosegretari che non hanno superato la ‘graticola’ imposta da Di Maio loro e che ha visto ‘votare’ tutti i parlamentari pentastellati.


Ma mentre il dicastero in capo a Giulia Grillo (Salute) non fa gola alla Lega e la Trenta sarebbe riuscita a fronteggiare il ‘fuoco amico’ interno al Movimento proprio grazie ai ripetuti attacchi che gli porta il leader del Carroccio, Danilo Toninelli, invece, sarebbe considerato - riportano fonti leghiste - un ministro “ormai decotto” anche dai 5Stelle.


Il problema è che nessuno avanzerebbe candidature sul Mit: si tratta, viene spiegato dalle stesse fonti, di un dicastero dall'enorme potenziale, ma di assai complessa conduzione. Il ‘timone’ del Mit a maggior ragione spaventa se il Cipe, cioè il Comitato interministeriale per la programmazione economica, dovesse rimanere nel limbo in cui è confinato, “tra l’immobilismo del ministro all’Economia Giovanni Tria e i timori di Conte” lamentano le fonti del Carroccio. In più, l’ennesima e forse insufficiente -riforma del codice degli appalti rischia di “dimostrarsi fallimentare senza una conduzione decisa della grande partita degli investimenti in infrastrutture pubbliche” dice sempre le fonti della Lega. L’attuale capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli, è comunque il candidato ideale, per Di Maio, a sostituire Toninelli, il quale sa, in cuor suo, di avere la sorte segnata. In ogni caso, in pochi giorni si saprà come finirà la vicenda.


di Ettore Maria Colombo

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