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Balletta, dal teatro sulla robotica alla riscoperta dell’Enrico IV


L’attore Alessandro Balletta, in un’intervista a Spraynews, parla del successo di “Senso Artificiale”, ma anche dei suoi prossimi lavori come Enrico IV che lo vedrà sul palco insieme a Eros Pagni. Allo stesso tempo, però, si sofferma sulle difficoltà che oggi vive il teatro e su come le istituzioni possono agire a riguardo.


Continua a riscuotere tanto successo lo spettacolo Senso Artificiale. Come mai?


«E’ partito come una scommessa perché si parla dell’intelligenza artificiale. Non sapevamo inizialmente dove potesse portarci. Devo dire, però, che è andato molto bene, ha vinto dei premi. Alle persone interessa in generale l’argomento e in particolare trattato da un punto di vista propriamente teatrale. La formula ha avuto un buon successo, tenendo conto che il Covid ha fermato un po' di meccanismi e non è girato più di tanto».


Il tema della robotica, oggi più che mai, è attuale. Come affrontarlo?


«Un modo lo abbiamo dato proprio attraverso “Senso Artificiale”, cioè provando a indagare il rapporto che può esistere tra l’essere umano e la macchina. “Sa” parla di una macchina androgena che è Sofia, realizzata in qualche modo a immagine e somiglianza della vecchia fiamma del dottore che l’ha realizzata, tanto da inquietare il suo aiutante. Lo ritengo, pertanto, un modo interessante per avvicinare i giovani a parlare di un tema sempre più attuale, interrogandoci su quale direzione possa prendere la scienza».


Quali saranno i suoi prossimi lavori?


«C’è Enrico IV in cantiere con la regia di Luca De Fusco e con un grande Eros Pagni, che andrà per un mese in tournée tra Milano, Bologna, Udine, Trieste. Ci sarà un bel po' da fare e questo è molto stimolante».


Un personaggio come Enrico IV può essere ancora attuale?


«In generale i testi classici possono avere sempre un’attualità. Anzi ritengo sia doveroso da parte dei cosiddetti addetti ai lavori occuparsene periodicamente perché ogni generazione può raccontarli a suo modo, essendo influenzata da quanto le accade nel quotidiano. Tornare ai classici, pertanto, vuol dire avere la possibilità di rileggerli dai nostri stessi occhi. Enrico IV è quindi molto attuale».


Quale il regista con cui le piacerebbe lavorare in futuro?


«Sono soddisfatto di quelli che ho già incontrato perché ho avuto modo di collaborare con professionisti straordinari, come lo stesso De Fusco che mi onora del suo affetto oltre della sua stima da qualche anno. Se dovessi fare un nome per il futuro mi verrebbe in mente quello di Carlo Cecchi, ma ci sono tanti altri».


Fino a ora, invece, quale la collaborazione più importante?


«E’ difficile scegliere perché nella carriera di un giovane attore ogni cosa, in qualche modo, può essere importante. Da chiunque si può imparare. Il sodalizio con De Fusco mi ha portato a conoscere Eros Pagni, uno dei più grandi attori italiani e forse è la persona che mi ha insegnato di più in generale. E’ un punto di riferimento sia artistico che umano».


Esiste un modello a cui fai riferimento?


«Come attore posso dire quello che mi permette di avere un mio modo di interpretare il mestiere. Non è quello Stanislavskij perché ritengo che il personaggio sia da cercare profondamente nel testo. E’ lì che c’è, nelle battute, nei non detti e in quello che gli altri personaggi dicono di te. E’ un mio modo di lavorare. Non mi sono inventato niente di nuovo, considerando che tale metodo appartiene a tutta una grande generazione di attori europei, italiani in particolare, che si mettono a disposizione del testo e da quest’ultimo tratteggiano un personaggio».


Ha mai pensato di passare al grande schermo o nel mondo delle fiction?


«Mi affascina il passaggio all’audiovisivo. Per quanto mi riguarda, non ci sono state grosse occasioni. Diciamo che mi sono limitato a poche e sporadiche apparizioni. E’ un esperienza, però, che mi interessa. Il cinema e la televisione sono due grandi mezzi di comunicazione, un’arma importante nelle mani degli artisti, fermo restando il mio amore incondizionato per il teatro».


Quanto è cambiato con il Covid?



Di Edoardo Sirignano

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