«Vergogna, assassini. Questa non è giustizia». Il grido di alcuni dei familiari delle 40 vittime del disastro stradale del 28 luglio 2013, in cui un autobus precipitò da un tratto sopraelevato dell'autostrada A16 poco dopo l'uscita di Avellino Est, è riecheggiato nell'aula del Tribunale di Avellino dove il giudice monocratico Luigi Buono ha letto la sentenza che assolve l'ad di Autostrade Giovanni Castellucci, per il quale la Procura aveva chiesto 10 anni di reclusione.
La sera di quell'estate del 2013 il mezzo, un bus Volvo, percorreva la A16 Napoli-Canosa diretto verso Pozzuoli con a bordo 49 persone. A causa di un guasto sottovalutato dall'autista, (Ciro Lametta, fratello del titolare dell'agenzia di viaggi che lo aveva noleggiato, anche lui deceduto nell'impatto) che, nonostante le ripetute segnalazioni dei presenti a bordo, secondo quanto riferito dai 9 superstiti, non si fermò per controllare il mezzo ma proseguì verso l'arrampicata in territorio di Monteforte Irpino, il bus perse il controllo a una velocità di circa 100km/h e dopo aver ripetutamente urtato la barriera del viadotto Acqualonga precipitò causando la morte di 40 persone. Dopo più di cinquanta udienze e e oltre quaranta testimonianze raccolte dal 2016, il giudice emetterà entro novanta giorni le motivazioni della sentenza a cui seguirà certamente il ricorso in Appello, sia da parte dei familiari delle vittime che della Procura, nella persona del pm Rosario Cantelmo. Oltre all'assoluzione dell'ad di Autostrade, vero motivo dell'indignazione degli astanti, sfociata addirittura in aperte minacce nei confronti del giudice, è stata confermata la richiesta del pm di dodici anni di carcere per Gennaro Lametta, fratello del guidatore del bus. Otto anni di reclusione anche per la funzionaria della Motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola, che falsificò i documenti di revisione del bus incriminato, d'accordo con Gennaro Lametta, oltre ad aver falsificato la firma del suo collega Vittorio Saulino, quest'ultimo assolto. Dimezzate invece le pene richieste per i dirigenti di Aspi: sei anni per Nicola Spadavecchia e Gianluca De Franceschi, cinque e sei mesi per Michele Renzi, Paolo Berti, Bruno Gerardi e Gianni Marrone. Oltre all'ad di Autostrade sono stati assolti altri cinque dirigenti.
Per i legali di Aspi è una «vittoria a metà» e si dicono fiduciosi di poter ottenere in Appello «l'assoluzione di chi è stato condannato ingiustamente». Nessun commento al momento dell'uscita dall'aula da parte del pm Rosario Cantelmo, mentre il clima è rimasto teso a lungo a causa delle rimostranze dei familiari delle vittime, che hanno accompagnato l'uscita del giudice con minacce e grida, oltre ad aver sarcasticamente applaudito i legali della difesa per questa "vittoria".
di Alessandro Leproux
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