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Brexit al voto l’11 dicembre, per May le forche caudine di Westminster



Al via libera della Brexit ora manca il passaggio dell’accordo raggiunto con la UE, sotto le forche caudine di Westminster. La premier britannica Theresa May ha indicato la data dell'11 dicembre per il voto del Parlamento. Ma il dibattito comincerà il 4 dicembre e durerà una settimana. La premier Theresa May ha messo in chiaro che «non esiste un accordo migliore» avvertendo che in caso di bocciatura della ratifica del Parlamento si «tornerebbe alla casella numero uno». Cioè sarebbe un’uscita comunque ma senza accordo. Insomma è una strada obbligata e la May ha cercato di addolcire la pillola dicendo che l’intesa con la UE consentirà al Regno Unito di mantenere una solida «cooperazione economica e di sicurezza» con i 27 e al contempo d'avviarsi verso «un futuro più luminoso fuori dell'Ue».


Ma il leader laburista Jeremy Corbyn ha già sparato a palle incatenate e ha chiesto ai Comuni di respingere l’accordo, perché si tratta di «un atto di autolesionismo nazionale», che «non restituirà il controllo» al Regno Unito, «renderà il Paese meno prospero». Corbyn sfida May a «preparare un piano B», dicendo che un'alternativa "sensata" è possibile, con la permanenza nell'unione doganale e «un forte rapporto con il mercato unico». Il Labour quindi voterà contro. Il cammino della ratifica a Westminster si preannuncia in salita. Anche gli unionisti nordirlandesi, alleati del governo conservatore di Theresa May, hanno ribadito il loro No all'accordo e così pure alcuni Tory dell'ala dei falchi “brexiteers”. Gli attacchi arrivano anche dal fronte filo-europeo, con la first minister indipendentista della Scozia, Nicola Sturgeon, che sostiene che "quasi nulla è vero" di ciò che May "ha scritto nella lettera disperata" alla nazione.


Di "accordo raffazzonato" parla poi alla Bbc l'ex premier laburista Tony Blair, che esprime "rispetto" per gli sforzi della May, «Una persona ragionevole circondata da molte irragionevoli», ma invita Westminster a non ratificarlo. «La Brexit renderà il Galles meno prospero», protesta a sua volta il capo del governo locale gallese, Carwyn Jones.

Il voto favorevole non sarà facile. L’accordo con la UE deve ottenere il consenso della Camera dei comuni, la camera bassa del Parlamento britannico. La maggioranza governativa può già contare su numeri risicati, con uno scarto di soli cinque parlamentari rispetto all’opposizione. May spera May in qualche appoggio esterno, anche a sinistra, ma è un auspicio che poggia su basi fragili. La deputata conservatrice Sarah Wollaston ha dichiarato all’emittente statunitense Cnbc che non è «neppure remotamente possibile» che l’accordo superi indenne il voto della Camera bassa. Se l’accordo non passa si aprono tre scenari: May tenta altre negoziati o si dimette; si va a un secondo referendum; oppure una Brexit no-deal, cioè l’addio alla UE ma senza la copertura di un accordo diplomatico. In tutte e tre i casi sarebbe un disastro.

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