A venti giorni dalle Europee Silvio Berlusconi, dal letto d’ospedale del San Raffaele, continua a fare la moglie tradita. Quella che con le amiche si lamenta: “con me non andava nemmeno a buttare l’immondizia e invece ora…”. Ora, si confida con Francesco Verderami del Corriere della Sera, il leader leghista è «messo continuamente sotto scacco dai grillini sulle principali materie. Non è stato in grado di orientare il governo alla realizzazione di qualche punto del programma di centrodestra…». Certo, dice Silvio, la moglie tradita, Matteo «è una formidabile macchina da comizi, ha un grande dinamismo». Un vero tombeur de femmes, pardon di voti. Ma tutta questa potenza per farne cosa? Per condividere – ragiona il leader di FI, le «decisioni sbagliate» della nuova e giovane amante, di quel Di Maio che non perde occasione per ricordargli, appunto, che se vuole continuare a godere delle sue grazie, e soprattutto delle grazie di palazzo Chigi, deve non solo buttare l’immondizia, ma lavare i piatti e passare l’aspirapolvere... Solo che Berlusconi come ogni moglie tradita sbaglia. O meglio sbaglia come ogni moglie tradita che pur di riavere dentro casa lo scapestrato, già pronto a fare il padrone e a mettere i piedi sul divano, è disposta a perdonare tutto e a buttare a mare la libertà che il tradimento del coniuge – se solo valutasse le cose con la giusta prospettiva - le ha offerto.
Dovrebbe, a venti giorni dal voto, dire a tutti che con Salvini ha chiuso. Con Salvini non con la Lega, con cui un rapporto più che ventennale sarebbe, in presenza di un altro leader, sempre possibile un domani. Dovrebbe spiegare ai forzisti in bilico che con i piedi in due staffe non si può stare e se qualcuno, per esempio, pensa che si stia meglio con l’altro si accomodi. Senza rancore ma si accomodi. E invece non lo fa. Alimentando egli stesso lo sfilacciamento di Forza Italia e quella narrazione tossica su cui la maggioranza pentastellata a ben vedere vive comodamente, quella cioè di un esecutivo in cui c’è chi rema da una parte e chi dall’altra. Quando invece sia Salvini che Di Maio remano nella stessa direzione: l’occupazione del potere. Per separarsi, certo, in un futuro che potrebbe anche essere prossimo, ma solo dopo aver fatto ciascuno nel suo ambito carne di porco delle opposizioni. Ma se Zingaretti ha capito l’antifona e ha smesso di fare l’occhiolino al Movimento, Forza Italia continua a rapportarsi alla Lega come se fosse la Lega di Maroni.
Il presidente di Forza Italia ce l’ha con il governo ma a metà. Spara cannonate che fanno solo boom. Quando si dirada il fumo tutto è come prima. E lo fa da un anno ormai, da quando con la sua (ovviamente mezza) benedizione è nato il governo Conte. Pensava, bontà sua, di tenere al guinzaglio Salvini. Il 4 marzo la Lega era uscita dal voto con il 17 per cento, oggi è quotata intorno al 35. Forza Italia è passata da un già striminzito 14 per cento ad essere pesata quasi sotto il 10. Qualcosa non ha funzionato. Prima e soprattutto dopo il 4 marzo. Ed è esattamente il volere vedere che c’era una parte della mela tutto sommato buona, quella leghista, ed una marcia, quella dei Cinque stelle (che lui, che pure li ha conosciuti, bolla – sbagliando – come «comunisti». Ma i comunisti sono, o erano, gente seria, Di Maio non avrebbe mai messo piede alle Frattocchie, neppure per fare l’usciere della mitica scuola del Pci).
Anche se il bulldozer è fuori da palazzo Grazioli con i motori accesi alla rottamazione Berlusconi dice di non credere. Scambia i desideri con la realtà. «Non esiste un'alternativa credibile al centro-destra che sia anche vincente». Forza Italia, dice ancora, «è l'unico presidio del pensiero, della cultura, della politica liberale e dei valori dell'Occidente in Italia. È l'ultimo baluardo della democrazia e della libertà». Ma Forza Italia vale meno di un terzo della Lega e i rapporti di forza in politica contano, eccome se contano. Il centrodestra che mai dovesse vedere la luce da una ipotetica quanto mai improbabile crisi del governo Conte sarebbe tutt’altra cosa rispetto a quel «presidio della libertà» di cui il Cavaliere parla. Sarebbe, nella migliore delle ipotesi, un centrodestra col grembiulino. Se onestamente riequilibrare i rapporti di forza nel centrodestra è un’impresa titanica e che in ogni caso richiederà tempo, Berlusconi almeno eviti di farsi divorare. Come? Intanto mettendo più metri possibile tra Forza Italia e la lega salvinizzata. E invece no. Anzi. Berlusconi si propone come sensale per l’ingresso della Lega nel Ppe. «II Partito popolare europeo – sostiene - deve lasciare l'alleanza con le sinistre e dar vita ad una nuova alleanza con i liberali, i conservatori, i partiti democratici di destra. Sono convinto che tanto Salvini quanto Viktor Orbán capiranno il valore di questa alleanza». Ora ammesso e non concesso che i popolari europei condividano questo percorso – e c’è da dubitarne – se Salvini si scoprisse democristiano, se convincesse la Merkel a dare disco verde alla Lega, è altamente probabile che dopo i ringraziamenti di rito a Berlusconi, Forza Italia non avrebbe più senso. In Italia prima ancora che in Europa.
di Giampiero Cazzato
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