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Berlusconi ufficializza la spaccatura nel centrodestra: alleanza a rischio sulla Rai



Sembra in procinto di naufragare del tutto, se già non è successo, quel traballante e ormai consunto progetto chiamato alleanza del centrodestra. Per qualcuno si tratta del famoso segreto di Pulcinella, era un fatto assodato che le cose non andassero affatto bene tra il cavaliere Silvio Berlusconi e il nuovo leader della coalizione, il lanciatissimo verde Matteo Salvini, che da quando è diventato blu, rivoluzionando un partito preso tra le macerie della sua implosione e meticolosamente ricostruito, tassello dopo tassello, discorso dopo discorso, fino a mangiarsi letteralmente lo storico alleato azzurro, sondaggi alla mano, in seguito alle elezioni del 4 marzo. Tra dichiarazioni infarcite di malcelato rancore, pacche sulle spalle solo apparentemente rassicuranti ma che delineavano una situazione che si è via via inasprita. Non può starci, e non ci sta, Berlusconi nel vedere sfumare i suoi progetti di rilancio di Forza Italia, con la base che ancora non diserta, ma lancia segnali di malcontento stretti tra i denti, con molti esponenti che guardano con favore e una punta di invidia al successo leghista, in grado di tradurre in voti il malcontento generale che ormai si annida nell'elettorato. Ma più di ogni altra cosa il fondatore del polo moderato che per vent'anni ha trainato il Paese e le sue politiche, non può sentirsi scavalcato in maniera così netta e unilaterale da quello che doveva essere il pupillo da lanciare in un governo amico e che è invece diventato un cavallo adulto e in grado di correre da solo, in un mondo in cui la riconoscenza passa in secondo, se non in terzo, piano.


È arrivato allora dalle recentissime nomine governative per i vertici Rai il pretesto a lungo cercato per battere i pugni sul tavolo. Poche ore prima, o forse minuti, dalla nomina di Fabrizio Salini e soprattutto di colui che sarà chiamato a guidare l'azienda di viale Mazzini, Marcello Foa, ancora nessuno tra le fila governative di ambiente leghista aveva alzato il telefono per comunicare a Berlusconi e all'alleato azzurro la decisione di spartirsi la torta tra le due ali di un governo che per ora vola, basso, ma vola. Soltanto Licia Ronzulli, nota assistente del Cav, avrebbe ricevuto una chiamata a cose ormai ultimate, in cui Salvini vendeva il nome di Foa, rassicurando tutti con un «abbiamo scelto Foa, vi piacerà, è stato per anni al Giornale». E invece non solo non è piaciuto per nulla, oltre a non essere piaciuta la modalità di comunicazione, a cose fatte, non propriamente un riserbo di galanteria nei confronti di un amico, ma è diventata il pretesto per alzare un muro che difficilmente diventerà valicabile o aggirabile. Una nomina che rischia di spazzare via un castello che, se non di sabbia, fatto di una qualche pietra porosa, apparentemente solida all'esterno ma calcarea, erodibile, come quei mostri che una volta scoperti non fanno più così paura. Ora le sorti del centrodestra sembrano in balia del destino e intanto un primissimo scoglio potrebbe essere proprio quello della nomina del nuovo ad Rai, con il veto di Forza Italia in commissione di vigilanza che difficilmente si tramuterà in un assenso e con la netta risposta del vicepremier leghista, pronto a far saltare il tavolo se l'alleato, ancora per poco e soltanto sulla carta, non si comporterà come tale.


Frizioni, contrasti, di questo vive la politica e nessuno se ne farà un cruccio. Ma quando le accuse cominciano a diventare tante e su diversi fronti, qualche riflessione sorgerà spontanea in casa Lega. Se prima erano i militanti grillini a lamentare un evidente traino del partito nato nel Nord-est per la visionaria idea di Umberto Bossi, con la questione migratoria che riempiva spazi di giornali e siti, lasciando le briciole alla compagnia di Di Maio, ora è la base leghista a lamentare un sopruso nelle logiche dell'equilibrio su cui è nato e si fonda questo esecutivo, a favore del Movimento di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Le recenti dichiarazioni del ministro dei Trasporti, il pentastellato Danilo Toninelli, sul tema della Tav e della sua possibile interruzione, sommate ai silenzi e ai rimandi sul caso Ilva, o alle critiche piovute da destra, sinistra, sotto e sopra, sul primo decreto varato dal ministro del Lavoro Di Maio, il chiacchieratissimo decreto Dignità, oltre ad aver inasprito i rapporti tra Salvini, i suoi e Forza Italia, con diversi forzisti che hanno puntato il dito sui silenzi assensi della Lega, stanno anche consumando i bonus di fiducia e reciproco appoggio all'interno della squadra governativa, con l'autunno, prossimo ad arrivare, che potrebbe in tal senso dare la stoccata decisiva con la legge di stabilità. Staremo a vedere. Quel che è certo è che, fugata quella patina di non belligeranza che ha caratterizzato questi primissimi passi della legislatura guidata dal premier "terzo" Giuseppe Conte, i nodi stanno finalmente venendo al pettine e solo un'entità superiore potrebbe pronosticare cosa aspettarci nel futuro. Molto più che prossimo.

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