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Bonelli: “Virus all’infinito, per colpa delle foreste distrutte e del clima torrido”


La professoressa Sarah Gilbert, che ha scoperto il vaccino AstraZeneca, ha detto che “questa non sarà l’ultima volta che un virus minaccia le nostre vite” e che la prossima pandemia “potrebbe essere più contagiosa e più letale”. Secondo lei c’è un nesso con la crescente aggressività dell’uomo sull’ambiente e sulla natura?


Assolutamente sì. La genesi di tutti i salti di specie fra l’animale e l’uomo, ovvero di quelli che gli inglesi chiamano spillover, che hanno provocato, provocano e provocheranno le pandemie, è dimostrato vada ricercata nello squilibrio fra l’uomo e l’ambiente e nei processi di deforestazione. Per farle un esempio, il virus del Nippah, che ha provocato l’encefalite grave nel Sudest asiatico, ha avuto, come genesi, i grandi e gravissimi processi di deforestazione, che hanno devastato quella parte del mondo, con la conseguenza che i cosiddetti topi volanti, non trovando più il loro habitat naturale, si sono sempre più spostati verso i villaggi rurali e, cadendo per terra, sono entrati in contatto con gli animali, in particolare con i maiali, che sono stati contaminati e hanno, a loro volta, contaminato i contadini. E’ scientificamente provato che altri svariati casi di deforestazione abbiano avuto un ruolo determinante nella contaminazione degli animali e, a cascata, degli uomini.


Anche le variazioni climatiche sono un moltiplicatore dei virus?


Le temperature torride, originate dai cambiamento climatico globale, hanno favorito e favoriscono la possibilità che molti insetti possano, in questo processo di globalizzazione, trasmigrare. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha calcolato che ogni anni dieci milioni di persone perdono la vita a causa di malattie infettive. Una tragedia, che per il novantadue per cento colpisce i Paesi più poveri del pianeta. Un novanta due per cento di contagiati, che non possono, nel quarantasette per cento dei casi, contare sui vaccini.


Che cosa si dovrebbe fare per sanificare la terra e abbassare i rischi di nuovi virus e di nuove malattie?


Bisognerebbe fare esattamente il contrario di quello che si sta facendo. A partire da quello che si è deciso a Glasgow sui cambiamenti climatici. Molti mezzi di informazione hanno, con molta superficialità, valutato come positiva una risoluzione che positiva non è. Mi riferisco alla scelta di fermare, senza alcun accordo vincolante, la deforestazione entro il 2030. Non hanno, a parte la mancanza di un vincolo, calcolato in alcun modo alcune situazioni drammatiche, che non possono aspettare. In Amazzonia la deforestazione sta viaggiando al ritmo di tredicimila chilometri quadrati all’anno. Uno studio recente dell’Istituto Evandro Chagas ha identificato circa duecento tipi di virus in Amazzonia, trentasette dei quali possono causare malattie negli esseri umani e quindici potenzialmente scatenare un’epidemia. E’ evidente che, se il processo di deforestazione in Amazzoni continua ai ritmi attuali, il muro naturale di protezione, che era rappresentato dalla foresta e dall’equilibrio ambientale, viene meno, le probabilità del contagio si moltiplichino inesorabilmente. Non è un caso, quindi, che i cosiddetti spillover, o salti di specie, vengano proprio dai luoghi, dove esiste uno spread ambientale drammaticamente elevatissimo.


di Antonello Sette


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