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Bertinotti: “Presidente premier? Giorgetti, fuori dalla Costituzione, dimostra la crisi democrazia”


Bertinotti, un leader democristiano di grandissimo prestigio, come Ciriaco De Mita, ha detto che, a forza di usarla come clava per le beghe fra i partiti, la Presidenza della Repubblica, ovvero il massimo organo di garanzia costituzionale, rischia di veder di fatto sminuito il suo ruolo. Anche lei ha questa preoccupazione? E’ l’ennesima testimonianza della crisi che attraversa la nostra democrazia?


Francamente non mi pare sia questa la principale manifestazione del degrado della democrazia, che ha molte altre gatte da pelare, forse più grandi, la prima delle quali è una sua sostanziale sospensione. Uno dei giornalisti più importanti del Paese ha provocatoriamente aperto un suo articolo chiedendosi “e se smettessimo di votare?”. Si potrebbe aggiungere “e se sospendessimo l’attività del Parlamento?”, visto che oggi si stanno votando delle leggi importantissime in una sola aula parlamentare con, quindi, l’esclusione programmata della seconda e, addirittura, con la possibilità di discutere solo in commissione, perché in aula il dibattito sarà strangolato dal voto di fiducia. Siamo , dunque, con ogni evidenza, dentro una crisi profonda della democrazia rappresentativa, il cui elemento più drammatico è la partecipazione al voto del cinquanta per cento degli aventi diritto, come si è visto nelle recenti elezioni amministrative delle grandi città. Forse De Mita voleva indicare con il dito la luna e allora sarà bene capire che la luna è proprio la crisi della democrazia.


Il ministro leghista dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha auspicato un Draghi double face: un po’ Presidente della Repubblica e un po’ Presidente del Consiglio. E’ fantapolitica o il concreto tentativo di introdurre per vie traverse il presidenzialismo?


La traccia è sempre quella che abbiamo appena delineato. Si può ormai dire qualsiasi cosa, compresa questa di Giorgetti, clamorosamente fuori e contro i principi costituzionali, che escludono qualsiasi possibilità di simbiosi fra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica e, se uno volesse pensare a una Repubblica semipresidenziale, dovrebbe scegliere la via maestra e proporre una riforma costituzionale. Insomma, anche in questo caso, siamo dentro la crisi della democrazia.


Giochiamo insieme. Chi salirà al Quirinale? Draghi? Una donna? Berlusconi? Un outsider?


Lei ha detto spiritosamente “giochiamo”. Sono, invece, cose su cui non si può giocare. Bisognerebbe forse, ricominciare, partendo magari da chi ha detto autorevolmente che i poteri del Presidente della Repubblica sono come quelli di una fisarmonica. Bisognerebbe, forse, decidere in fretta quanto è larga questa fisarmonica e, dentro la fisarmonica, quali sono le qualità che uno si deve attendere dal Presidente della Repubblica. Se poi lei vuole una risposta più interna al sistema di crisi, che ho denunciato, io penso che tutto dipendere da che cosa il Sistema nel suo complesso chiederà a Draghi. Se dovrà continuare a garantire, come Presidente del Consiglio, il corso della ristrutturazione dell’economia, che nell’Europa e con l’Europa sta guidando, oppure, se questa viene considerata incerta, allora sarà, forse meglio, attribuirgli il ruolo di un Presidente garante, con un governo giocoforza più debole. Mi pare che alla fine lo spartiacque sarà la discussione sui modelli, anche se non verrà, purtroppo, dichiarato esplicitamente. Bisognerebbe, in ogni caso, astenersi da quello che lei chiama giustamente un gioco. Questo non vale, forse, per noi, che non abbiamo responsabilità politiche e possiamo indicare questo o quello come se fossimo al bar, luogo peraltro alto e, quindi rispettabile. Sarebbe opportuno che chi ha responsabilità politiche aspettasse, invece, il momento opportuno per affrontare un problema così grande. Nei luoghi della politica e non al bar.


di Antonello Sette

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