«Bisogna andare avanti con le grandi opere a cominciare dalla Tav. Il ministro Conte convinca i vicepremier o lasci». «Gli industriali sono stati zitti per anni, ora lasciateci lavorare». È un botta e risposta duro tra il presidente di Confindustria, Boccia e Salvini. I due non si sono mai amati, anche se il bacino confindustriale fa parte dei grandi elettori del centrodestra. Che ci sia dello scontento per la manovra del governo, di cui gli imprenditori non apprezzano le risorse dirottate dal mondo produttivo a vantaggio dell’assistenza (leggesi reddito di cittadinanza) è evidente, come c’è preoccupazione per l’impatto che avrebbe sull’economia il blocco dei cantieri delle infrastrutture, a partire dalla Tav. Ma nel braccio di ferro tra Confindustria e governo gioca molto la ricerca di visibilità del presidente Boccia, in calo di consensi all’interno dell’associazione imprenditoriale, perché è riuscito ad imporre ben poco delle istanze industriali nella manovra è soffre di una progressiva emarginazione nei tavoli delle decisioni a Palazzo Chigi. Peraltro è dal governo Renzi che i cosiddetti corpi intermedi, le associazioni datoriali e sindacali, hanno progressivamente perso peso nel rapporto con il governo. I tempi in cui la manovra passava alla bollinatura di Confindustria come di Cgil, Cisl e UIL, prima di approdare a Palazzo Chigi, appartengono ormai al passato.
L’immagine e il ruolo di Confindustria si è appannato e il malessere degli industriali è palpabile.
Non è difficile immaginare, ma è quello che suggeriscono anche i rumors a viale dell’Astronomia, che Boccia voglia cogliere questa occasione per rilanciare il protagonismo dell’associazione e uscire dall’angolo. Di qui il manifesto sottoscritto da dodici associazioni d’impresa e inviato al governo per chiedere il rilancio degli investimenti infrastrutturali e soprattutto la realizzazione dell'Alta velocità Torino-Lione: «Sarebbe inconcepibile, scrivono, fermare i cantieri delle Grandi Opere. Bloccare l'opera costerebbe più che realizzarla. La Tav è un'opportunità di crescita per l'Italia". A guidare i "ribelli" è Vincenzo Boccia, che dal palco delle Ogr, le ex Grandi Officine Riparazioni di Torino, dove si riparavano i treni dalla metà dell'800, ha lanciato un messaggio al premier Giuseppe Conte affinché si dimetta se non convincerà Luigi Di Maio e Matteo Salvini a fare un passo indietro sulla manovra "rinunciando a due miliardi ciascuno».
A stretto giro si è fatto sentire Salvini che durante le celebrazioni di Santa Barbara, patrona dei Vigili del fuoco, alla Basilica di San Giovanni a Roma, ha incalzato il Presidente di Confindustria. «C'è qualcuno che è stato zitto per anni quando gli italiani, gli imprenditori e gli artigiani venivano massacrati. Siamo qui da sei mesi, ascolterò tutti e incontrerò tutti ma ci lasciassero lavorare e l'Italia sarà molto migliore di come l'abbiamo trovata». Sulla Tav precisa: «Io sono per l’Italia del Sí». Poi è tornato sulla questione del livello del deficit iscritto nella manovra. Sull’ipotesi di abbassare il rapporto deficit/Pil al 2 per cento prospettato anche dal Commissario agli affari economici Pierre Moscovici, Salvini precisa che «Si tratta di numeri su cui si esercitano giornalisti e commissari Ue. Noi badiamo alla sostanza e a trovare le risorse. Sarà una manovra seria, non dipende dallo zero virgola ma dai contenuti. Sono previsti investimenti che non ci sono mai stati».
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