Già è inusuale sentire un politico che ti parla del pensatore napoletano Gaetano Filangeri, che se lo chiedi ai deputati che sciamano ogni giorno lungo il Transatlantico di Montecitorio puoi scommetterci che in pochi lo conoscono. Ma ancora più raro è che il presidente di un partito ti dica che «noi crediamo che i cittadini italiani abbiano il diritto inviolabile di ricercare la propria felicità». Il partito si chiama – e già il nome ha una sua eccentricità – “Dieci volte meglio” e il suo leader è Enrico Maria Bozza, un gagliardo avvocato di origini sannite esperto di scienze criminali. Promotore, nel 2014, della proposta di un Referendum nazionale per la Libera difesa per chiedere l’abrogazione dell’art. 55 del Codice Penale al fine di legittimare, sempre, la difesa del cittadino, Bozza da pochi mesi ha preso in mano il movimento. “Dieci volte meglio” infatti si era già presentato alle scorse politiche ma con risultati non propriamente brillanti: appena lo 0,11 per cento. Quei partiti prefisso telefonico che affollano più le schede elettorali che i territori. Ma Bozza ha un’altra strategia. Per questo diventato presidente nazionale ha deciso che il suo partito non avrebbe corso alle europee.
Di solito il motto è “l’importante è partecipare”. Come mai avete deciso di saltare la sfida delle urne?
«L’abbiamo rimandata. Bisogna essere consapevoli delle proprie risorse e dei propri limiti. Partecipare alle europee, come pure era stato deciso dalla scorsa presidenza, non avrebbe avuto senso, tanto più alla luce del modestissimo risultato elettorale, determinato anche dal fatto che eravamo presenti solo in 10 regioni. Al di là della raccolta delle firme si trattava di un impegno importante. Un lavoro enorme. Abbiamo preferito percorrere un’altra strada e strutturare il movimento, concentrarci sui contenuti. Nei prossimi giorni presenteremo ufficialmente il nuovo partito e posso dire con orgoglio che abbiamo già un embrione di radicamento sul territorio nazionale».
Glielo avranno chiesto centinaia di volte, ma come mai questo nome?
«È un nome in cui già è manifesta la nostra missione, quella cioè di migliorare di dieci volte l’attuale situazione del paese, puntando sulla competenza e sull’innovazione. Per dire, saremo il primo partito al mondo regolato dalla blockchain. Vede per troppo tempo ci hanno detto che il cambiamento è impossibile. E invece no. Nasce da qui, da questo moto di ribellione allo scempio che è sotto i nostri occhi, la decisione di metterci in gioco . Il nostro è un progetto reale, che parte dalle idee, dai cittadini, dalla tecnologia. Vogliamo un Paese in cui si può sognare, investire e fare impresa, studiare e fare ricerca. In cui si può lavorare e soprattutto essere felici».
Avete a modello il presidente americano Benjamin Franklin e la Dichiarazione d’indipendenza di quel paese che afferma che “tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità”?
«Per essere precisi ad ispirare il presidente americano fu proprio Gaetano Filangeri, uno dei primi pensatori a riflettere su questo tema. La Dichiarazione d’indipendenza ha insomma un padre napoletano. La felicità per noi non è una semplice enunciazione, rappresenta, al contrario, l’elemento centrale della nostra azione politica e dei nostri valori. E d’altronde a leggerla bene anche la nostra Costituzione fa un chiaro riferimento alla felicità. L’articolo 3 della Carta recita che compito della Repubblica è “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”».
Bozza, lei parla di competenza, di nuove tecnologie, di ricerca della felicità. Eppure il paese è oggi governato dall’incompetenza nelle sue massime espressioni. E gli italiani sono sempre più insicuri del futuro e sempre più tristi.
«È proprio per questo che è nato “Dieci volte meglio”. Per aiutare il paese a invertire la rotta. Questo governo è all’insegna della superficialità. Temo che negli anni a venire, se non cambia qualcosa, raccoglieremo i frutti di questa incompetenza ed immaturità di chi ci governa. E saranno frutti amari. Pensi che qui da noi si fanno previsioni sulla crescita a tre anni che dopo pochi mesi si rivelano pure sballate. La Cina fa precisioni di crescita a 60 anni. Si rende conto? Quello che amareggia e che le potenzialità di questo paese, e sono tante, vengano buttate alle ortiche».
Nel vostro piccolo cominciate a ottenere dei successi. Tre parlamentari che erano stati eletti con il Movimento Cinque stelle il 18 aprile scorso hanno dato vita all’interno del gruppo Misto alla componente “Sogno Italia - 10 volte meglio”.
«Sì, si tratta di Silvia Benedetti, Salvatore Caiata e Catello Vitiello: per ora sono in tre, ma scusi il gioco di parole, potrebbe presto essere almeno 10 volte di più».
Dica la verità sta aspettando le europee e il possibile sfaldamento del Movimento Cinque stelle per raccogliere sotto la sua sigla i grillini in libera uscita?
«Guardi non credo che il M5S tracollerà alle europee. Manterranno una loro consistenza elettorale, anche se ridimensionata rispetto ad un anno fa. Quello che è certo è che hanno perso la loro capacità attrattiva. La fascinazione è finita. Il paese si sta svegliando e dopo le europee comunicherà sicuramente un processo di fuoriuscita dal movimento Cinque stelle. Bisognerà capire di che entità, ma che perderanno pezzi è altamente probabile. Ma problemi prima o poi sorgeranno anche per la Lega che grida, grida ma poi conclude poco o nulla. Esemplare la vicenda dei rimpatri. Fiumi di parole per risultati a dir poco modesti. Quel che le posso dire con certezza è che sono in molti quelli che guardano con interesse al nostro partito. Non le dirò mai chi, ma ci hanno contattato più di una ventina di deputati».
Bozza la vostra collocazione naturale dov’è? Destra o sinistra?
«Diciamo che siamo collocati nel centrodestra, ma non siamo catalogabili con i vecchi schemi. Essendo il nostro un partito di professionisti, di persone che vogliono fare, non diciamo sì o no a prescindere. Proprio perché nel nostro modo di lavorare al primo posto mettiamo le persone e le loro competenze le nostre soluzioni possono trovare consensi in ogni schieramento. Le persone devono sapere che per governare bisogna prima saper lavorare e per lavorare occorre avere la competenza. La ricerca tecnologica può essere chiusa nel recinto destra/sinistra? Io dico di no. E dico che sono l’innovazione e la ricerca che oggi possono dare soluzioni ai tanti problemi della società contemporanea».
Lei dice di fare largo ai professionisti. Ma la democrazia è altra cosa dalla tecnocrazia. Come la mettiamo?
«Le faccio un esempio. Lei si farebbe mai operare da un pasticciere o comprerebbe pastarelle da uno che il giorno prima faceva il medico? Penso di no. Per quale motivo, allora, le grande scelte politiche, quelle che incidono sulla vita di milioni di persone, possono essere prese da persone che non hanno titoli e competenze specifiche da vantare rispetto a quelle scelte? Non si tratta di escludere dai processi politici chi è privo di un titolo di studio, ci mancherebbe!. Dico, solo per fare un esempio, che al ministero dell’Istruzione non puoi mettere uno o una che non ha la laurea. Se sei ignorante non puoi fare il ministro. Ignorante non è un insulto o una parolaccia è una constatazione».
Una delle emergenze italiane è il lavoro. Da questo punto di vista cosà proponete?
«Noi pensiamo che in Italia, con le politiche giuste, si potrebbero creare circa tre milioni di posti di lavoro. Come? 300 mila persone potrebbero trovare una occupazione grazie alle politiche ambientali ed energetiche, circa 750mila sviluppando le tecnologie emergenti, circa 1,5 milioni valorizzando le risorse del turismo ed, infine, 450mila ridando slancio ai settori tradizionali. Tre milioni, come vede, non è una cifra a casaccio. Si può fare. Si deve fare».
Pochi giorni fa un consigliere del Cda Rai, Giampaolo Rossi ha detto che l’antifascismo è una caricatura e che quindi oggi non ha più senso. Non crede che in Italia tra le tante emergenze vi sia anche una emergenza democratica?
«Questa è l’ennesima dimostrazione della pochezza di cui le parlavo prima. Ci sono persone che si alzano la mattina e pensano di poter riscrivere la storia. Invece la storia va lasciata dove sta; studiata e approfondita, certo, ma non usata per polemiche politiche dal respiro corto. I fasci italiani di combattimento nascevano 100 anni fa. Liberarsi dalla dittatura è costato sacrifici immani e una guerra terribile. Ma le pare possibile che il paese, che dovrebbe proiettarsi nel futuro, si debba incartare ancora su queste discussioni?».
Un’ultima domanda. Torna d’attualità il tema della corruzione, in verità anche questo brandito come un’arma contundente. Che ne pensa?
«La corruzione è una sciagura nazionale. Però attenti, la corruzione non è solo la tangente data al politico di turno. La corruzione è il posto di lavoro che va al raccomandato piuttosto che alla persona preparata, è il nepotismo, il “tengo famiglia”. E’ non fare bene il proprio lavoro, è il menefreghismo. Di fronte a tutto questo non si poteva e non si può restare in silenzio. Ecco perché è nato “Dieci volte meglio”, per dare un futuro migliore al paese».
di Giampiero Cazzato
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